IL CONSIGLIO DI STATO DÀ RAGIONE A SKY E SADO-MASI TORNA IN GUERRA: “MI RIFIUTAI DI SVENDERE LA RAI A MURDOCH”

1. RAI, I 700 MILIONI CHE MASI NON VOLLE
Loris Mazzetti per "il Fatto Quotidiano"

Berlusconi, stando seduto a palazzo Chigi, non solo ha seguito criminosamente gli affari delle sue società ma ha condizionato la Rai attraverso la nomina di direttori a lui sottomessi, professionalmente scadenti, capaci di produrre danni immensi alla tv pubblica, cioè al bene comune.

La medaglia d'oro va a Mauro Masi direttore generale da aprile 2009 a giugno 2011, tornato alla ribalta in questi giorni per la sentenza del Consiglio di Stato, a favore di Sky, che ha condannato la Rai, la piattaforma satellitare Tivusat spa e l'Agcom, per aver oscurato i canali digitali della tv pubblica sulla piattaforma satellitare di Murdoch, in particolare la Rai non ha rispettato gli "obblighi di servizio pubblico e del contratto di servizio (...) e la possibilità per tutti gli utenti di ricevere la programmazione pubblica gratuitamente su tutte le piattaforme distributive".

Nel 2009 Berlusconi, per tentare di arginare il successo di Sky, si inventò una nuova piattaforma satellitare Tivusat, alla quale, oltre a Mediaset, hanno aderito: Rai, Telecom (La7), la Federazione della radio e delle televisioni (Frt) e l'Associazione delle tv-radio locali e in Internet (Aeranti-Corallo).

Il vertice Rai ha rinunciato all'offerta di Murdoch di 350 milioni di euro per 7 anni per il rinnovo del contratto. Masi, in simbiosi con Paolo Romani (viceministro con delega alle Comunicazioni), non ha mai aperto la trattativa.

L'obiettivo di Sky (la fonte è autorevole) era di chiuderla alla cifra di 100 milioni annui. Masi ha rinunciato a circa 700 milioni di euro, facendo chiudere Raisat, che coordinava i rapporti editoriali con Sky: l'unica consociata in attivo.

Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è sentito in dovere di intervenire. Il 6 agosto del 2009 Masi ha presentato una relazione a giustificazione, nella quale ha precisato che la decisione di interrompere il rapporto con Sky avrebbe creato "una maggior centralità della Rai nel nuovo scenario multipiattaforma e multicanale (...) avremmo svenduto anzi regalato a Sky tutta l'offerta della Rai in aggiunta ai canali Raisat, sarebbe stato quello sì, un atto contrario agli interessi e alla tutela del servizio pubblico".

É stata una grave decisione perché la Rai ha abbandonato la strada intrapresa alla fine degli anni Novanta che aveva portato alla costituzione di Raisat spa all'interno di un accordo di partecipazione dell'azienda nella piattaforma satellitare Telepiù, allora in competizione con Stream.

La decisione di Masi ha costretto la Rai a svolgere il solo ruolo dell'editore, lasciando agli altri il nuovo mercato: Sky sul satellite, Mediaset e La7 sul digitale terrestre, Alice Telecom e Fastweb sul cavo IP- Internet.

La decisione di far uscire Rai da Sky, è avvenuta all'inizio della grave crisi finanziaria, creando un danno economico all'azienda, indebolendola fortemente: tagli di budget delle reti, mancati investimenti sulle tecnologie, con conseguente perdita di qualità del prodotto . La malafede ha raggiunto il culmine durante una audizione di Masi in Commissione di Vigilanza quando il dg ha raccontato che i 50 milioni di Sky sarebbero stati tranquillamente sostituiti dall'entrata pubblicitaria nei canali digitali: il primo anno fu di 10 milioni di euro e solo oggi, a fronte di uno share complessivo del 6 per cento, è di circa 60 milioni.

La sentenza del Consiglio di Stato sottolinea che l'intera vicenda ha portato "un'alterazione della parità di condizioni nel mercato televisivo a favore di alcuni operatori privati attraverso l'impiego di risorse pubbliche". É dovere del consiglio di amministrazione della Rai chiedere a Mauro Masi e a chi ha collaborato alle infauste decisioni, a tutela del bene comune, il risarcimento del danno erariale come previsto dal Codice civile.


2. MASI: CI SIAMO RIFIUTATI DI SVENDERE LA RAI AL PRINCIPALE BROADCASTER DEL MONDO
Lettera di Mauro Masi a Dagospia

Caro Dago,
La questione è vecchia di anni e tocca problematiche complesse; per una trattazione più ampia e articolata (nonché per la lettura di documenti rilevanti) rinvio al mio libro "Un nemico alla RAI" scritto con Carlo Vulpio ed edito da Marsilio.

Il tema è stato riproposto all'attenzione generale in questi giorni perché il Consiglio di Stato ha bocciato il ricorso fatto da RAI e da altri contro una sentenza del Tar del Lazio che i media hanno indicato essere contro la RAI ma che in realtà così non è, in quanto il Tribunale Amministrativo si è limitato ad annullare - essenzialmente per ragioni formali - una delibera AGCOM (la 732/09) che confermava alcuni aspetti dell'interpretazione data da RAI (e non solo, anche dalla Commissione paritetica prevista ad hoc) di una norma specifica del Contratto di servizio in essere sino al 20 giugno 2011.

Come accennato, tutto verte sull'interpretazione dell'art. 26 del vecchio Contratto di Servizio: taluni ritengono che vada interpretato nel senso che RAI - in quanto gestore del servizio pubblico radiotelevisivo - debba fornire gratuitamente il proprio segnale a tutte le piattaforme, anche a quelle a pagamento (sic!!!).

Al di là del contenzioso giuridico (che ha delle sue specifiche tecnicalità che debbono essere sempre rispettate e che tralascio in questa sede) se ciò fosse vero comporterebbe almeno due conseguenze che, con un eufemismo gentile, si possono definire paradossali : RAI sarebbe obbligata a fornire gratuitamente ad un importante concorrente il proprio palinsesto con il quale il concorrente raccoglierebbe pubblicità sul mercato anche contro RAI stessa!! Inoltre l'utente che usufruisce dei prodotti RAI attraverso la piattaforma satellitare concorrente è, di fatto, obbligato a pagare due volte: il canone RAI e l'abbonamento alla pay.

La misinterpretazione mediatica (peraltro consueta quando si parla di RAI) sulla pronuncia del Consiglio di Stato ha anche riguardato confuse rivisitazioni del rifiuto di RAI (fatto durante il mio mandato da Direttore Generale) di rinnovare il contratto con Sky scaduto a gennaio 2009. Le due tematiche sono, in realtà, "distinte e distanti".

Ho detto e scritto in decine di occasioni che la proposta dell'ottimo management di Sky Italia (50 milioni di euro per sette anni per, di fatto, l'intero bouquet RAI; prendere o lasciare) era del tutto inaccettabile quando RAI valutava oggettivamente ( e prudentemente) il valore del proprio bouquet almeno 200 milioni di euro l'anno. Insomma svendere l'intero palinsesto RAI vincolato a sette anni (perché di questo si trattava) ad un quarto scarso del suo valore effettivo e per di più ad una 'azienda agguerritissima e che fa parte del gruppo che raccoglie la maggiore quota di pubblicità TV al mondo, mi era sembrato all'epoca - e tuttora mi sembra - veramente un po' troppo.

Due considerazioni finali:
a) Ogni vicenda va necessariamente contestualizzata: la disdetta al contratto Sky fu data (peraltro giustamente a mio avviso) dal mio predecessore e il rifiuto alla inadeguata proposta Sky è stata votata, su mia proposta, dal Consiglio d'Amministrazione RAI che se ne è occupato a lungo facendo poi una scelta autenticamente manageriale che afferisca in primis al posizionamento di lungo periodo sui mercati, come sempre deve fare una grande ed importante azienda quale è la Rai.

b) La vicenda Sky-Rai è stata ovviamente trattata ai massimi livelli delle due aziende: io e il top managment della Rai abbiamo incontrato più volte Tom Mockridge (all'epoca capo di Sky Italia, poi capo di sky Europa). Io ho avuto anche altri contatti ai più alti livelli. Ebbene mai, dico mai ( e lo possono testimoniare gli alti dirigenti Rai che erano con me e la documentazione nei files Rai che, in parte, io stesso ho pubblicato nel mio libro) Sky ha voluto modificare le sue proposte iniziali : 50 milioni di euro per sette anni (i contratti a sette anni nel mondo sempre in cambiamento delle ICT non li accettano più nemmeno nello Zimbabwe) per, di fatto, l'intero bouquet Rai, prendere o lasciare.

Tutto il resto fa parte delle chiacchiere (un po' patetiche e sempre molto ridicole) dei corridoi di Viale Mazzini.
La realtà, Caro Dago, è che io e il CDA nel 2009 ci siamo rifiutati di svendere la Rai al principale broadcaster televisivo del mondo. Se questo a qualcuno non piace anche a distanza di quattro anni, se ne dovrà fare una ragione.

Cordialmente
Mauro Masi

 

 

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