ETRURIA CHE GODURIA – LA BANCA NEI BOSCHI HA PRESTATO SOLDI A TUTTI: SCEICCHI, COSTRUTTORI DEL NORD-EST, IMPRESE SICILIANE E PORTI IN MOLISE – OGGI È COMMISSARIATA E SOFFOCA TRA I CREDITI INCAGLIATI

Anche la Popolare dell’Etruria ha la sua Antonveneta: nel 2006 ha comprato per 113 milioni la banca fiorentina Del Vecchio, che ne valeva una cinquantina e oggi viene informalmente offerta a 25 milioni…

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Maurizio Bologni per “la Repubblica

 

Il credito senza confini di Banca Etruria spaziava dall’automobilismo alla nautica, da nord a sud. Raccontano che in un porto italiano siano ormeggiati tre yacht che la Banca di Arezzo, commissariata dal Tesoro, avrebbe pignorato ad uno sceicco arabo, affidato e insolvente. E poi c’è il vasto e vario carnet di società che la Banca dell’oro ha in pegno, a garanzia di crediti anche onorati ma prova di come Etruria non guardasse troppo ai limiti territoriali pur di muoversi alla grande.

 

banca etruria banca etruria

Ed ecco che oggi la Popolare detiene in pegno il 100% delle azioni della Omp di Genova, che produce accessori per motorsport e karting e si fregia di aver servito piloti tipo Senna e Schumacher. E poi della Smm di Lugo di Ravenna, che ha costruito il porto turistico Marina Sveva sul lido di Montenero di Bisaccia.

 

Ma anche un terzo delle azioni della società licenziataria per l’Europa dei californiani pantaloncini Sundek, di Ylda che controlla il brand Sebach dei bagni chimici griffati da Oliviero Toscani. Pacchetti azionari di società immobiliari, delle energie, di parecchi generi. E questo è, almeno in parte, «credito buono». Ma poi ci sono sofferenze e incagli. Da Palermo a Benevento, da Bergamo a Milano.

 

Quello del prestito facile, bislacco, «extra territoriale», è il punto nevralgico per Banca Etruria. Un’insidia, oggi, per Lorenzo Rosi, che a maggio di un anno fa ha iniziato il mandato da presidente della Banca, dopo essere stato vice (dal 22 febbraio 2013) e prima membro del cda (dal 27 aprile 2008). Prima e dopo Rosi ha seduto in consigli di amministrazione di molte aziende, in particolare delle costruzioni, che hanno avuto affidamenti la banca.

LORENZO ROSI 2 LORENZO ROSI 2

 

E’ stato, fino al 25 luglio dell’anno scorso, presidente della Castelnuovese, una delle più note coop di costruzioni della Toscana aderente alla Lega, amministratore di società partecipate impegnate nella realizzazione di centri commerciali, come Pescara Outlet detenuta al 50% con Unieco e liquidata a fine anno. Castlenuovese, fino poco tempo fa depositaria per 10 milioni di euro, per le ultime imprese avrebbe cominciato ad attingere prestiti.

 

E gli affidamenti di Banca Etruria alla galassia di sigle delle costruzioni sarebbero saliti fino a 25 milioni di euro negli ultimi tre anni. L’ex presidente di Banca Etruria Rosi si nega al telefono. L’attuale presidente dalla Castelnuovese, Alessio Ferrabuoi, non parla.

C’è, infine, la lista degli affari sballati. I detrattori inseriscono nell’elenco l’acquisto nel 2006 di Banca del Vecchio, una manciata di sportelli a Firenze.

 

Un affare, dicono, che sta a Banca Etruria come Banca Antonveneta sta a Mps. Del Vecchio doveva essere il forziere capace di portare in dote ad Etruria i ricchi patrimoni di antiche famiglie fiorentine. Che però, quando arrivarono gli aretini, erano già salpati per altri lidi. Nelle settimane precedenti l’operazione, un advisor aveva valutato la banca 50 milioni.

LORENZO ROSI LORENZO ROSI

 

Ma il vecchio padre padrone dell’Etruria, l’allora presidente Elio Faralli, potente massone del Grand’Oriente nella città di Licio Gelli, decise che bisognava stracciare i concorrenti. Un giorno si rinchiuse da solo in una stanza con il presidente della Del Vecchio. Ne uscì col contratto e la banca fiorentina acquistata per 113 milioni, mentre è oggi è iscritta a bilancio a 77 milioni e c’è chi gira ad offrirla in vendita per 25.

 

PIER LUIGI BOSCHI PIER LUIGI BOSCHI

Un tipo speciale, Faralli, per trent’anni presidente della Banca. Nel 1999 lo convinsero a rinunciare alla presidenza con una buonuscita da 1,3 milioni e un assegno annuale da 120.000 euro perché non facesse concorrenza alla sua ex Banca. Ad 87 anni di età era ancora considerato un potenziale concorrente e l’insidia valeva la spesa. E poi, coi «suoi», Banca Etruria non è mai stata avara.

 

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