MALA-CARIGE – IL GENOVESE MALACALZA COMPRE IL 10% DI BANCA CARIGE E LE SALVA LA VITA – PRONTO ANCHE A RADDOPPIARE LA QUOTA, MA FORSE SERVIRÀ UNA FUSIONE CON UNA BANCA PIÙ SANA

Malacalza, ex industriale siderurgico ben visto dalla Curia e da Bagnasco, ha versato 66 milioni di euro nelle casse esangui della Fondazione. Fondazione che resta al 4%, ma con l’aumento di capitale potrebbe scendere al 2. Lontani i tempi in cui sulla banca regnava il tandem Scajola-Burlando… -

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1. UN BUON SEGNO E UNA QUESTIONE ANCORA APERTA

Francesco Manacorda per “la Stampa

 

L’ingresso della famiglia Malacalza come primo azionista al 10,5% nel capitale di Banca Carige dà un messaggio positivo e lascia una questione aperta. 
Il segnale positivo è presto detto: capitali privati di un imprenditore notoriamente liquido si dirigono verso un investimento bancario e sfrattano dal ruolo di socio principale la Fondazione Carige che negli anni ha dato prova quantomeno di scarsa capacità a vigilare sull’istituto nel quale aveva investito quasi tutto il suo capitale. Per far venire alla luce il marcio in Banca Carige è dovuta intervenire la magistratura; solo così sono saltati, almeno in parte, quei legami di tipo politico che da anni e anni tenevano stretti assieme istituto di credito ed ente azionista.

VITTORIO MALACALZA E MARCO TRONCHETTI PROVERA IN TRIBUNA ALLO STADIO MEAZZA VITTORIO MALACALZA E MARCO TRONCHETTI PROVERA IN TRIBUNA ALLO STADIO MEAZZA

 

La Fondazione paga adesso i suoi peccati con l’evidenza delle cifre: meno di due anni fa aveva il 44% del capitale della Banca; dopo l’operazione Malacalza e dopo il prossimo aumento di capitale da 700 milioni necessario sarà al massimo al 4%, ma più probabilmente attorno al 2%.


Ben venga dunque Vittorio Malacalza, che sebbene abbia stretto un patto sulla governance con quel che resta della stessa Fondazione (gli sfrattati restano quindi in un mezzanino...), punterà di sicuro a una maggiore efficienza della banca, per garantirsi un ritorno - economico e non politico - dei soldi che ha messo e metterà anche con l’aumento di capitale nell’investimento.


Le questione aperta è altrettanto semplice. Malacalza accarezza l’idea di aumentare la sua quota in banca, è disponibile ad aggregare altri soci liguri attorno alla sua partecipazione e si prepara comunque a esercitare il suo ruolo di primo azionista presentando una lista che raccolga i voti per eleggere la maggioranza del consiglio d’amministrazione. Proprio per questa lista c’è già un accordo con la Fondazione Carige, che avrà diritto a un suo rappresentante in cda. 

VITTORIO MALACALZA VITTORIO MALACALZA


Il legame di una banca con il suo territorio, se e quando non si tramuta in scambio di favori creditizi, è di sicuro un elemento positivo. Ma è pensabile che Carige, comunque tra le prime dieci banche italiane, possa correre ancora da sola? E’ possibile che l’economia di Genova e della Liguria consentano di mantenere una banca «locale», che vanta comunque oltre mille sportelli in Italia?

 

Sembra difficile che possa essere questo il suo destino, come del resto mostra di sapere chiaramente anche Malacalza nelle sue prime dichiarazioni. Lo dicono prima di tutto i numeri del credito: oggi, per una banca italiana il costo del capitale proprio rimane compreso tra il 9 e il 10% dello stesso capitale, mentre la redditività di una banca piccola o media difficilmente supera il 3%. Quel gap va colmato con concentrazioni, sinergie, tagli di sportelli, per remunerare in modo soddisfacente gli azionisti. Se il nuovo assetto azionario si trasformasse in un arrocco ligure questo risultato sarebbe arduo da ottenere. 

DAVIDE MALACALZA DAVIDE MALACALZA


Carige, insomma, difficilmente può pensare a un futuro - anche a breve termine - tutto sotto l’ombra della Lanterna: quando le logiche della geografia entrano in conflitto con quelle della matematica la confusione è assicurata.

 

 

2. CARIGE, BLITZ DI MALACALZA È PRIMO AZIONISTA COL 10,5% LA FONDAZIONE LIGURE VENDE LE AZIONI PER 66 MILIONI DI EURO

Gilda Ferrari per “la Stampa

 

Votata all’unanimità dal consiglio di amministrazione e da quello di indirizzo, la partita più complicata di Fondazione Carige termina con un lieto fine. La famiglia Malacalza - attraverso Malacalza Investimenti - ha siglato con l’ente un preliminare di vendita per il 10,5% della quote della banca. La Fondazione è fuori pericolo e la territorialità della banca è garantita dal più industriale dei soci reperibile in regione. Si chiude così l’annus horribilis del gruppo bancario. Il contratto è stato ratificato ieri pomeriggio, per meglio comunicare una decisione che era nell’aria. Malacalza è il primo socio di Carige con il 10,5%, seguito dai francesi di Bpce che hanno il 9,98%, dalla Fondazione che è ferma al 4,8%, e da Ubs con il 4,62%.

BANCA CARIGE BANCA CARIGE


Fondazione vende al prezzo di 0,062 euro ad azione un 10,5% che costa all’imprenditore oltre 66 milioni di euro: un prezzo «non soggetto a revisioni o aggiustamenti di sorta». L’efficacia del contratto è subordinata all’ottenimento, entro il 5 maggio, delle autorizzazioni da parte del ministero dell’Economia (che deve autorizzare la Fondazione a vendere «sino al 19%» delle quote come richiesto) e di Banca d’Italia. L’operazione, in considerazione delle autorizzazioni attese, si prevede possa giungere a perfezionamento all’inizio del prossimo trimestre.

 

La discesa di Fondazione Carige nell’azionariato della banca si avvia alla stabilizzazione. L’ente rimane al 4,8% delle quote, avendo venduto nei giorni scorsi qualche punto percentuale sul mercato. In cassa di sono circa 90 milioni, compresi i 66 versati da Malacalza. «Abbiamo approvato un budget previsionale al 2021 da presentare al ministero - annuncia il presidente Paolo Momigliano - La Fondazione è ormai nelle condizioni di stare in piedi da sola. Venderemo ancora qualcosa sul mercato, così da restare con una quota tra lo 0,5% e il 2% e poi avremo terminato il percorso».

 

CARIGE CARIGE

Momigliano sottolinea che «65 milioni serviranno a riscattare le azioni da Mediobanca, quindi chiederemo di rinegoziare i termini, allungandoli, del prestito con Carige, ma siamo in grado di affrontare le erogazioni e di restare in vita». Ieri è stata una giornata storica per la Fondazione. Lo si capiva anche dall’espressione dei consiglieri al termine delle riunioni. «Stavamo lavorando alla ricerca di un partner industriale possibilmente del territorio e siamo riusciti a centrale l’obiettivo - dice Graziano Mazzarello - In questo modo garantiamo la salute della banca e riusciamo anche a riservare un piccolo ruolo all’ente». 


«Un passo verso il risanamento finanziario avviato lo scorso anno - aggiunge Momigliano - Siamo davanti a un investitore solido, con ottica a lungo termine e con sensibilità al legame con il territorio». Vittorio Malacalza, con il figli Davide e gli avvocati Andrea D’Angelo e Sergio Maria Carbone ha fatto un salto in Fondazione nel tardo pomeriggio per portare il suo saluto al consiglio. Si è detto soddisfatto «dell’unanimità della decisione» di dire sì alla sua proposta «assunta dopo attente valutazioni».

Cesare Castelbarco Albani presidente di Carige Cesare Castelbarco Albani presidente di Carige

 

«Pur consapevoli delle incertezze dello scenario economico - ha detto Malacalza - abbiamo deciso di investire per supportare banca Carige mettendo a disposizione, oltre ai capitali, il nostro patrimonio di conoscenza imprenditoriale con l’obbiettivo di rafforzare il ruolo tradizionale della banca a supporto dello sviluppo economico del territorio di riferimento». L’accordo tra i Malacalza e l’ente, messo nero su bianco nei patti parasociali, prevede che rispetto ai tre amministratori da inserire nel board della banca (che spettano al nuovo socio), due vengano indicati dal nuovo socio e uno dalla Fondazione.

 

 

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