Andrea Montanari per “Milano Finanza”
Il mercato americano è la nuova frontiera del business di Danone , che intende incrementare dal 12 al 22% la percentuale di giro d’affari prodotta Oltreoceano. Per questo, il gruppo francese, che ha chiuso il 2016 con un fatturato consolidato di 21,94 miliardi e un utile netto di 1,72 miliardi, lo scorso anno ha messo a segno la più grande acquisizione dell’ultimo decennio, mettendo sul piatto la cifra record di 10,4 miliardi di dollari per assicurarsi Whitewave, azienda da quasi 4 miliardi di ricavi e specializzata in prodotti lattieri biologici, di originale vegetale e vegani (ossia i brand Alpro, Vega, Silk e So Delicious).
Un vero cambio di strategia da parte del big transalpino guidato dall’amministratore delegato Emmanuel Faber che sta rivedendo la propria strategia puntando soprattutto sul concetto di salute e nutrizione, con i marchi Mellin e Milupa. Ed è all’interno di questo nuovo piano, che traghetterà la nuova Danone al 2020, che i vertici societari hanno deciso di rivedere il perimetro di parte delle loro attività negli States.
Perché, come annunciato nella tarda serata di venerdì scorso dallo stesso top manager Faber, il big transalpino degli yogurt e dell’acqua (a marchio Evian e non solo) ha avviato la procedura per la messa in vendita di Stonyfield, quello che viene considerato nel settore alimentare il braccio biologico d’Oltreoceano del gruppo europeo (ha la leadership di settore negli States) e che oggi occupa il terzo gradino del podio nella classifica di produttori di yogurt nel mercato a stelle e strisce.
Questo passaggio, sostengono in Francia, è fondamentale per poter definire l’acquisizione di Whitewave e non incorrere in paletti, stop o sanzioni da parte delle autorità americane, in particolare dell’Antitrust. E così Danone, per valorizzare al massimo la costosissima acquisizione (che garantirà un apporto in termini di utile operativo di 300 milioni a fine piano, ossia il 2020), ha deciso di dire addio a Stonyfield, azienda fondata nel New Hampshire nel 1983 e gradualmente rilevate dal colosso francese.
Danone, infatti, nel 2001 entrò al 40% nel capitale di Stonyfield per poi salire all’85% nell’arco di due anni. Una escalation che ha portato poi nel corso degli anni è espandere la presenza dei prodotti della società made in Usa (latte, yogurt, succhi e prodotti alimentari per i bambini) anche in Canada e, in Europa, prima in Francia e poi in Inghilterra e infine in Irlanda. Un modo per consolidare la presenza del marchio Stonyfield oltre i confini americani e per rafforzare la percentuale di business garantito dal bio.
Il marchio in vendita, secondo gli analisti del settore food ha un giro d’affari di 370 milioni di dollari e, applicando i multipli di mercato, può arrivare ad aver un enterprise value superiore ai 700 milioni di dollari. E tra i potenziali pretendenti all’asset messo in vendita da Danone c’è un big del business del beverage che studia con particolare attenzione il dossier: si tratta di Coca Cola, il numero 1 mondiale nel settore delle bibite con un giro d’affari consolidato di 41,86 miliardi e profitti per 6,55 miliardi.
Da tempo, il famoso brand delle bibite gassate ha diversificato cercando anche su by-passare le rigide normative americane sulla salute. E così il boccone Stonyfield farebbe particolarmente al caso del colosso presieduto e guidato da Muhtar Kent. Dopo che almeno un paio d’anni fa era stata la rivale PepsiCo a sondare il terreno con Danone per le stesse attività bio.
Ma, incrociando le rinnovate strategie industriali di Danone e Coca Cola, secondo fonti del settore interpellate da MF-Milano Finanza, tra le due aziende potrebbero scattare deal ancor più rilevanti. Partendo magari da un complessiva ridefinizione dei progetti sul mercato d’Oltreoceano, ma senza trascurare altree aree geografiche quali magari l’Europa, dove almeno per il gruppo francese magari alcuni Paesi sono diventati meno strategici.