IL GOLPE DEI DERIVATI - L'ITALIA PAGÃ’ 2,5 MILIARDI A MORGAN STANLEY DOPO IL DECLASSAMENTO DI S&P. CHE TRA GLI AZIONISTI HA MORGAN STANLEY. GUIDATA DA DOMENICO SINISCALCO, EX MINISTRO E DIRETTORE GENERALE DEL TESORO!

La procura di Trani svela il trucco dei derivati: "I report dell'agenzia furono peggiorati per danneggiare l'Italia e far incassare la banca (azionista)". E rimuovere Berlusconi - Cannata: "Non potevamo non pagare, sarebbe stato un danno alla reputazione"... -

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1. ITALIA PAGÒ 2,5MLD DECLASSAMENTO,«GRAVE INDIZIO SU S&P»

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 (ANSA) - C'è un nuovo «forte elemento indiziario» contro Standard & Poor's nel processo per manipolazione del mercato in corso a Trani. È - secondo la procura - il pagamento di 2,5 miliardi di euro disposto «senza battere ciglio» dal Ministero dell'Economia italiano a Morgan Stanley dopo il declassamento del rating italiano (da A a BBB+) deciso «illegittimamente e dolosamente» da S&P nel 2011 «al solo fine di danneggiare l'Italia». Il pagamento era previsto da una clausola del contratto di finanziamento tra il Mef e la banca d'affari americana.

 

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Cosa c'è di strano? Apparentemente nulla, se non un particolare che la Consob ha comunicato alla procura di Trani: Morgan Stanley è tra gli azionisti di Mc Graw Hill, il colosso che controlla Standard & Poor's. Per la società di rating, però, «queste recenti accuse, come quelle precedenti fatte dal pubblico ministero, sono senza fondamento, e ci aspettiamo che vengano respinte dalla corte».

 

I nuovi particolari emergono dalle indagini integrative svolte dal pm Michele Ruggiero dopo la conclusione dell'inchiesta che ha portato al rinvio a giudizio di S&P e di cinque tra manager e analisti dell'agenzia internazionale di rating: l'ex presidente mondiale Deven Sharma, il responsabile per l'Europa Yann Le Pallec, e i tre analisti senior del debito sovrano che firmarono i report sull'Italia, Eileen Zhang, Franklin Crawford Gill e Moritz Kraemer.

SILVIO BERLUSCONI MARIO MONTI SILVIO BERLUSCONI MARIO MONTI

 

Gli atti sono stati depositati al Tribunale dinanzi al quale il 5 marzo riprenderà con le eccezioni preliminari il processo a S&P al quale hanno chiesto di costituirsi parte civile le associazioni dei consumatori e partecipano come persone offese Bankitalia e Consob. Assente invece il Mef. Å

 

berlusconi monti berlusconi monti

«Adesso capiamo - ironizza Renato Brunetta (Fi) su Twitter - perchè Palazzo Chigi e Ministero dell'Economia non si sono costituiti parte civile». La tesi degli inquirenti tranesi che trapela dai nuovi atti è che, di fatto, qualcuno con il downgrade del debito italiano ha guadagnato 2,5 miliardi di euro. Dalle carte emerge che, a partire dagli anni Novanta, ci furono contratti di finanziamento tra il Mef e banche d'affari statunitensi nei quali c'erano clausole bilaterali nelle quali si diceva che in qualsiasi momento i contratti potevano essere chiusi e sarebbe stato liquidato l'attivo alla parte cui spettava.

IL PM DI TRANI MICHELE RUGGIERO IL PM DI TRANI MICHELE RUGGIERO

 

Con Morgan Stanley, invece, la clausola era unilaterale. Poteva essere esercitata - secondo l'accusa - solo dalla banca al verificarsi di due condizioni: il declassamento dell'Italia e se vi fosse stata un'esposizione elevata verso il nostro Paese (se la banca cioè avesse avuto in portafoglio molti titoli italiani).

 

Di fatto - ragionano gli inquirenti - appena viene declassata l'Italia nel settembre 2011, Morgan Stanley recede dal contratto e chiede al Mef la liquidazione dell'attivo in suo favore per circa tre miliardi di euro, ottenendone 500mila in meno. Il Mef, pur sapendo che c'era un procedimento penale in corso a Trani che dubitava della legittimità della condotta delle agenzie di rating, paga «senza battere ciglio».

IL PM DI TRANI MICHELE RUGGIERO IL PM DI TRANI MICHELE RUGGIERO

 

Per il pm Ruggiero, il fatto che S&P è legata a livello azionario a Morgan Stanley, che la banca ci ha guadagnato 2,5 miliardi e che il Mef, pur potendo tergiversare nel pagamento non lo ha fatto, sono elementi che rafforzano la tesi del «dolo puro manipolativo» contestato alla società di rating. Agli atti - a quanto si apprende - c'è anche un particolare: quando il Mef liquidò nel 2011 i 2,5 miliardi a Morgan Stanley, ai vertici della banca Usa c'era Domenico Siniscalco, prima ex direttore generale del Tesoro e poi ministro dell'Economia italiano.

 

 

2. IL GOLPE ANTI BERLUSCONI: UNA TRUFFA DA 2,5 MILIARDI

Stefano Zurlo per “il Giornale

 

sca07 lucia annunziata domenico siniscalco sca07 lucia annunziata domenico siniscalco

Il danno e la beffa. Prima il downgrade che terremotò la politica italiana e scatenò lo spread, facendolo schizzare a livelli vertiginosi. Poi in un silenzio assordante un salasso da 2,5 miliardi di euro: l'Italia aveva firmato una clausola capestro con Morgan Stanley che prevedeva appunto una penale più dolorosa di una frustata in caso di declassamento. Dal pozzo senza fondo del processo di Trani ai signori del rating emergono altre verità sconcertanti. Non si sapeva che il nostro Paese si fosse impiccato da solo a un contratto finanziario così squilibrato con la banca d'affari statunitense.

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Ma ancor più incredibile è un'altra circostanza, contenuta nelle carte aggiuntive depositate in aula dal pm Michele Ruggiero e anticipate ieri dal Corriere della sera: Morgan Stanley è azionista proprio di Standard&Poor's, ovvero una delle tre agenzie che avrebbero appiccato l'incendio. E Standard&Poor's è alla sbarra a Trani insieme a Fitch.

 

Si tratta di fatti gravissimi e che però stanno venendo alla luce nel disinteresse generale. A cominciare da quello di Palazzo Chigi: quando il dibattimento è iniziato il 4 febbraio scorso il pm Ruggiero si è accorto che né Palazzo Chigi né il ministero dell'Economia si erano costituiti parte civile. E il magistrato ha sottolineato in aula la strana omissione con parole inequivocabili: «Prendo atto che, nonostante ci sia stato un vaglio del gup», in udienza preliminare, «sulla fondatezza dell'accusa di manipolazione in danno dello Stato italiano, il ministero dell'Economia abbia adottato questa scelta. Una scelta che rispetto, ma che francamente mi sorprende».

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In soldoni: in caso di condanna lo Stato italiano non potrà chiedere i danni alle agenzie. Pare impossibile ma questo è lo stato dell'arte, almeno al momento. Il governo Renzi declama di continuo fra squilli di tromba la difesa a oltranza dell'immagine dell'Italia ma si dimentica di quel che accade in Puglia. E però nel capo d'imputazione si legge che il doppio declassamento, da A a BBB+, deciso dagli gnomi della finanza fra il 2011 e il 2012, avrebbe provocato «una destabilizzazione dell'immagine, del prestigio e degli affidamenti creditizi dell'Italia sui mercati finanziari nazionali e internazionali». Insomma, un disastro senza precedenti.

STANDARD AND POOR'S STANDARD AND POOR'S

 

Ma, a quanto pare, a Palazzo Chigi e a via XX settembre hanno altro da pensare. E allora il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta, che vede nel downgrade uno dei passaggi del presunto golpe contro Berlusconi, annuncia un'interpellanza urgente per chiedere conto al premier e al ministro dell'Economia della loro assenza in aula.

STANDARD POOR STANDARD POOR

 

Lo spread impazzì, l'Italia fu a un passo dal commissariamento ma la procura di Trani è convinta di poter dimostrare la costruzione ad hoc di quello scenario di guerra: manager e analisti avrebbero «intenzionalmente» fornito ai mercati finanziari fra il maggio 2011 e il gennaio 2012 quattro report contenenti informazioni distorte e tendenziose. Non basta, perché adesso si scopre pure la pesantissima clausola aggiuntiva su Morgan Stanley, probabilmente agganciata a un prodotto finanziario derivato, e corredata da un'altra notiziola: la banca controlla, attraverso Mc Graw Hill, proprio Standard&Poor's. Vengono i brividi.

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E si resta sbalorditi nel leggere il comportamento dei nostri dirigenti in quel frangente. Il 5 maggio scorso Ruggiero convoca Maria Cannata, capo della direzione del debito pubblico. Facile immaginare l'imbarazzo di lei e invece no. Cannata difende la costosissima trincea scavata a suo tempo: spiega serafica di non aver chiesto una consulenza finanziaria per provare ad arginare le richieste di Morgan Stanley ma anzi di aver pagato la maxi penale senza batter ciglio.

 

«Non ce n'era bisogno», risponde senza se e senza ma al pm a proposito del parere mai chiesto prima di quel passo così impegnativo per le casse tricolori. L'Italia versò di corsa il sontuoso obolo senza nemmeno bussare alla porta dell'avvocatura dello Stato. Mettersi di traverso o anche sospendere il versamento per chiarire la situazione «sarebbe stato reputazionalmente deleterio».

MARIA CANNATA MARIA CANNATA

 

Testuale. Cannata considera un successo l'aver ottenuto che non tutta la somma dovuta, oltre 3 miliardi, venisse liquidata subito. Ed è stupefacente che non sospettasse nemmeno l'intreccio azionario fra Morgan e Standard. A quanto risulta al Giornale altri 9 contratti con istituti di credito furono rinegoziati in seguito con condizioni peggiori per l'Italia. Un danno incalcolabile.

 

 

 

 

 

 

 

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