1- LE PAROLE DI MUSSI FANNO DEFLAGRARE LA QUESTIONE AMORALE NEL PD DEI DALEMONI - 2- “PREGO IL SIGNORE CHE NON CI SIA CONNESSIONE TRA L’ACQUISTO DELLE AZIONI DELLA MILANO SERRAVALLE FATTO DA PENATI E LA SCALATA ALLA BNL DELL’UNIPOL DI CONSORTE. SAREBBE UNA BOMBA ATOMICA E MOLTA GENTE DOVREBBE ANDARE A CASA” - 3- COFFERATI: “DOVE SONO FINITI I SOLDI DI CUI SI PARLA? AI SINGOLI O ALL'ORGANIZZAZIONE?” - 4- TRANQUILLI: FINITO PENATI, BINASCO & GAVIO INCIUCIANO CON IL PDL GUIDO PODESTÀ - 5- QUATTRO SALTI IN PADELLA! NELLE INTERCETTAZIONI SBUCA ANCHE IL BANCHIERE E PRESIDENTE DI IMPREGILO, PONZELLINI, CHE L'8 OTTOBRE SPIEGA A BINASCO DI AVER SAPUTO DAL PDL PODESTÀ CHE CI SARÀ UNA RIUNIONE CON I VERTICI DELLA MILANO-SERRAVALLE: “VORREI VENIRCI ANCH'IO (...) SE MI PRESENTO CON TE, FACCIAMO PADELLA?” - -

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1- DEFLAGRA LA QUESTIONE MORALE NEL PD
Andrea Garibaldi per il Corriere della Sera

cfi64 fabio mussicfi64 fabio mussiMassimo DAlema in compagnia di Fabio Mussi Capodanno i due erano gi nella dirigenza del Pci di PisaMassimo DAlema in compagnia di Fabio Mussi Capodanno i due erano gi nella dirigenza del Pci di Pisa

Col passare del tempo certe famiglie si dividono, e può accadere che ci si dicano cose pesanti. Capita anche fra gli ex ragazzi comunisti, così ieri Fabio Mussi (è stato 43 anni nel Pci-Pds-Ds e ha poi rifiutato l'ingresso nel Pd), parlando sul Fatto Quotidiano di Penati e questione morale, ha «riaperto» il congresso Ds del 2001, che si tenne qui a Pesaro: «A proposito di Penati ho visto che Bersani ha parlato di una class action degli iscritti contro i giornali ostili. Se per caso viene fuori che in quel congresso sono girati soldi per condizionarne l'esito, giuro che la class action la faccio io a loro».

Bersani, che chiuderà oggi a Pesaro una Festa democratica tormentata proprio dalle notizie su Penati, non vuole saperne di sfiorare l'argomento. Il suo staff risponde quasi con disgusto: «Questa storia la consideriamo una stupidaggine».

Dal congresso Ds 2001 uscì segretario Piero Fassino, che aveva con sé D'Alema, Bersani e Napolitano. La mozione contraria era guidata da Giovanni Berlinguer, sostenuto da Veltroni (segretario uscente), Cofferati, Mussi e Salvi. Fassino prevalse col 61,8% contro il 34,1. Sergio Cofferati, il segretario Cgil, che portò tre milioni di persone al circo Massimo nel 2002, dice che non ha «mai sentito parlare di nulla del genere su quel congresso». Ma sul caso Penati ha almeno tre domande.

La prima: «Come è potuto accadere che pochi anni dopo Tangentopoli gli stessi meccanismi venissero ripristinati come se niente fosse?». La seconda: «Come è accaduto che chi vive in una stessa comunità abbia tollerato comportamenti dubbi o sospetti?». L'ultima: «Dove sono finiti i soldi di cui si parla? Ai singoli o all'organizzazione?».

Bisogna attendere il giudizio finale della magistratura e Cofferati distingue fra il centrodestra, dove «la corruzione si innesta su una caduta verticale dei valori» e il centrosinistra, dove «questa caduta non c'è». Ma la diagnosi, per lui, è chiara: «Una volta nei partiti l'unica dimensione era quella collettiva. Il partito si occupava delle campagne elettorali, della comunicazione, di ogni cosa. Ora tutto è molto personalizzato e gli anticorpi non sono sufficienti a evitare rapporti malati con la sfera economica».

Nemmeno Cesare Salvi, uscito dai Ds con Mussi nel 2007, ha «alcun elemento per confermare le accuse gravi» di Mussi. Salvi con Massimo Villone ha scritto un classico sulla «casta», Il costo della democrazia. Spiega: «La politica che interviene nel settore pubblico comprando autostrade o interessandosi a banche, è sbagliata».

Secondo Salvi, dopo la fine del Pci, alla Bolognina (1989), il richiamo ideologico divenne una remora, il tema dell'etica politica fu messo da parte: «Esempio pratico: un assessore che fosse venuto in sezione col Rolex al polso, nel Pci e ancora nel Pds sarebbe stato cacciato».

Fassino, il segretario eletto nel 2001 e in sella fino allo scioglimento dei Ds nel Pd, ritiene «offensiva» l'ipotesi di Mussi sul congresso di Pesaro. E proprio ieri, a Pesaro, Luigi Berlinguer, presidente della Commissione di garanzia del Pd, ha lanciato «una sfida»: «Proponiamo una legge che dia il finanziamento pubblico solo ai partiti che adottino uno statuto democratico e mettano un tetto ai loro costi. Nel Pd anticiperemo unilateralmente alcune regole: trasparenza sulle spese elettorali e stretta sulle incompatibilità dei doppi ruoli».

Nel partito e nel suo ruolo democratico crede fermamente Massimo D'Alema. Giovedì, sulla piazza del Popolo a Pesaro, aveva attaccato l'idea che il capitalismo potesse governare senza partiti e l'ipotesi di un nuovo «cavaliere bianco», un Berlusconi buono. Ieri ha chiarito che non si riferiva in alcun modo ad Alessandro Profumo, ex ad di UniCredit, che ha manifestato recentemente interesse per l'impegno politico.


2- «NON SEI UN QUAQUARAQUÀ» - L'INTESA PODESTÀ-BINASCO SUGLI AFFARI DELLA PROVINCIA
Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per il Corriere della Sera


Chi influenza le strategie della Provincia di Milano per le società partecipate nel settore delle autostrade? L'imprenditore privato Bruno Binasco, il top manager del gruppo Gavio. E non anni fa, all'epoca dell'amministrazione di centrosinistra di Filippo Penati, con il quale Binasco è indagato ora a Monza per una ipotesi di corruzione dietro la vendita nel 2005 alla Provincia del 15% dell'autostrada Milano-Serravalle, a un prezzo molto alto fruttato una plusvalenza di 179 milioni di euro.

Ma oggi, con l'amministrazione di centrodestra del presidente pdl Guido Podestà. Al punto che, stando ai riassunti delle intercettazioni di Binasco nell'estate 2010, l'imprenditore privato, detentore di partecipazioni maggioritarie nelle società in questione, «ha avuto un ruolo strategico nell'operazione» di vendita per 19,5 milioni di euro alla «Tem-Tangenziale esterna milanese» la vigilia di Natale 2010 del 6,25% della Cisa Parma-La Spezia in mano alla Provincia.

La Provincia aveva l'urgenza di «fare cassa entro il 31 dicembre 2010» per rientrare nel patto di stabilità, almeno 20 milioni dalla vendita di quel pacchetto azionario senza mercato (l'84% è del gruppo Gavio). Ed è Binasco che «indica al presidente della Provincia chi debba essere l'acquirente delle azioni»: la Tem, di proprietà in larga parte pubblica.

Tanto che, quando va in porto l'operazione (non oggetto di addebiti penali, ma rivelatrice per la GdF del ruolo di Binasco), Podestà ringrazia l'imprenditore che gli ha risolto un grosso problema: «Podestà dice a Binasco che prima di tutto voleva ringraziarlo, e poi confermare che a questo mondo ci sono uomini, ominicchi e quaquaraquà. Binasco ride e poi dice che devono vedersi a inizio anno, perché con certe persone non fanno molta strada. Podestà dice che lo farà volentieri, che è a sua disposizione e che l'intesa tra loro è tale che si può andare avanti».

Dopo che l'asta pubblica del 30 settembre è andata deserta, il 13 ottobre Antonino Princiotta (indagato a Monza per altro, ma qui consigliere della Cisa e sindaco di Tem spa) commenta con un collega che ormai «solo il gruppo Gavio, pur avendo già il controllo maggioritario, avrebbe potuto accaparrarsi le azioni»: non per ragioni imprenditoriali, ma «a titolo di "cortesia" nei confronti della Provincia di Milano».

In effetti da una intercettazione del 17 settembre con il presidente della Cisa, Giulio Burchi, si capisce che Binasco ha già avuto delle idee. E le ha fatte arrivare a Podestà.

Burchi: «Senti, forse lo sai già, ma se non lo sai io non te l'ho mai detto... Eh, stamattina Podestà ha detto che vorrebbe far comprare le azioni della Cisa dalla Serravalle».
Binasco: «E meno male, ha capito finalmente».
Burchi: «Comunque tu non sai un cavolo».
Binasco: «E lo so, gliel'ho scritto io su un appunto! Meno male, va!».
Burchi: «Ecco, allora fa quello che dici tu...»
Binasco: «No, quel che è giusto!».

Solo che il privato Binasco è disposto a offrire 2,60 euro ad azione, prezzo che alla Provincia sta stretto. Allora «Binasco suggerisce a Podestà di trasferire le azioni alla Tem», in larga parte pubblica visto che il 15% è dell'Asam (la holding della Provincia stessa), il 32% è della Milano-Serravalle (a sua volta controllata per più della metà dall'Asam), il 32% è di Autostrade per l'Italia, l'8% a testa di Autostrade Lombarde e Torino-Alessandria, il 5% di Banca Intesa.

Nel dipanarsi delle telefonate, «Binasco spiega a Podestà la sua strategia e lo rassicura di aver già dialogato con i vari attori coinvolti, e cioè gli altri soci di Tem, in particolare Banca Intesa, Brebemi e Serravalle, in modo da raggiungere i due terzi dell'assemblea e superare eventuali ostruzionismi di Autostrade per l'Italia».

In un passaggio compare anche il banchiere e presidente di Impregilo, Massimo Ponzellini, che l'8 ottobre spiega a Binasco di aver saputo da Podestà che ci sarà una riunione con i vertici della Milano-Serravalle: «Vorrei venirci anch'io (...) Se mi presento con te, facciamo padella?».

Alla GdF, peraltro, il passaggio di azioni Cisa appare «solo il primo passo di un più ampio disegno già ben definito tra il presidente Podestà e Binasco», che il 14 ottobre a un interlocutore dice di Podestà: «I due progetti, il mio Tem e il suo più grande, possono andare avanti assieme e alla fine unirsi».

A supporto dell'idea «che Podestà e Binasco abbiano intrapreso la pianificazione di future strategie imprenditoriali», la GdF segnala che «in luglio il cda della Milano-Serravalle, presieduto da Podestà, ha incrementato di una unità il numero dei suoi membri, consentendo in tal modo l'ingresso nel consiglio proprio a Binasco»; valorizza l'intercettazione del 13 ottobre nella quale l'amministratore di Tem, Fabio Terragni, dice a Binasco che gli sembra «che lui (Podestà, ndr) si fidi molto delle tue soluzioni»; e sottolinea un sms nel quale il 19 ottobre la manager delle relazioni istituzionali di Milano-Serravalle scrive a Binasco: «Per favore mi porti lo schema che hai dato a Podestà e di cui parleremo domani?».

Il 24 dicembre 2010 la Tem compra il 6,25% della Cisa pagando alla Provincia 19,5 milioni. L'ampiamente pubblica Tem sborsa dunque per azione non i 2,60 euro per azione ai quali era disposto ad arrivare il privato Binasco, ma 3,74 euro. «Si segnala - osserva la GdF - che il 4 gennaio 2011», cioè dopo pochi giorni, «la Provincia di Mantova ha pubblicato il bando di vendita» delle sue 60 mila azioni Cisa «a un prezzo di base d'asta di 2,67 euro».

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