IL GRAN PREMIO DI WALL STREET – FCA DEPOSITA LA DOCUMENTAZIONE PER LA QUOTAZIONE DI FERRARI: RESTERÀ IN ITALIA, ANCHE PER LE TASSE, MA AVRÀ SEDE LEGALE IN OLANDA – CON I SOLDI DELLA BORSA SI FINANZIERÀ ANCHE IL RILANCIO DI ALFA ROMEO

La società guidata da Sergio Marchionne non esclude di quotare Ferrari anche alla Borsa di Milano, ma dal 2016. A inizio mese l’ad aveva detto di puntare a una “valorizzazione” del Cavallino pari ad almeno 10 miliardi. La quota offerta a Wall Street sarà del 10% massimo.

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Pierluigi Bonora per “il Giornale

 

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Fca stringe sulla quotazione di Ferrari a Wall Street, conferma che la sede legale sarà in Olanda e ribadisce che «Ferrari Spa continuerà ad avere nazionalità e residenza fiscale italiane, e pagherà le tasse sui propri redditi in Italia». Lo sbarco sul listino di New York è previsto entro l'anno. Il nuovo titolo, inoltre, sarà probabilmente quotato anche a Milano, ma dal 2016. Sergio Marchionne manterrà la presidenza del Cavallino, con a fianco Amedeo Felisa, attuale ad, anche se su quest'ultimo continuano le voci di una sua prossima uscita dal gruppo. Il resto del cda sarà nominato successivamente.


Attraverso la controllata New Business Netherlands Nv, che prenderà il nome di Ferrari Nv, Fca ha depositato alla Sec, l'Autorithy della Borsa Usa, la documentazione relativa all'offerta pubblica iniziale di azioni ordinarie attualmente detenute dal gruppo. «Il numero di azioni ordinarie oggetto dell'offerta e il range di prezzo - precisa la nota di Fca - non sono ancora stati determinati, fermo restando che si prevede che l'oggetto dell'offerta non ecceda il 10% delle azioni ordinarie. Ubs Investment Bank, BofA Merrill Lynch e Banco Santander sono i Joint Bookrunners dell'offerta; Ubs Investment Bank riveste il ruolo di Global Coordinator.

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L'operazione, rassicura Fca, «non comporterà lo spostamento di personale da Ferrari, né ridurrà i livelli di occupazione o le attività attualmente condotte da Ferrari in Italia e non comporterà alcuna riduzione della base imponibile di Ferrari nel Paese». Con lo sbarco sul mercato e in virtù del proprio marchio iconico, il Cavallino sarà «meglio posizionato per promuovere e aumentare il valore del brand, rispettare la tradizione, attrarre e compensare il talento tecnico e manageriale, e migliorare ulteriormente la posizione tra le prime società del luxury lifestyle».

 

Una volta venduto con l'Ipo sino al 10%, Fca dovrebbe distribuire il rimanente 80% delle azioni in suo possesso (il restante 10% è detenuto da Piero Ferrari) ai propri azionisti. In trasparenza, Exor (Agnelli) verrebbe a detenere circa il 24% dopo lo spin-off e la quotazione. Nel prospetto si sottolinea poi che Ferrari potrebbe fare domanda per quotarsi anche alla Borsa di Milano, che avverrebbe «al momento o dopo lo spin-off», nel 2016. 

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L'approdo in Borsa di Ferrari dovrebbe aiutare Fca, che ha uno dei debiti più alti nel settore, a finanziare il piano di investimenti da 50 miliardi, 5 dei quali servono per ridare lustro, da qui al 2018, ad Alfa Romeo. L'Ipo, inoltre, potrebbe essere importante per Fca al fine di rafforzare la struttura finanziaria in un momento in cui è alla ricerca di un partner (Gm resta nel mirino) per una fusione. «Separare Ferrari da altri brand di Fca, come da 500 o Maserati, è un atto di purificazione per fare emergere il valore in entrambi», aveva commentato tempo fa Marchionne.


È previsto che gli investitori che acquisteranno titoli durante l'offerta possano aderire a un «programma fedeltà»: se manterranno le azioni per tre anni avranno diritto a due voti per azione, grazie all'emissione di azioni di voto speciali. Nel prospetto si auspica la partecipazione al programma di Fca e Piero Ferrari. A inizio luglio, Marchionne aveva detto di puntare a una valorizzazione di Ferrari di almeno 10 miliardi.

 

amedeo felisa amedeo felisa

Non manca, infine, l'elencazione di alcuni fattori di rischio, tra cui l'abbandono dello storico impianto di Maranello. Tra questi, problemi di contaminazione, carenza di potere o agitazioni sindacali, cambiamenti nella legge e nei regolamenti su esportazioni, fisco, occupazione, o per colpa dell'inflazione dei salari. Anche un possibile terremoto, come accaduto nel 2012, potrebbe «avere un impatto negativo sul business». Tutte situazioni che comporterebbero la necessità di «cercare luoghi di produzione alternativi, che richiedono tempo e ridurrebbero la nostra capacità di produrre auto in modo sufficiente a soddisfare la domanda».

 

 

 

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