PACCO E CONTRO-PACCOTTO – IL DECRETO DEL 3% IN REALTÀ SAREBBE STATO FATTO PER LA MENARINI DEI FIORENTINI ALEOTTI, BUONI AMICI DI RENZIE – E VERDINI, INFORMATO DELLA COSA, AVREBBE CONTRIBUITO A FAR CREDERE A SILVIO CHE IL REGALO ERA PER LUI

Da un anno è in corso a Firenze un processo alla casa farmaceutica toscana, per una frode da 1,2 miliardi di euro. Gli Aleotti, per trent’anni, avrebbero gonfiato i prezzi dei farmaci e costituito fondi neri. Lo Stato si è costituito parte civile proprio il giorno prima che nascesse il governo Renzi…

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renzi con menarini aleotti renzi con menarini aleotti

Marco Palombi per “il Fatto Quotidiano

 

Questa cosa nasce a Firenze”. Una fonte di governo racconta così, dietro la garanzia dell’anonimato, la genesi del famigerato articolo 19 bis del decreto attuativo della delega fiscale, quello che cancella i reati di evasione e frode fiscale se il maltolto è inferiore al 3% del fatturato: la norma - che a quanto risulta al Fatto Quotidiano preoccupa anche la Procura di Firenze - servirebbe a chiudere il processo apertosi un anno fa contro i vertici della Menarini, colosso farmaceutico con 16mila dipendenti nel mondo, 3,36 miliardi di fatturato stimato nel 2014 e sede nel capoluogo toscano. Proprietaria del gruppo - che ora possiede anche l’1 per cento di Mps, dopo essere salita fino al 4 - è la famiglia Aleotti: deceduto il capostipite Alberto, alla guida (e sotto processo) ci sono i figli Lucia e Giovanni, presidente e vice.

Lucia Aleotti Menarini e Mps Lucia Aleotti Menarini e Mps

   

I rapporti con l’ex sindaco e quelli con l’ex Cavaliere

   Ovviamente conferme ufficiali sulla genesi dell’articolo 19 bis non esistono (a parte l’ammissione del premier al Fatto sui pareri positivi arrivatigli da “grandi avvocati”), ma è un dato di cronaca incontestabile il rapporto tra Matteo Renzi e il gruppo farmaceutico: Lucia Aleotti, per dire, a marzo fu tra i pochi invitati dal premier al suo primo incontro a Berlino con Angela Merkel (gli altri erano Giorgio Squinzi, Fulvio Conti dell’Enel, e Mario Greco delle Generali). D’altronde la Menarini sa come coltivare le relazioni: quando Renzi era presidente, l’azienda firmò un protocollo con la provincia di Firenze e regalò oltre 600 computer a scuole e associazioni di volontariato; quand’era sindaco Menarini finanziò il recupero di alcuni appartamenti di edilizia popolare.

ALEOTTI ALEOTTI

 

Più significativo, forse, il fatto che l’imprenditore renzianissimo Fabrizio Landi - nominato nel cda di Finmeccanica - sieda anche nel consiglio di tre società del gruppo degli Aleotti: Menarini Diagnostics, Firma e Sili-con Biosystem. I rapporti tra Menarini e la politica, comunque, sono una sorta di tradizione: anche col governo di Silvio Berlusconi c’erano contatti più che frequenti. Ad esempio, agli atti dell’inchiesta fiorentina sulla Menarini - oltre a continui incontri con gli allora ministri Scajola, Fazio, Fitto, Matteoli, Sacconi e a una cena con l’ex Cavaliere - c’è pure una telefonata tra Alberto Aleotti e Gianni Letta: l’imprenditore chiede rassicurazioni su un emendamento e il sottosegretario risponde che se ne occuperà lui (“lo faccio dire io a Mosca dal presidente a Scajola”).

   

Il processo iniziato un anno fa: danni alla Sanità per 860 milioni

   Tornando al decreto fiscale, i vertici della Menarini avrebbero un ottimo motivo per rallegrarsi se passasse con l’articolo 19 bis: un processo in corso a Firenze dal febbraio scorso in cui anche palazzo Chigi si è costituito parte civile (per una coincidenza divertente l’ha fatto il 22 febbraio, il giorno prima dell’insediamento del governo Renzi).

 

matteo renzi pier carlo padoan matteo renzi pier carlo padoan

L’accusa per l’azienda è pesante: aver gonfiato - attraverso un raggiro e per quasi trent’anni (dal 1984 al 2010) - il prezzo di alcuni farmaci accumulando nel frattempo fondi neri. Lucia e Giovanni Aleotti, in particolare, sono accusati di aver partecipato a questo sistema inventato dal padre spostando i soldi su 900 conti correnti intestati a 130 società estere fino a usufruire dei due scudi fiscali di Tremonti nel 2003 e nel 2009.

 

Racconto corroborato, dicono i pm, da alcuni indagati che hanno già patteggiato la pena. Per la Procura Alberto Aleotti (il padre) in questo modo si sarebbe “procurato un ingiusto profitto non inferiore a 575 milioni di euro, con conseguente ingentissimo danno per il Servizio sanitario nazionale non inferiore a 860 milioni”. La dimensione della frode contestata è mostruosa: 1,2 miliardi di euro (la Cassazione, però, ha detto di no al sequestro preventivo). Lucia Aleotti, infine, è accusata anche di corruzione dell’ex senatore Pdl Cesare Cursi.

   

I tormenti del sultano di Arcore: “Quella legge non è per me”

   Curiosamente anche fonti assai vicine a Silvio Berlusconi confermano la lettura per cui il beneficiario di quella amnistia mascherata che è l’articolo 19 bis sono gli Aleotti (è certo, in ogni caso, che pure quasi tutte le banche italiane avrebbero di che festeggiare). Secondo questa versione Denis Verdini - ormai uno dei principali collaboratori di Renzi - era informato della cosa, ma avrebbe contribuito a far credere all’ex Cavaliere che quella norma era pensata per lui:

RENZI E BERLU C RENZI E BERLU C

 

“Berlusconi è stato messo in mezzo, ma quella roba gli serve a poco: la pena ormai l’ha scontata e lui infatti continua a chiedere solo la non retroattività della legge Severino sulla incandidabilità, in modo da poter correre nel 2016”. E invece, dicono dal cerchio magico, il premier e Verdini insistono ad agitargli davanti agli occhi l’esca del 3% “salva-Silvio”. Fosse vero, sarebbe solo la conferma che i tramonti possono essere assai malinconici.

 

 

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