1- BUSI ALDISSIMO! “SI RASSEGNINO CUCCHI, ONTANI, CATTELAN: IL PIÙ GRANDE ARTISTA VIVENTE ITALIANO È GABRIELE PAOLINI, IL PERFORMER DISTURBATORE CHE RIESCE A DARE UN SENSO DI INFORMAZIONE OGGETTIVA ANCHE AI TELEGIORNALI DI EMILIO FEDE E DELLA RAI” - 2- “GUARDARE UN TG SIGNIFICA ASPETTARE CHE FACCIA IRRUZIONE PAOLINI DA DIETRO IL CRONISTA, SE LUI NON ARRIVA A DARE UNA QUALCHE SIMMETRIA ALLE IMMAGINI ARMONIZZANDOLE CON I SUOI SGUARDI STRALUNATI ALLA HAROLD LLOYD, SPENGO DELUSO” - 3- “È INCONTROVERTIBILE: I CRONISTI MUOIONO ALL'ALBA UNO DOPO L'ALTRO, TALVOLTA ANCORA IN VITA, E CE LI DIMENTICHIAMO COME MOSCERINI SUL PARABREZZA, PAOLINI RIFULGE NELLA MEMORIA A ICONA IMMORTALE, COME LA MANO DI NAPOLEONE INFILATA NEL PANCIOTTO”

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IN LODE DELL'ITALICO ARCANGELO GABRIELE VENDICATORE
Aldo Busi per Dagospia

aldo busialdo busi

Si rassegnino Cucchi, Ontani, Cattelan, Penone, Clemente, Dario Ballantini: il più grande artista vivente italiano è Gabriele Paolini, il performer disturbatore che riesce a dare un senso di informazione oggettiva anche ai telegiornali di Emilio Fede e della Rai, di spirito non di patate anche ai film turistico-metropolitani di Woody Allen e di accettabile santità anche a Wojtyla.

Io ho avuto l'onore di essere interrotto da lui una decina d'anni fa durante un mio pubblico incontro al Salone del Libro di Torino in cui, per ravvivare lo spirito mosciosissimo di un migliaio di convenuti dormienti a causa dei precedenti interventi di personaggi della cultura nazionale e perciò digestiva, cominciai a sparare condizionali invece di congiuntivi almeno per essere deriso e fargliela pagare, finché lui non venne in mio soccorso.

GABRIELE PAOLINIGABRIELE PAOLINI

Purtroppo, vedendosi accolto a braccia aperte forse per la prima volta in vita sua, rimase senza parole e si allontanò mogio mogio e non ci fu verso di richiamarlo indietro perché desse anche a me il mio quarto d'ora di gloria immeritata.

Per me, guardare un telegiornale significa aspettare che faccia irruzione Paolini da dietro il cronista di piazza, se lui non arriva a dare una qualche simmetria alle immagini armonizzandole col suo bel nasino dadaista e la sua criniera scomposta così Bloomsbury e i suoi sguardi di occhialuta stralunatezza alla Harold Lloyd e partono i servizi interni alla redazione, spengo deluso: se non è successo niente a me, vuol dire che non è successo niente per nessuno.

GABRIELE PAOLINIGABRIELE PAOLINI

E' incontrovertibile: i cronisti muoiono all'alba uno dopo l'altro, talvolta ancora in vita, e ce li dimentichiamo come moscerini sul parabrezza, Paolini rifulge diuturnamente nella memoria a icona immortale, come la Sfinge egizia o la mano di Napoleone infilata nel panciotto.

GABRIELE PAOLINIGABRIELE PAOLINI

Se Gabriele Paolini, le cui performance fanno impallidire quelle di tutti gli altri, da Joseph Beuys a Marina Abramovic a Ontani e Ballantini stessi, decidesse di concretizzare in qualche manufatto paolinico la sua artisticità contemporanea senza uguali in Occidente e esistesse un gallerista in Italia davvero Massimo e che non fosse quindi una mummietta dipendente dal do-ut-des di piccolo cabotaggio pubblicistico di FlashArt o dell'inutile e ormai deleteria partecipazione alla Biennale di Venezia - la cui prossima edizione, se davvero assegnata alla direzione di Giulio Malgara, che sta all'arte come io agli acquisti a rate, rischia di essere fatale per ogni raccomandato esposto, al ludibrio, addirittura più della precedente firmata da Sgarbi per il Padiglione Italia -, sarebbe un trionfo internazionale e un'occasione per il Paese di ringiovanire la sua immagine di paolina e sistemica senescenza anche nelle arti, ormai tutte di mestiere, concomitante al più vecchio.

GABRIELE PAOLINIGABRIELE PAOLINI

Basta guardare i filmati su Youtube e il suo sito per rendersi conto chi è il vero disturbatore della pubblica frottola tra Paolini e il predicatore d'ufficio che gli si precipita a fianco per essere fotografato insieme: perché questo è quanto si deduce di volta in volta, fino a fare Storia, a predicatore d'ufficio morto e sepolto nei suoi stessi pixel.
Aldo Busi

 

 

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