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TIRI MANCINI - IL TECNICO DELL’INTER ALLA SBARRA TRA DISATTENZIONI E GAFFE: “GLI ASSEGNI NON GIRATI? FACCIO UN ALTRO LAVORO, È TUTTO TROPPO TECNICO PER ME…” - LA SVISTA PIU’ CLAMOROSA? QUANDO DICE DI AVER GIOCATO CON LA ROMA...

MANCINIMANCINI

Giulio De Santis per “roma.corriere.it”

 

Un errore da cartellino rosso lo commette di sicuro sui ricordi della sua carriera. «Quando giocavo con la Roma e con la Lazio, conobbi Marco Mezzaroma». Svista colossale quella di Roberto Mancini, che non ha mai vestito la maglia giallorossa,e anzi è stato una storica bandiera biancoceleste prima in campo e poi in panchina.

 

Anche il resto dell’interrogatorio reso in udienza preliminare dall’allenatore primo in classifica - imputato per bancarotta fraudolenta da un milione e 800 mila euro della Img Costruzioni - sembra un puzzle di (apparenti) distrazioni.

 

Ingenuità (apparenti)

La prima: «Mai sentito parlare della Img» chiarisce Mancini a domanda specifica del suo avvocato Carlo Longari. La seconda disattenzione ha invece radici più antiche: «Ho affidato le mie cose extracalcistiche nel 1994 all’avvocato Stefano Gagliardi (arrestato nel 2011 per una bancarotta fraudolenta ndr.), nel 1989 fu anche testimone di nozze di mia moglie.

 

MANCINIMANCINI

Curava le mie cose extracalcistiche, avevo totale fiducia in lui, io avevo il mio lavoro a cui pensare. Mi fece creare la società Camilla, che poi partecipò al capitale della Mastro (coinvolta nel fallimento della Img di cui è accusato Mancini con Marco Mezzaroma, ex marito dell’onorevole Mara Carfagna e Gagliardi).

 

Però, dopo il 2008 quando finì il mio rapporto con l’Inter, ero a casa, a non fare nulla per la prima volta in trent’anni, così iniziai a fare un po’ di conti e venne fuori che c’erano due appartamenti comprati e poi venduti a mia insaputa, uno a seicentomila euro, di cui non mi erano mai stati dati i soldi.

 

Gli assegni non girati

mancini amancini a

Mi accorsi che Gagliardi aveva una procura generale a fare qualsiasi cosa, datagli da mia moglie a mia insaputa». Dopo quell’amara scoperta, come ricorda Mancini, è costretto a fare ordine tra le sue cose: «Revocai la procura all’avvocato, mi intestai tutte le quote della società Camilla nel 2009.

 

Mia moglie era l’amministratrice e le revocai l’incarico». Ed ecco un’altra disattenzione di Mancini: «A maggio del 2009 Gagliardi mi disse di passare a prendere assegni per un valore di 72 mila euro che erano gli utili della Mastro. Siccome dovevo dei soldi a Marco Spendolini che stava facendo dei lavori per un appalto della casa che comprai ai miei genitori, con lavori per 4 milioni di euro mi sembra. Presi quindi gli assegni del valore di 72 mila euro e li detti a Marco Spendolini».

 

FEDERICA MORELLI E ROBERTO MANCINIFEDERICA MORELLI E ROBERTO MANCINI

Ed è a questo punto che Mancini avrebbe commesso un’altra distrazione: non girò gli assegni. Quando il pm gli ha domandato il perché, ecco come risponde l’ex numero dieci di Lazio e Sampdoria: «Non mi è venuto in mente di girarli». Distrazione che è costata a Spendolini l’imputazione per riciclaggio presso la filiale di Jesi della Banca Popolare di Ancona dei sei assegni con lo scopo, secondo la procura, di schermare la reale origine del denaro.

 

«Tutto troppo tecnico»

Ma le sviste del coach sembrano non finire qui, almeno secondo il pm Fava che gli avanza pure la seguente contestazione: il mister dell’Inter non avrebbe dovuto utilizzare quei soldi per scopi personali perché, essendo denaro della Camilla, aveva bisogno di una delibera: «Faccio un altro lavoro – risponde Mancini – lo so che lei ha ragione, ma è tutto troppo tecnico per me…». Gagliardi si è difeso in udienza, sostenendo che «tutti sapevano che gli assegni circolari che ci eravamo suddivisi erano ricavi in nero della Mastro srl. La società si è servita della Img Costruzioni srl esclusivamente per abbassare le imposte».

 

MANCINIMANCINI

Su un punto l’attuale allenatore dell’Inter non ha avuto incertezze durante la sua deposizione ed è successo quando gli è stato chiesto quanto guadagnava nella sua prima esperienza in neroazzurro: «Avevo un contratto di sei milioni di euro all’anno netti».

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