MPS SOSPESA AL RIBASSO (-10,5%), NUOVO MINIMO STORICO - SI PARLA DI CEDERE I MONTI-BOND AD INVESTITORI ISTITUZIONALI PER AGGIRARE L’ACCUSA DI AIUTI DI STATO - PROFUMO RASSEGNATO ALLA FINE DELL’INDIPENDENZA DELLA BANCA DOPO 500 ANNI

Il rinvio del rimborso di 1,1 miliardi di Monti-bond può essere considerato un aiuto di Stato, ma le maxi-cedole (9-10%) invogliano investitori privati - Dopo il danno, la beffa: tra i potenziali compratori di Mps, oltre a Credit Agricole, c’è Santander, la banca del ‘pacco’ Antonveneta...

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1. FLASH - MPS NUOVAMENTE SOSPESA CON UN RIBASSO TEORICO DEL 10,5% A 0,653 EURO

 

 

2. MPS ORA SPERA NEI MONTI BOND

alessandro profumo alessandro profumo

Rosario Dimito per “Il Messaggero

 

Spunta l’ipotesi di cessione ad investitori istituzionali del Monti bond sottoscritto da Mps, di cui residua un rimborso di 1,1 miliardi. Questa soluzione potrebbe superare le resistenza della Bce che ritiene la proroga di un anno (al 2017) della rata di 750 milioni a carico di Siena, una specie di aiuto di Stato.

 

PROFUMO RASSEGNATO

Ieri pomeriggio, dopo l’incontro con i sindacati sul contratto, Alessandro Profumo avrebbe incontrato di nuovo gli uomini di Bankitalia e del Tesoro che tra loro, sono in stretto contatto, sullo stato di avanzamento del piano sul capitale in gestazione, con l’ausilio di Ubs e Citi, per superare l’handicap del deficit di 2,1 miliardi accertato nell’esercizio europeo di Bce e Eba. Intercettato da Radiocor, Profumo ha ammesso che «va riconsiderato» l’obiettivo dell’autonomia e che «nulla è precluso», un riferimento alla possibilità di fusione.

 

ALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLA ALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLA

Una delle misure del Capital plan che in queste ore sarebbe oggetto di negoziazione tra Siena, le Autorità italiane e Bce sarebbe la necessità di spostare la scadenza della rata del bond statale, fissata al 2016 dal piano approvato dalla Ue, in modo da ridurre il fabbisogno a 1,35 miliardi. Francoforte, a cui Mps deve consegnare il piano entro la fine della prossima settimana, forse sentito Bruxelles, avrebbe suggerito di trovare un’altra soluzione: di qui l’ipotesi che lo Stato, approfittando della maxi-cedola (9%) sulla prossima rata e del 10% su quella (350 milioni) del 2017, possa trovare facilmente investitori privati cui cederlo.

 

CREDIT AGRICOLE CREDIT AGRICOLE

Il Tesoro sta interpellando banche d’affari (ieri ne ha sondato un paio internazionali) per verificare la fattibilità dell’operazione. Le altre misure contenute nel piano (cessione di Consumit , di tranche junior delle cartolarizzazioni, crediti e emissione di bond ibrido,) sono più agevoli. Sullo sfondo, caldeggiata da Bankitalia, c’è un’aggregazione. Gli advisor stanno immaginando una spezzatino: la rete del nord a Ubi, una Banca Mps 1472 con le filiali della Toscana e del centro autonoma e la parte meridionale trasformata in band bank: si tratta solo di ipotesi sulle quali si stanno cimentando molti banchieri.

 

Il presidente Consob Giuseppe Vegas che sta monitorando con attenzione il titolo (ieri in calo dell’8,7% a 0,73 euro), ha detto che non prenderà altre misure dopo il divieto di vendite allo scoperto fino al 10. In fondazione, invece, c’è bagarre: due consiglieri si sono dissociati con il presidente Marcello Clarich che a caldo ha difeso il vertice votando contro il programma. «Quando la barca è in difficoltà la regola vuole che si stia vicini al timoniere», ha ribadito ieri Clarich.

 

3. PROFUMO: ADDIO ALL’INDIPENDENZA DI MPS

Paola Pica per “il Corriere della Sera

 

«L’indipendenza della banca? Va riconsiderata. Mio malgrado». Alessandro Profumo ha pochi giorni di tempo per mettere in sicurezza il Monte dei Paschi e presentarsi con un «capital plan» credibile ai nastri della Vigilanza unica europea in seno alla Bce, martedì 4 novembre . Pochi giorni e nessuna certezza. La strada è in salita per il banchiere che ha fatto dell’indipendenza il filo conduttore della sua storia professionale, ed è più tortuosa per Mps, bocciata agli stress test con uno «shortfall», deficit di capitale, di 2,11 miliardi.

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«Abbiamo solo una settimana» ha riconosciuto Profumo all’agenzia Radiocor replicando con un secco «no comment» alla domanda se i Monti bond, il prestito contratto con il Tesoro che vede ora un residuo di un miliardo dai quattro originari, sarà convertito in azioni. Nazionalizzazione è la parola tabù. Per ora, si pensa allo slittamento del rimborso e su questo un parere positivo sarebbe già arrivato da via XX settembre. I titoli non hanno scadenza e l’impegno a restituirli entro il 2017 era stato preso con Bruxelles nel piano di ristrutturazione peraltro ignorato dalla Bce.

 

 Il regolamento dei Monti bond prevede la conversione in azioni su richiesta di Siena. Se esercitata ai prezzi di Borsa attuali (ieri il titolo ha chiuso in calo dell’8,23% a 0,73 euro dopo una sospensione al ribasso sull’onda di stop subiti anche da altri titoli, come Unicredit e Ubi), l’azionista pubblico entrerebbe al 30% circa. Resterebbe poi un ulteriore deficit da 1,350 miliardi da colmare.

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Sull’ipotesi aggregazione «nulla è precluso» ha detto Profumo senza entrare nel merito delle voci che accreditano come candidati sia i francesi del Crédit Agricole sia gli spagnoli del Santander. Per questi ultimi si tratterebbe di un clamoroso ritorno in scena: fu proprio il gruppo che fa capo alla famiglia Botin a vendere Antonveneta a caro prezzo per 9 miliardi cash alla Mps di Giuseppe Mussari. Era il maggio del 2008, l’inizio del declino.

 

Di Siena come «esempio del fallimento del Pd» ha parlato ieri il segretario della Lega Matteo Salvini: «Quello che non è riuscito a fare la peste, la carestia, due guerre , è riuscito al Pd, che ha distrutto una banca con 500 anni di storia».

 

ANA BOTIN ANA BOTIN

Due consiglieri della deputazione della Fondazione Mps ieri hanno contestato la fiducia a Profumo e all’amministratore delegato Fabrizio Viola espressa domenica dallo stesso ente. «Quando la barca è in difficoltà la regola vuole che si stia vicini al timoniere», ha replicato il Marcello Clarich, il presidente della Fondazione un tempo azionista largamente maggioritario e invadente oggi ridimensionato al 2,5% e legato da un patto ai soci stranieri. «Ma certo con il passaggio dei poteri alla Bce cambierà tutto», ha poi ammesso Clarich.

 

 

 

 

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