50 SFUMATURE DI DSK: “MI PIACE IL SESSO RUDE, MA NON SAPEVO CHE FOSSERO PROSTITUTE. LE MIE PRATICHE SESSUALI, CHE PIACCIANO O NO, NON RIGUARDANO IL TRIBUNALE’’ ”
1. STRAUSS-KAHN SI SFOGA: ORA BASTA - L’AMMISSIONE: SÌ, SONO RUDE CON LE DONNE, MA NON C’ENTRO CON LA PROSTITUZIONE
Paolo Levi per “la Stampa”
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«Si, penso di avere una sessualità più rude rispetto alla media degli uomini»: nel processo al tribunale di Lille per sfruttamento aggravato della prostituzione, Dominique Strauss-Kahn replica così alle accuse di Jade e Mounia, le due escort costituitesi parte civile e che hanno parlato di rapporti «brutali, contro natura», con l’ex direttore del Fmi.
In questo secondo round di audizioni, l’ex stella della sinistra francese - gettonatissimo per la corsa all’Eliseo del 2012, prima di cadere in disgrazia per le accuse di stupro a New York - ha poi ammesso di essersi scusato, nel periodo delle indagini preliminari, con una delle due donne, Jade, perché aveva capito «quanto quel rapporto l’avesse sconvolta», cosa di cui «non mi ero accorto sul momento».
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In ogni caso, ha puntualizzato Dsk, «le mie pratiche sessuali, che piacciano o no, non riguardano il tribunale». Certo, «penso di avere una sessualità più rude della media degli uomini. Ma ho avuto gli stessi rapporti sessuali con diverse donne. Alcune possono trovarlo rude, altre possono apprezzarlo. Ma tutto questo non ha niente a che fare con la prostituzione». Poi lo sfogo: «Ora comincio ad averne abbastanza».
Il punto, ripete la difesa, non è il buon gusto o il voler andare al di là dei limiti, ma la configurazione del reato: sfruttamento aggravato della prostituzione, quello per il quale Strauss-Kahn rischia 10 anni di carcere e una multa da 1,5 milioni di euro.
«Non potevo sapere»
Come nella prima udienza di martedì, l’economista di 65 anni è tornato a ripetere che «non poteva sapere» si trattasse di prestazioni a pagamento. Anche perché lui non ha mai cacciato un euro e quelle prestazioni gli venivano offerte a sua insaputa dall’amico Fabrice Pazskowski e dall’imprenditore David Roquet, che volevano così ingraziarsi uno degli uomini più potenti del pianeta.
STRAUSS KAHN GUARDA IL PACCO DI HOLLANDE COME A CHIEDERE QUAL E IL SUO SEGRETO
Ieri, i giudici si sono concentrati su alcuni dei festini a luci rosse. C’è quello al Club Tantra, perso nella campagna del Belgio, a cui Strauss-Kahn ha partecipato insieme ad una quarantina di persone.
I «festini»
La nottata finirà con Jade, all’Hotel Amigo di Bruxelles, dove Dsk aveva un appuntamento di lavoro. E poi altre serate a Washington, a due passi dal suo ufficio. Ogni volta lo stesso scenario: gli uomini si ritrovano insieme, cenano, bevono e discutono un po’, poi cominciano i rapporti tra Dsk e le ragazze presenti. «Mai e poi mai ho chiesto che venissero organizzate serate unicamente per me», ha assicurato lui, spiegando di non aver mai avuto l’impressione di essere «il perno» di quegli incontri e «ancor meno l’istigatore».
Tra le prove della difesa, c’è anche una foto che lo ritrae insieme a Jade, nel suo ufficio dell’Fmi a Washington. Lo scatto, che era circolato ampiamente sulla stampa, secondo Strauss-Kahn e i suoi legali proverebbe che l’uomo non sapeva che si trattasse di una prostituta. Altrimenti, argomentano, non avrebbe mai permesso che fosse scattata.
2. PROCESSO STRAUSS KAHN - LA GOGNA MEDIATICA DELL’ULTIMO LIBERTINO
Emanuele Trevi per il “Corriere della Sera”
Più passa il tempo, più provo simpatia per Dominique Strauss-Kahn, il vecchio satiro sporcaccione sempre alla gogna, sempre minacciato da ulteriori rivelazioni sulla sua vita scandalosa e nuovi processi. Spero che se la caverà. Sono tra coloro che pensano che mai un uomo o una donna dovrebbero essere messi alla sbarra, se adulti e consenzienti, per aver comperato o venduto piacere sessuale, organizzando festini o qualunque altra cosa volessero fare.
E per togliere di mezzo l’ipocrisia, aggiungo che se qualcuno si incarica di organizzare uno di questi festini, la legge non ci dovrebbe vedere nessun male, perché ogni commercio umano si avvale di mediatori, e appunto di organizzatori. Poi, è ovvio, esistono l’opinione pubblica, l’opportunità di svolgere un ruolo ufficiale, e un’infinità di altre complicazioni e di sfumature, comprese le celebri sfumature di grigio.
Ma cosa significa esattamente questo processo che, comunque vada, sarà ricordato e farà da esempio? Indossando i nobili ma vetusti panni del «libertino», DSK ha scelto di farne una specie di battaglia di cultura, ma la strategia, alla luce dei tempi che corrono, mi sembra poco meno che suicida. Non sono tempi felici per il libertino. Nel suo duello con la società, che dura da secoli, qualche simpatia palese o segreta riusciva sempre a guadagnarsela. Eppure, la sua era una sfida mortale.
Ridotto all’essenza, il libertino è un individuo che assegna al piacere un ruolo esistenziale che altri non sono in grado o non vogliono assegnargli. In questo senso il libertino è un anarchico, un sovversivo, uno che mette sul trono della realtà qualcosa che non dovrebbe starci, che nessuna ideologia politica o tradizione religiosa approverebbe. La sua sconcertante e variopinta figura attraversa la Storia come un’anomalia, una possibilità, un sogno ad occhi aperti che mina i fondamenti stessi della società.
La società è il perfetto contrario del libertino: esiste in virtù di una regolamentazione, di un addomesticamento del piacere, e del senso di virtù che ne deriva. Non è che la società voglia produrre monaci che si ritirano nel deserto scambiando le donne per diavoli. Ma elabora un modello di vita affettiva e di piacere sessuale molto stabile, fondamentalmente monogamico, nel quale molto spesso la fedeltà usurpa i diritti della felicità. Fuori dal cerchio magico della coppia, si è sempre guardati con sospetto.
La felice poligamia del libertino è interpretata alternativamente come un affronto, o una malattia. Ma la posizione di DSK si aggrava quando alla sua conclamata mancanza di una moralità sociale si aggiunge il fatto di essere ricco di suo, e di aver maneggiato soldi in quantità inconcepibili ai profani. Come il suo archetipo, l’aristocratico Don Giovanni, l’ex direttore del Fondo monetario internazionale ha fatto del suo stesso prestigio un terreno di caccia, uno strumento di seduzione.
Strauss Kahn Diario di una donna delle pulizie
Magari di tanto in tanto avrà pensato di ravvedersi, magari si è sempre accettato per quello che è: fatto sta che la sua natura ha sempre prevalso non solo sul buon senso, ma anche sul decoro che appare connaturato a certe responsabilità e a certi mestieri. Fate nascere un uomo del genere nell’epoca dell’indignazione e della superiorità morale sbandierata come argomento politico, e avrete il bersaglio di tutti i rancori, un capro espiatorio così perfetto che sembra partorito dai cartoni animati più che dalla realtà umana.
Ma proprio perché DSK è un uomo finito, è legittimo chiedersi: è più pericoloso lui o un tribunale che non potrà evitare, nelle sue decisioni, che l’ombra lunga del giudizio morale si intrufoli nel codice penale, che dovrebbe essere fedele a criteri ben diversi?
Con DSK, a subire una condanna sarebbe un certo tipo d’uomo, che può anche fare schifo come a me è simpatico. Ma quando una sentenza ratifica un giudizio morale, allora sì che bisogna preoccuparsi, perché la giustizia sta perseguendo un sogno intollerabile di sacrificio e di purificazione collettiva. Un desiderio che Philip Roth ha giustamente definito «ripugnante».