FCA NELLE MANI DI MANLEY – ECCO PERCHE' SI E’ DECISO DI PUNTARE SUL MANAGER INGLESE CHE HA FATTO GRANDE IL MARCHIO JEEP: E’ IL PRIMO STRANIERO AL VERTICE DEL LINGOTTO – IL POSSIBILE SPOSTAMENTO VERSO GLI USA (TEMUTO DAI SINDACATI) E L’IPOTESI DELLA FUSIONE CON HYUNDAI. TUTTI GLI SCENARI

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Bianca Carretto per il Corriere della Sera

 

Michael Manley, il nuovo amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles, non ha nulla di somigliante con Sergio Marchionne. Inglese, longilineo, senza apparenti slanci emotivi (come dimenticare gli abbracci forti di Sergio), abituato a vivere più in America che in Europa, soprattutto non in Italia. Si è occupato dei mercati asiatici ed è ceo di Jeep, il marchio più remunerativo del gruppo. Forse questa è stata la ragione principale della sua scelta, da parte di un board che si trova di fronte ad una svolta epocale dopo l' uscita di Marchionne.

 

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Fca potrà decollare sempre più verso gli Stati Uniti dove il brand Jeep viene maggiormente prodotto. Il possibile spostamento dall' altra parte dell' Atlantico - già temuto dai sindacati della Fim- Cisl che chiedono in una nota a Manley continuità industriale, accelerazione degli investimenti e sicura occupazione per le fabbriche italiane - potrebbe anche essere una conseguenza legata alla politica di Trump che condiziona ormai tutte le case costruttrici europee e non solo. La minaccia del presidente americano di imporre dei diritti doganali del 25% sulle vetture importate condiziona qualsiasi scelta.

 

L' industria dell' automobile ha sempre costituito un simbolo politico molto forte negli Stati Uniti, le vetture prodotte in Europa e in Asia contano , nella realtà, meno di un quarto del mercato. La metà dei veicoli venduti negli Usa sono costruiti in loco ( oltre il 55%), più un altro 25% in Canada e in Messico. In questi ultimi anni le case straniere hanno stanziato miliardi di dollari in Usa per attivare nuovi stabilimenti, sviluppando il loro business. Nel solo primo trimestre del 2018 queste ultime, hanno superato i veicoli costruiti negli Stati Uniti dalle tre «big» di Detroit, Gm, Ford e Fca.

 

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Questo panorama, dopo l' uscita di Marchionne, non accelera quel processo di convergenze verso altre industrie del settore. Marchionne non ha mai voluto vendere ma ha sempre sostenuto che «é necessario pulire il titolo di Fca dai suoi componenti non strettamente automobilistici per creare più valore per gli azionisti». Manley, oltre ad affrontare lo sviluppo della vettura elettrica e autonoma che necessita di forti investimenti, dovrà scegliere un partner per avere il sostegno necessario, indispensabile, in questo incerto settore, in costante mutazione.

 

Il piano industriale presentato da Marchionne il 1 giugno era indubbiamente un segnale mandato ad un possibile alleato. Giovedì scorso Fca ha avviato lo scorporo di Magneti Marelli che sarà registrata sia alla Borsa di Amsterdam che a quella di Milano, secondo un documento che Reuters ha potuto consultare, seguendo la procedura analoga a quella messa in atto per Cnh Industrial e Ferrari. Secondo gli analisti, Magneti Marelli, può valere tra i 3,6 e i 5 miliardi di euro. I mercati finanziari si aspettavano da Marchionne un altro dei suoi colpi di teatro, la scoperta di una collaborazione concreta. Manley, che conosce l' Asia, potrebbe approcciare Hyundai che più volte è stata ritenuta adatta per una cooperazione industriale.

 

Un' ipotesi intrigante anche se il marchio Jeep, iconico per gli americani, non potrà mai essere traghettato al di fuori del territorio a stelle e strisce. Si parla anche molto di una divisione ad hoc per i marchi Alfa Romeo e Maserati, il famoso polo del lusso che necessita di investimenti elevati per decollare un' immagine ancora troppa flebile. Interessati potrebbero essere gli americani di Ford che hanno in cantiere già sia l' auto senza guida che quella elettrificata.

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Manley non ha un compito di rapida soluzione, considerando che dovrà prima capire il mondo Fca, nella sua complessità.

 

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