LIBERI DAL MAL DI TESTA? È DAVVERO POSSIBILE UN “VACCINO PER LE CEFALEE”? ORA ARRIVA UNA SPERANZA: BASTA UN’INIEZIONE OGNI 2-3 MESI – LA TERAPIA A BASE DI ANTICORPI: LA CHIAVE E’ IL BLOCCO DI UNA MOLECOLA CHE PROVOCA UNA FORTE VASODILATAZIONE

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Cesare Peccarisi per il Corriere della Sera

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Liberi dal mal di testa?

È davvero possibile? Dal nono congresso Anircef (Associazione Neurologica per la Ricerca sulle Cefalee) appena concluso a Milano, arriva un' apertura a questa possibilità.

Quando si parla di libertà dal mal di capo, in questo caso, si intende il superamento della necessità di avere sempre pronto una terapia «al bisogno» quando arriva l' attacco di cefalea.

 

La svolta potrebbe essere rappresentata da una sorta di scudo immunochimico capace di tutelare con continuità chi è soggetto a questa patologia. In concreto si tratta di sottoporsi a un' iniezione ogni 2-3 mesi in un Centro Cefalee, per rimanere «coperti» lungo questo intervallo di tempo.

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E di questi scudi ne esistono già quattro, ciascuno con caratteristiche un po' diverse, ma con una capacità di protezione sostanzialmente equiparabile.

Com' era ovvio, date le caratteristiche del trattamento, è stata spesa subito la parola «vaccino per il mal di testa».

 

In realtà si tratta di anticorpi monoclonali, cioè farmaci indirizzati verso un bersaglio biologico ben preciso, in questo caso in grado di bloccare il Cgrp (Calcitonine Gene Related Peptide), il peptide correlato al gene della calcitonina, un potente vasodilatatore, i cui recettori si trovano soprattutto in aree cerebrali importanti per la trasmissione degli impulsi dolorifici.

 

Tutti abbiamo questo peptide per dilatare le arterie e mantenere un adeguato apporto sanguigno a organi nobili come cuore o cervello, ma negli emicranici il sistema va fuori controllo. Secondo recenti studi, il motivo è legato allo stress e all' incapacità degli emicranici di sopportare il cambiamento: basta relativamente poco in queste persone per scatenare l' ormone dello stress corticotropina, che fa aumentare il Cgrp. L' aumento è più sensibile nelle donne, il che spiegherebbe la maggior frequenza di mal di testa nel genere femminile.

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Durante gli attacchi il Cgrp aumenta e va a legarsi ai suoi recettori, che si attivano, avviando gli impulsi dolorifici.

Evitare questo «aggancio» mantenendo un blocco di lunga durata, è la chiave del nuovo trattamento.

 

In realtà il ruolo del Cgrp è noto da decenni e i primi tentativi di contrastarlo risalgono agli anni novanta, però solo adesso sono stati portati a termine sperimentazioni cliniche che hanno fornito dati affidabili su questa strategia terapeutica.

 

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«La conclusione di due grossi studi che hanno valutato migliaia di pazienti nel lungo termine, permettono di dire che questo trattamento può essere adottato con consapevolezza» spiega Fabio Frediani neurologo dell' ospedale San Carlo di Milano e presidente di Anircef e del congresso milanese. «Possiamo spingerci a dire che forse il sogno di un cambiamento epocale nel trattamento e nella qualità di vita di chi vive un dolore ricorrente si sta avverando».

 

La prescrizione di questo trattamento, almeno per adesso, è riservata ai Centri Cefalea.

«Il futuro è già qui» ha dichiarato Alan Rapoport della University of California a Los Angeles e Past President della Società Internazionale delle Cefalee. «Presto avremo avanzamenti ancor più eccitanti di quelli che hanno inaugurato questa nuova era degli anticorpi monoclonali Cgrp: arriveranno anticorpi specifici per i Pacap (polipeptidi ormonali ipofisari) implicati anche nella cefalea a grappolo, il cui blocco recettoriale evita gli attacchi».

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