1. IL POTERE FINANZIARIO E’ IN FERVIDA ATTESA DI CAPIRE DOVE PORTERANNO L’ATTACCO DI PAPA FRANCESCO ALLE BANCHE E IL RICHIAMO AL CORANO ALLA FINANZA ISLAMICA 2. LA LEGGE DEL CORANO AVREBBE COME CONSEGUENZA DI RIVEDERE RADICALMENTE LA POLITICA DEGLI INVESTIMENTI FATTI IN ITALIA E NEL MONDO DALLA LIBIA POST-GHEDDAFI 3. GIOVEDI’ SQUINZI SI TOGLIE UN SASSUOLO DALLE SCARPE PER SVEGLIARE IL GOVERNINO 4. GIORNALISMO RIDICOLO: LA POLEMICA DI FRANCO ABRUZZO SULLA PATACCA D’ORO FALSO 5. COSÌ SI DIVERTE A DETROIT IL GRANDE MARPIONNE: COMPRAVENDITA DI TITOLI IN BORSA

1. L'ATTACCO DI PAPA FRANCESCO ALLE BANCHE E IL RICHIAMO AL CORANO ALLA FINANZA ISLAMICA
Negli uffici studi delle banche hanno messo da parte i report di Goldman Sachs e stanno rileggendo con attenzione il discorso pronunciato da Papa Francesco durante la veglia di Pentecoste in piazza San Pietro con i movimenti ecclesiastici.

Bergoglio ha parlato a braccio per 38 minuti e ha ripetuto i concetti che gli stanno cari sulla Chiesa povera per i poveri. Ormai è chiaro che questo è il tasto più forte della sua dottrina che fa arricciare il naso ai cardinali più legati al rigore teologico di Ratzinger fino al punto di tirargli addosso l'accusa di privilegiare una dottrina da "comunista post-litteram".
D'altra Francesco non fa nulla per scrollarsi le critiche di populismo e qualunquismo che anche ieri gli sono arrivate da Beppe Grillo.

Davanti alla folla dei fedeli, venerdì sera ha fatto un passo in più e senza mezzi termini ha chiamato in causa le banche dicendo: "se cadono gli investimenti delle banche questa è una tragedia, se le famiglie stanno male non hanno da mangiare allora non fa niente...".

Per gli esegeti dei discorsi pontifici questa è una delle rare volte in cui un Pontefice pronuncia pubblicamente la parola "banche" ed esprime una critica nei loro confronti. Prima di questa bordata, il Papa francescano aveva dato un segno premonitore durante un discorso pronunciato il 24 aprile nella chiesa di Santa Marta quando parlando della burocrazia dentro la Chiesa aveva fatto una pesante allusione a "...quelli dello Ior", poi con un breve inciso ("scusatemi...") aveva aggiunto "tutto è necessario, gli uffici sono necessari ma non sono necessari fino a un certo punto".

Nella curia e nelle stanze della banca vaticana molti sono saltati sulle poltrone e perfino l'"Osservatore Romano" aveva censurato questo passaggio temendo che le parole del Papa fossero il presagio di una pulizia dentro il torrione del Vaticano dove si nascondono i misteri e i conti cifrati.

Adesso negli uffici studi delle banche si chiedono se le parole pronunciate davanti ai 200mila di piazza San Pietro siano l'antipasto di una polemica sempre più fitta nei confronti del mondo del credito. Qualcosa si potrà intuire oggi all'apertura dell'Assemblea dei vescovi che ascolteranno il discorso del presidente Angelo Bagnasco.

Da quello che si è capito il prelato dovrebbe però puntare soprattutto sulla questione lavoro che ha definito "la lama più penetrante e tagliente nella carne della gente". Forse le banche resteranno fuori dall'intervento dell'arcivescovo di Genova ,ma in una di queste,l'Unicredit, non è sfuggito la curiosa analogia con ciò che sta avvenendo nel mondo islamico in nome del Corano.

Pare infatti che ai piani alti di piazza Cordusio dove i libici hanno una presenza modesta ma significativa, abbiano messo a confronto le parole del Papa con le notizie che arrivano da Tripoli dove è in atto uno scontro molto forte innescato all'interno del Parlamento tra chi sostiene che il sistema della finanza islamica debba escludere l'esercizio dell'usura.

La notizia è stata riportata per prima dal sito Merger Market controllato dal "Financial Times" ed è stata ripresa, nell'indifferenza generale, soltanto dal "Sole 24 Ore" di sabato che ha spiegato come il rispetto per la shariah, la legge del Corano (fonte del diritto per la nuova costituzione post-Gheddafi), avrebbe come conseguenza di rivedere radicalmente la politica degli investimenti fatti in Italia e in giro per il mondo.

Dentro Unicredit è presente la Banca Centrale di Tripoli con il 2,9%, una partecipazione che si aggiunge a quella dell'1,2% della LIA (Libian Investment Authority). Non sono partecipazioni tali da creare grandi sconvolgimenti e si aggiungono a quelle che la LIA detiene dentro Fiat, Eni, Juventus e Finmeccanica.

Resta la curiosità di capire se il dibattito politico a Tripoli comporterà comunque un divieto a riscuotere gli interessi sulle partecipazioni in portafoglio. A questo proposito il Corano parla chiaro: "o voi che credete, temete Allah e rinunciate ai profitti dell'usura se siete credenti", dove l'usura viene interpretata in modo estensivo e comporta la rinuncia ai dividendi. Anche nella Bibbia se ne parla, tanto è vero che si legge: "non farai al tuo fratello prestiti a interesse né di denaro né di viveri, né di qualunque cosa che si presta a interesse".

Oggi la banca di piazza Cordusio stacca il dividendo con grande gioia di dei manager e degli azionisti tra cui anche quelli arabi che siedono in Unicredit accanto agli americani di Blackrock, i russi di Pamplona, le Fondazioni e i soci italiani come Del Vecchio, Caltariccone e Dieguito Della Valle. Tutti si porteranno a casa la cedola di 0,9% euro che il roseo Ghizzoni è riuscito a garantire con la sua gestione.

E solo pochi si preoccuperanno di capire dove portano l'attacco di Papa Francesco alle banche e il richiamo al Corano alla finanza islamica.


2. GIOVEDI' SQUINZI SI TOGLIE UN SASSUOLO DALLE SCARPE PER SVEGLIARE IL GOVERNO
Giorgio Squinzi, l'imprenditore di Mapei che un anno fa è stato eletto al vertice di Confindustria, ieri sembrava impazzito per la gioia.

La conquista della Serie A da parte del Sassuolo, la squadra nella quale ha messo soldi e passione, gli ha riportato il sorriso dopo mesi di polemiche sull'inerzia del governo verso il mondo delle imprese. La promozione in Serie A è arrivata nel giorno in cui compiva 70 anni e gli emiliani estasiati da miracolo calcistico firmato Squinzi sono convinti che il patron potrebbe regalare a Sassuolo un nuovo stadio rilevando dal tribunale fallimentare la vecchia struttura.

Al presidente di Confindustria che ieri ha fatto un salto a Torino al Salone del Libro sono arrivati messaggi da numerosi colleghi imprenditori e nell'euforia della festa il presidente ha dichiarato che anche l'Italia, se prenderà la strada giusta, deve restare in Serie A. Questa dichiarazione ha fatto correre i brividi lungo la schiena di Luca Paolazzi, l'ex-giornalista che dal 2007 dirige il Centro Studi di Confindustria.

È lui l'uomo che sta scrivendo il testo del discorso che Squinzi pronuncerà giovedì mattina all'Auditorium di Roma per l'annuale assemblea dell'Associazione, ed è stato sempre lui a mettersi le mani nei capelli quando Luchino di Montezemolo durante la sua gestione a viale dell'Astronomia, usava la metafora sportiva per paragonare la Confindustria alla Ferrari.

Il povero Paolazzi ha lavorato per tutta la domenica sulle 22 cartelle che Squinzi dovrà pronunciare giovedì sforzandosi di non far ballare gli occhi da destra a sinistra come fa solitamente quando legge i discorsi sui due gobbi elettronici. Lo schema dell'intervento è chiaro e nello scambio di telefonate che si sono fatti Squinzi e Paolazzi hanno deciso di dare al discorso un tono molto forte per svegliare il governo.

Davanti a Enrico Letta, Saccomanni, Zanonato, e all'ex-direttore generale di Confindustria Giampaolo Galli che la fortuna ha baciato con un seggio in Parlamento, Squinzi ripeterà che siamo arrivati al capolinea. Agli imprenditori non interessa più di tanto l'Imu, ma chiedono con forza che si affronti una volta per tutte il tema dell'Irap e si metta fine al penoso balletto sui miliardi che la Pubblica Amministrazione deve restituire alle imprese.

Poi dedicherà un capitolo alla riforma di Confindustria che continua a costare 500 milioni di euro e ha una struttura di 6mila dipendenti e 100 associazioni territoriali. Dopo l'uscita della Fiat molte aziende stentato a pagare i contributi associativi perché la crisi morde nelle tasche degli imprenditori. Forse è questa la ragione per cui con un gesto di generosità il capo delle Ferrovie, Mauro Moretti, ha deciso che i poveri imprenditori potranno arrivare a Roma con un biglietto scontato del 50%.


3. GIORNALISMO RIDICOLO: LA POLEMICA SULLA PATACCA D'ORO FALSO
A partire da venerdì i big dell'editoria e del giornalismo si riuniranno per due giorni nel relais Bagnaia di proprietà di Maria Monti Rieffeser.

L'iniziativa è organizzata da Andrea Ceccherini, che ha messo in piedi da anni l'Osservatorio Giovani Editori, e vedrà la partecipazione di personaggi giovani come John Elkann e Pietro Scott Jovane, l'amministratore delegato di Rcs che non riesce a far quadrare i conti. Ci saranno anche numerosi over 70 tra cui il notaio Piergaetano Marchetti, Benito Benedini,Gianfranco Ravasi, Giuseppe Guzzetti, e qualcuno ha cominciato a mettere in giro la voce maliziosa che il tema del convegno dovrebbe cambiare da "Crescere tra le righe" a "Crescere tra le rughe".

È probabile che arrivi anche qualcuno dei 75 giornalisti iscritti all'Ordine della Lombardia che pochi giorni fa sono stati premiati come Cavalieri del giornalismo per 50 anni di onorata professione. Durante la cerimonia è stata consegnata una medaglia d'oro, ma qualcuno si è accorto che in realtà la medaglia era semplicemente d'argento placcato. La cosa non è andata giù e subito c'è stato chi ha gridato alla truffa.

Il più incazzato è Franco Abruzzo, il giornalista calabrese 74enne che dopo aver lavorato per circa 20 anni al quotidiano "Il Giorno" e poi al "Sole 24 Ore", ha ricoperto per altri 18 anni la carica di presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia.

La polemica sulla patacca d'oro falso è montata fino ad assumere toni violenti. Franco Abruzzo ha preso di petto l'attuale presidente dell'Ordine Letizia Gonzales accusandola di essere stato menato per il naso. E con toni patetici ha ricordato che l'Ordine ha soldi sufficienti per evitare una simile beffa.

La polemica sulla patacca è un po' ridicola e tocchera' ai 249 ospiti ,giovani e vecchi, del convegn di Ceccherini a riportare sotto i riflettori i veri problemi dell'editoria.


4. COSÌ SI DIVERTE A DETROIT IL GRANDE MARPIONNE".
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che la vita a Detroit è di una tristezza disperante.

L'unico manager che sembra divertirsi è Sergio Marpionne per il quale prima o poi la sede operativa di Fiat-Chrysler si trasferirà in quella che un tempo era la capitale dell'automobile. Nei giorni scorsi l'hanno visto passeggiare in buona compagnia sotto i grattacieli della General Motors e pare che fosse molto divertito dalle notizie sulla inevitabile chiusura dello stabilimento italiano di Termini Imerese.

Secondo le ultime notizie uno sceicco del Qatar e l'Ambasciatore dell'Azerbaijan si sarebbero affacciati alla Regione Sicilia per salvare i 1.200 dipendenti. Probabilmente anche queste speranze sono destinate a morire, ma a Marpionne l'argomento interessa ben poco. Più attenzione l'ha dedicata venerdì sera ad alcune operazioni personali di compravendita di titoli.

Ne ha venduti 240mila di Fiat mettendosi in tasca 1,19 milioni. E l'operazione è arrivata dopo la vendita avvenuta tra martedì e mercoledì scorso di altre 240mila azioni per un controvalore di poco più di 2,1 milioni. Poi ha comprato 100mila azioni di Cnh, la società delle macchine agricole sempre di Fiat per un importo di 4,3 milioni di dollari. Così si diverte a Detroit il grande Marpionne".

 

 

 

 

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