QUEL CHE NASCE A MILANO, RESTA A MILANO - IL TRIBUNALE DEL RIESAME CONFERMA IL CARCERE PER DACCÒ E SIMONE (“PERICOLO CHE RIPARINO ALL´ESTERO PER CANCELLARE FONTI DI PROVA”) E HA RESPINTO LA RICHIESTA DEI LEGALI DI TRASFERIRE LA COMPETENZA A PAVIA - GLI ILLECITI SI SONO CONCRETIZZATI IN LOMBARDIA: “DACCÒ SVOLGEVA L’ATTIVITÀ DI FACILITATORE DI CONTATTI TRA SOCIETÀ E ORGANI TERRITORIALI. SIMONE ERA PRESENTE ALLE RIUNIONI”…

Davide Carlucci per "la Repubblica"

Antonio Simone e Pierangelo Daccò devono restare in carcere perché c´è «pericolo che riparino all´estero per alterare o cancellare ulteriori fonti di prova». Lo scrivono i giudici del tribunale del Riesame di Milano nel motivare il rigetto della richiesta di scarcerazione presentata dai legali dei due faccendieri arrestati con l´accusa di aver distratto all´estero oltre 70 milioni di euro che la fondazione Maugeri ha versato loro come compensi per le loro «consulenze».

Ed è proprio su questo punto, che i giudici insistono quando respingono la richiesta degli avvocati Gian Piero Biancolella e Giuseppe Lucibello di trasferire la competenza a Pavia, dove ha sede il colosso della sanità privata. È «a Milano» che «Daccò svolgeva la sua attività di facilitatore di contatti tra le società e organi territoriali e amministrativi». Nel capoluogo lombardo, sede della Regione, anche «Simone era presente e attivo tanto da partecipare a riunioni operative e incontri».

Ed è a Milano che è nato, alla fine degli anni Novanta, lo speciale rapporto che legava Daccò, amico intimo, come Simone, del governatore Roberto Formigoni, alla clinica: «La predisposizione del contratto di consulenza tra Daccò e i vertici della fondazione Maugeri (...) non può che essere conseguente agli incontri e alle deliberazioni intervenute dopo che i legali rappresentanti della Fondazione avevano raggiunto un´intesa con Daccò e gli altri sodali per officiarli delle consulenze finalizzate a risolvere il contenzioso che vedeva come oggetto un rimborso di altri 20 miliardi di lire».

Daccò, insomma, veniva pagato per la sua capacità di far arrivare soldi in più dalla Regione. Ed è qui, secondo il Riesame, che la cricca della sanitopoli lombarda ha tessuto la sua ragnatela: «L´invio del contratto alla sede della fondazione, in Pavia, costituiva solo un dato susseguente alle decisioni assunte alle deliberazioni programmatiche che avevano avuto altrove, in Milano, la fase costituiva e ideativa dell´organismo associativo».

Del resto, «a Daccò è stata contestata anche l´ipotesi delittuosa relativa alla fatturazione di operazioni inesistenti, che l´indagato ha contestato affermando che i contratti erano falsi ma le prestazioni vere». E queste prestazioni consistevano «per sua stessa ammissione in attività di consulenza e di facilitatore di contatti con funzionari e persone che ricoprivano ruoli pubblici in enti territoriali».

È accolta, in pieno, così, la tesi sostenuta dai pm Antonio Pastore e Laura Pedio, che indagano con i colleghi Luigi Orsi e Gaetano Ruta - e con il coordinamento del procuratore aggiunto Francesco Greco - sullo scandalo dei finanziamenti fasulli elargiti dalla clinica al gran cerimoniere dei viaggi in barca e in aereo del presidente.

Per uno di questi viaggi, quello da 100mila euro a Saint Marteen nel Capodanno 2011, sono stati interrogati nei giorni scorsi i due piloti del jet privato preso a noleggio dalla società Alba. Al volo, secondo l´interrogatorio reso da Daccò il 19 maggio, avrebbero partecipato Formigoni, il suo convivente (in quanto memor domini) Alberto Perego e altri amici. E i due testimoni avrebbero confermato, almeno in parte, i ricordi di Daccò.

 

formigoni_e antonio simoneRoberto Formigoni ospite a bordo dello yacht di Piero Dacco FORMIGONI SULLO YACHT DI PIERO DACCO ALBERTO PEREGO jpeg

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