UN ‘’PAIS’’ ALLO SBANDO - I SOLDI IN SPAGNA SONO PROPRIO FINITI: NESSUNA TV È DISPOSTA A SBORSARE 1,5 MLN € PER TRASMETTERE LA PARTITA DELLA NAZIONALE IBERICA CONTRO LA BIELORUSSIA - DI PEGGIO: “EL PAIS” LICENZIERÀ 128 GIORNALISTI, 1/3 DELL'ORGANICO - LE PROTESTE DEI REDATTORI SERVIRANNO A POCO: IL FONDATORE CEBRIÁN, DOPO AVER FATTO I SOLDI COL GIORNALE, LO HA CONSEGNATO ALLE BANCHE...

1- LA SPAGNA CAMPIONE DEL MONDO NON TROVA POSTO IN TV. TIFOSI IBERICI COSTRETTI A RIACCENDERE LA RADIO?
Fabio Fabbretti per www.davidemaggio.it

La crisi economica, si sa, non è una questione solo italiana. Ne sanno qualcosa in Spagna, dove la recessione ha portato all'oscuramento della Nazionale di calcio campione del mondo e d'Europa in carica. Il match delle Furie Rosse a Minsk contro la Bielorussia, valevole per le qualificazioni a Brasile 2014 e in programma venerdì 12 ottobre alle 20.00, rischia di non essere trasmesso in tv.

Nessuna emittente, infatti, è disposta a spendere i 3 milioni di euro chiesti dalla società tedesca e detentrice dei diritti, la Sportfive, che, allo scarso interessamento delle tv spagnole, ha abbassato in poche ore l'offerta a 1,5 milioni. Tutto, però, ancora tace: TVE (la tv di Stato iberica) ha garantito la messa in onda della partita contro la Francia, in programma martedì 16 ottobre, annunciando di voler rinunciare all'incontro con la Bielorussia, considerando il già oneroso prezzo annuale (43 milioni di euro) che paga per trasmettere le partite della Nazionale.

Un allarme che, in realtà, era già suonato per Georgia-Spagna dello scorso 11 settembre, quando alla fine ci mise una "pezza" Telecinco, acquistando in extremis i diritti vacanti. Stavolta, però, come ha già fatto sapere un portavoce del gruppo Mediaset, "il costo attualmente richiesto non risponde ai criteri di redditività della rete". In poche parole, Telecinco si chiama fuori.

Ed ora? Il termine per l'acquisto dei diritti tv di Bielorussia-Spagna scade oggi. I tifosi restano alla finestra, in attesa di buoni sviluppi, ma la vecchia e intramontabile radio è già a portata di mano.


2- EL PAÍS "CARTA STRACCIA" MA IL PADRONE CI GUADAGNA - PER RIDURRE I DEBITI DEL GRUPPO EDITORIALE SPAGNOLO E ACCONTENTARE GLI AZIONISTI, CACCIA 150 GIORNALISTI SU 450
Alessandro Oppes per "il Fatto Quotidiano"

Storia di un declino annunciato, tramonto di un'istituzione culturale che era considerata la più solida della Spagna democratica. Strangolato dai debiti del suo editore (il Grupo Prisa accumula perdite per 3 miliardi e mezzo di euro), il quotidiano El País si sbarazza in un sol colpo di un terzo dei suoi giornalisti.

Sono 128 i licenziati, a condizioni estremamente favorevoli per l'azienda (proprio quelle fissate dalla riforma del governo Rajoy, tanto criticata dal giornale): liquidazione di appena 20 giorni per anno lavorato, e un massimo di 12 mensilità. A questo si aggiungono i 21 pre-pensionamenti, di chi ha compiuto 59 anni. E per chi resta, una riduzione salariale del 15%.

"Non possiamo continuare a vivere così bene", aveva detto nei giorni scorsi il presidente del gruppo editoriale, Juan Luís Cebrián, annunciando tagli, "dolorosi ma inevitabili", ieri diventati realtà. Parole che hanno fatto infuriare i redattori del giornale, testata tra le più prestigiose d'Europa e, in assoluto, la più importante al mondo tra quelle in lingua spagnola.

Nel corso di una drammatica assemblea, che ha portato alla convocazione di 18 giornate di sciopero - e, a partire da oggi, del ritiro delle firme dal quotidiano - i giornalisti hanno rinfacciato a Cebrián (che fu il fondatore e primo direttore di El País) la "mancanza di lealtà e la sua gestione nefasta". Ma non solo, gli hanno anche chiesto di restituire "buona parte dei milioni di euro che ha incassato negli ultimi anni".

Stizzito, il manager ha replicato che risponde solo agli azionisti, e non certo ai redattori. I quali, però, non ci stanno, e spiegano in un documento i motivi per cui il piano di tagli sarebbe del tutto ingiustificabile. Al di là dei conti complessivi del gruppo, la gestione di El País è stata in attivo per 35 anni, e solo per quest'ultimo esercizio si prevedono perdite per 2 milioni di euro. Troppo poco per giustificare un provvedimento così pesante di ridimensionamento dell'organico.

Anche perché, e questo è uno dei fattori considerati più offensivi, impossibili da digerire, Cebrián ha guadagnato nel 2011 quasi 14 milioni di euro. La realtà è che, già da anni, la famiglia Polanco (che lo aveva creato) ha perso il controllo del gruppo, finito nelle mani di banche - Santander, Caixabank, Hsbc - e fondi speculativi statunitensi. Una serie a catena di investimenti sbagliati e rischiosissimi ha gonfiato l'indebitamento fino ai 5 miliardi di euro, ridotto solo in minima parte da un frenetico piano di dismissioni.

La scure, a questo punto, si abbatte su tutte le testate del gruppo. Non perché una riduzione dei costi possa risanare i bilanci, ma perché con organici "più snelli" sarebbe più facile mettere in vendita i gioielli dell'impero editoriale. La prossima testa a cadere, prevedono alcuni siti web confidenziali, potrebbe essere quella del direttore di El País, Javier Moreno. Che verrebbe sostituito da qualcuno più sensibile alle esigenze delle banche.

 

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