L’INGEGNERE DURO E PURO! - DE BENEDETTI: “ORA CHE HO DATO LE MIE SOCIETÀ AI FIGLI, SARÒ UN EDITORE COMPLETAMENTE PURO. FORSE L’UNICO IN ITALIA” - CERTO! COME IL BANANA CHE DIEDE “IL GIORNALE” AL FRATELLO E LA MONDADORI A MARINA E MEDIASET A PIERSILVIO – NON SOLO: I DE BENEDETTI JUNIORS CONTINUERANNO A ESSERE AZIONISTI DELL’“ESPRESSO”. CHE È DIRETTO, COME LE AZIENDE, DALLA MONDARDINI…

Fabrizio Forquet per "Il Sole 24 Ore"

Chiude la sua giornata più lunga in quello che è stato il suo quartier generale per quasi 30 anni. Al civico 1 di Via Ciovassino, nel cuore di Milano. Carlo De Benedetti, l'«Ingegnere», è soddisfatto: «È andata anche questa», dice. Davanti a sé, sull'ampia scrivania, una foto con in primo piano l'insegna Compagnia Italiana tubi metallici flessibili.

«È cominciato tutto da lì, dagli insegnamenti di mio padre Rodolfo, e ora tocca ai miei figli». Difficile sottrarsi al senso un po' solenne di un passaggio tra generazioni. Così avverti che la prima domanda che hai in testa rischia di stonare.

Ma poi la fai: non è che tutto questo preluda a un suo impegno in politica?
«Non lo si può minimamente pensare. Glielo escludo categoricamente».

Nessuno crede che lei andrà ai giardinetti.
Alla mia età potrei anche permettermelo. Ma non lo farò. Mi concentrerò sul mio ruolo di Presidente ed editore del Gruppo Espresso. Mi ci dedicherò a tempo pieno come editore. E a questo punto sarò un editore completamente puro. Forse l'unico in Italia. Il mio solo interesse sarà la presidenza dell'Espresso. Non avrò nessun legame con le altre attività controllate da Sapa.

Come è arrivato a questa scelta?
È la volontà di dare continuità alla tradizione imprenditoriale familiare iniziata con mio padre. In fondo tutto è cominciato con la sua Tubi Metallici Flessibili. Vi entrai nel 1959, oltre 50 anni fa, come responsabile delle vendite. Da mio padre ho imparato il culto dell'impresa. Io ho spinto assai più in là le attività di famiglia. Ora tocca ai miei figli.

Si dirà: il tema del ricambio generazionale produce i suoi effetti anche nel mondo della finanza e dell'impresa...
Se questa mia scelta aiuterà un più ampio passaggio generazionale in un capitalismo troppo rivolto al passato ne sarò molto contento. Per l'Italia, non per me, perché credo che ce ne sia davvero bisogno. Nel mio caso però voglio ricordare che ho già lasciato ogni carica operativa e mi sono dimesso da presidente della Cir e della Cofide nel gennaio 2009. Per cui il ricambio era già nei fatti.

Restava però il proprietario del gruppo. Perché ora ha deciso di liberarsi anche delle azioni?
È un passo che voglio fare mentre mi sento nel pieno delle mie forze. Un atto di generosità, verso i miei figli e verso quella tradizione di cui parlavo. In fondo io sono una parte di quella tradizione, quindi è anche un atto di generosità nei miei confronti.

Di fatto al vertice del gruppo si instaura una diarchia operativa: suo figlio Rodolfo e Monica Mondardini.
Proporrò ad assemblee e consigli la nomina di Rodolfo a presidente esecutivo. Mondardini sarà amministratore delegato unico. Quindi ci sarà un vertice nel quale si compendiano le rispettive competenze.

La famiglia, da una parte, le competenze manageriali sperimentate all'Espresso di Mondardini dall'altra.
No, competenze che lavorano dalla stessa parte. Mio figlio è da 25 anni in azienda, da 18 è amministratore delegato. È una sicurezza. Ma nello stesso tempo è giusto che una società da cui dipendono direttamente le sorti di 15mila famiglie possa contare anche su un contributo ulteriore di esperienza come quello della Mondardini. È un inserimento che abbiamo deciso di comune accordo con i miei tre figli.

È stato lei a portare quattro anni fa Mondardini all'Espresso.
Ed è stata un'ottima scelta fatta con Rodolfo e in questi anni entrambi ne abbiamo apprezzato il lavoro, come quello di una persona molto capace e intelligente. Si è creato un rapporto di grande fiducia.

Che gruppo lascia ai suoi figli?
È un gruppo in salute, internazionalizzato e molto diversificato.

I numeri dicono che ci sono state stagioni migliori.
Non c'è dubbio che anche noi risentiamo di una situazione di crisi generale dell'economia. Una crisi che io ritengo di medio-lungo periodo, non congiunturale. Ma i dati dell'ultima trimestrale confermano che facciamo meglio della media dei mercati di riferimento. Prenda la Sogefi, che opera nella componentistica auto. Quando siamo partiti avevamo 80 dipendenti.

Adesso è un'azienda con 7mila dipendenti, che ha sede in Italia ma ha sviluppato negli anni la sua attività in giro per il mondo, dagli Stati Uniti al Brasile, dalla Cina all'India. È una multinazionale italiana, una di quelle multinazionali tascabili di cui il Paese ha bisogno. Pochi giorni fa ha presentato i conti dei nove mesi: 1 miliardo di fatturato, con un aumento del 20% rispetto all'anno precedente. E questo nonostante la crisi dell'auto.

2- ADDIO ALLE ARMI - COME IL POMPETTA LAVORERÀ DA DIETRO LE QUINTE: SILVIO SCEGLIERÀ I DEPUTATI, LUI SCEGLIERÀ I DIRETTORI...
Stefano Feltri per "Il Fatto Quotidiano"

Quattro anni dopo averlo annunciato, Carlo De Benedetti completa il passaggio generazionale nel gruppo che ha fondato. O meglio, rinnova l'annuncio: nelle prossime settimane trasferirà a titolo gratuito le quote con cui oggi controlla il 45 per cento della Cir, la holding di comando del gruppo, ai figli. A sancire la transizione Rodolfo De Benedetti diventerà presidente esecutivo, dopo 19 anni da amministratore delegato. L'Ingegnere manterrà un posto in cda e una presidenza onoraria della Cir, oltre a quella del gruppo Espresso, la parte della galassia che lo appassiona di più, quella editoriale.

Rodolfo non ha mai mostrato lo stesso attaccamento del padre ai giornali, su tutti il quotidiano Repubblica e il settimanale l'Espresso, ma ha promesso una continuità di gestione. E lo dimostra il fatto che il nuovo amministratore delegato della Cir, su proposta di Rodolfo e d'intesa con Carlo, sarà Monica Mondardini, che continuerà a guidare anche il gruppo Espresso.

Ci sono due letture di questa svolta, una industriale, l'altra politica e simbolica. Di certo la Cir è in una fase complicata, nei primi nove mesi del 2012 ha perso 9 milioni di euro, contro i 15 di utile dello stesso periodo nel 2011, "a causa del minore contributo delle società più attive nel mercato domestico, in particolare Sorgenia ed Espresso". Sorgenia si occupa di energie rinnovabili ed è in perdita di 77,1 milioni, anche per colpa della recessione. Il gruppo Espresso sconta ricavi in calo del 9 per cento rispetto al 2011, scende anche la pubblicità e la vendita dei prodotti collaterali.

C'è quindi l'ipotesi che Carlo De Benedetti voglia stare un po' in disparte in questa fase di tagli e sacrifici che ha spinto tutti i giornalisti del gruppo a scioperare, sabato scorso, contro il piano aziendale di ristrutturazione. Ma De Benedetti non è solo un imprenditore. É il grande nemico di Silvio Berlusconi, con cui duella dai tempi della guerra di Segrate nel 1991: il Cavaliere strappò la Mondadori all'Ingegnere, ma soltanto grazie a un giudice corrotto. E nel 2011 la Cir ha avuto da Mediaset un risarcimento di 564 milioni di euro per il quale Berlusconi soffre ancora parecchio (e spera che la Cassazione ribalti il giudizio della Corte d'appello).

Ora che Berlusconi ha annunciato che non si ricandiderà premier, la guerra di Segrate - combattuta anche tramite i rispettivi media - è davvero finita. E, come Berlusconi, anche De Benedetti lascia la prima fila. Ma non se ne va del tutto. Berlusconi continuerà a scegliere i parlamentari, De Benedetti avrà un ruolo nella scelta dei direttori. Il libro che l'Ingegnere, a 78 anni, ha appena pubblicato per Einaudi, Mettersi in gioco, rivela però anche un pessimismo profondo di fronte alla crisi: "Non è detto che ce la faremo ancora una volta. Oggi per la prima volta il mondo non ci appare più come la palestra per una infinita crescita della nostra capacità di produrre ricchezza".

E come metafora usa il libro di Cormac McCarthy La Strada: un padre e un figlio, in uno scenario post atomico, spingono un carrello con le loro povere cose su una strada vuota e pericolosa. Cercando un mare che non si trova.

 

 

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