1- SIETE SORPRESI DEL LAZIO-GATE? TROVATE PAZZESCO O SQUALLIDO BATMAN FIORITO? BENE, FRA UNA SETTIMANA SARA’ IN LIBRERIA L’AUTO-BIOGRAFIA DI PAOLO GUZZANTI CHE, TRA TANTI EPISODI DA URLO, SCODELLA IL RETROSCENA DEL CELEBRE “A’ FRA’ CHE TE SERVE” - 2- “A’ GUZZA’” SPIEGÒ, “TE DEVI PRIMA DE TUTTO METTE IN TESTA CHE QUA AVEMO RUBBATO TUTTI. AVEMO DATO SORDI ILLEGALI A TUTTI. AVEMO FORAGGIATO LE CORRENTI, L’OMMINI POLITICI, AVEMO SEMPRE E GRAZI’A DIO FATTO COME CAZZO CE PARE. HAI CAPITO, GUZZA’? TUTTI, AVEMO RUBBATO. DAR PRIMO ALL’URTIMO. ER PIÙ PULITO CIÀ LA ROGNA” - 3- ECCO, ALLORA, VEDI UN SEGRETARIO, UN CAPOCORRENTE E JE CHIEDI: “AOH, A’ COSO, COME TE CHIAMI, CHE TE SERVE? DU’ MIJONI? CINQUE? VENTI? E CHE PROBLEMA C’È? ECCO L’ASSEGNO. A’ FRA’ CHE TE SERVE? DIMMELO CHE T’ARISORVO ER PROBBLEMA…” -

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Dal nuovo romanzo di Paolo Guzzanti, Senza più sognare il padre, il libreria per Aliberti editore da lunedì prossimi

PAOLO GUZZANTI AL BAGALINOPAOLO GUZZANTI AL BAGALINO

A' FRA' CHE TE SERVE, IL RETROSCENA
La segreteria di redazione mi fissò per quel giorno stesso l'appuntamento nello studio di Evangelisti in via Zanardelli. Ma essendo io proverbialmente distratto confusi via Zanardelli con una remota via Zanichelli, una strada scampagnata alle porte di Roma, sicché chiusi la giornata in un paesaggio agreste e crepuscolare accompagnato dai grilli e dal latrare dei cani.

PAOLO GUZZANTI AL BAGALINOPAOLO GUZZANTI AL BAGALINO

Bussai anche alla porta dei contadini dell'unico casolare con un numero civico di via Zanichelli e quelli mi garantirono di non aver mai sentito parlare di Evangelisti ma m'invitarono a bere un bicchier di vino per accompagnare la caciotta romana fresca con pane appena sfornato. Rifocillato, tornai alla base e l'appuntamento fu spostato al giorno successivo nella stanza di Evangelisti.

Fui accolto all'ingresso del palazzo con insolita deferenza dallo staff del ministro e scese a prendermi lo stesso Evangelisti in maniche di camicia - era la prima volta che lo incontravo - che mi afferrò per un braccio e mi portò dandomi subito del tu, nel suo stanzone dal mobilio fascista che sembrava un quadro di De Chirico. Ne seguì una conversazione in romanesco greve, l'unica lingua che Evangelisti maneggiasse con disinvoltura e che devo dunque trascrivere con l'opportuna fonetica.

PAOLO GUZZANTIPAOLO GUZZANTI

Esordì: «A' Guzza', méttete a séde. Prima de tutto: come sta papà? Lo sai, sì, che tu' padre è amico de Giulio, vero?» Rabbrividii: l'amicizia di mio padre e di mia madre con Andreotti mi era ben nota, ma il tono mi indispose.
Evangelisti proseguì peggiorando la situazione: «A' Guzza', ce lo sai, sì, che Scalfari te stima? Te lo posso garanti'. Io j'ho detto: "A' Eugge', chi me manni pe' st'intervista delicata?" E lui m'ha risposto: "Te manno Guzzanti, mica 'no stronzo quarziasi". Hai capito? Scarfari cià stima de te».

Ritratto di Paolo Guzzanti da La StampaRitratto di Paolo Guzzanti da La Stampa

Ero livido. Tirai fuori penna e taccuino.
Evangelisti mi fulminò: «E mo' che fai? Scrivi? Chiudi subbito quer quaderno. Te lo dico io quann'è er momento de scrive. Prima te devo spiega' er brecche graunde [background, retroscena, nda] e poi, co' commodo, scrivemo l'intervista». Quello "scrivemo" al plurale mi fece andare il sangue alla testa.

Ma strinsi di nuovo i denti e ascoltai la sua confes¬sione memorizzando come un registratore: «A' Guzza'» spiegò, «te devi prima de tutto mette in testa che qua avemo rubbato tutti. Avemo dato sordi illegali a tutti. Avemo foraggiato le correnti, l'ommini politici, avemo sempre e grazi'a dio fatto come cazzo ce pare. Hai capito, Guzza'? Tutti, avemo rubbato. Dar primo all'urtimo. Er più pulito cià la rogna. Ecco, allora, tu me dici: "Onorevole Evangelisti, che ce po' di', de sta storia dell'assegni". Scrivi: "Mbe'?" dico io, "ciavevo sti fondi a disposizione e co' Caltagirone andavamo a fa' visita nei partiti. Specie a la Democrazia cristiana, ma anche all'artri". Vedi un segretario, un capocorrente e je chiedi: "Aoh, a' coso, come te chiami, che te serve? Du' mijoni? Cinque? Venti? E che problema c'è? Ecco l'assegno. A' Fra' che te serve? Dimmelo che t'arisorvo er probblema..."

Paolo GuzzantiPaolo Guzzanti

Andavamo pure da Zaccagnini [Benigno Zaccagnini, soprannominato "l'onesto Zac", segretario della Dc, nda] e je dicevo: "A' Beni', che te serve?" Quello diceva un tot e ecco fatto... Hai capito, Guzza'? Hai afferato er concetto? Oh, mo' méttete commodo, e scrivi quello che io te risponno. L'assegni? Be' effettivamente occore ripristinare una certa trasparenza nel finanziamento de le forze politiche, indubbiamente er costo de la politica va affrontato e regolamentato... vabbè, poi te l'aggiusti tu co' parole tue, ma hai capito?

Paolo GuzzantiPaolo Guzzanti

Bisogna di' che er probblema c'è, sta a monte, ma che bisogna affrontallo senza pijasse p'er culo fra de noi, bisogna sta' coi piedi pe' tera, che tanto è 'n probblema che ciavemo tutti. Pure a Botteghe oscure annavamo [via delle Botteghe oscure, sede storica del Pci, nda]. Mica potemo fa' a chi fjio e a chi fijastra, no? Va', er resto o' scrivi come te pare che tanto hai capito tutto e sai come fa'.

Ah, 'na cortesia: io sto a partì pe' Bruccheselle, che ciavemo la riunione de li ministri de la ma¬rina mercantile de tutta l'Europa. Tu quann'hai finito da scrive, chiàmame a sto nummero e me leggi l'intervista, così stamo tranquilli tutti e due». E mi passò un foglietto col numero di Bruxelles.

andreotti giulioandreotti giulio

Passerai alla storia
Tornai a casa turbato, ma con lo scoop in tasca. Titolo provvisorio: Qua avemo rubbato tutti. Raccontai tutto a Sabina e Corrado, che avevano diciassette e quindici anni e che erano sbalorditi e divertiti: «La scriverai davvero così come ce l'hai raccontata?»
«Certo» dissi, «tale e quale».

GIULIO ANDREOTTI E FEDERICO FELLINI IN _VIAGGIO AL TERMINE DELL'ITALIA - FELLINI POLITICO_ DI ANDREA MINUZ (RUBBETTINO)GIULIO ANDREOTTI E FEDERICO FELLINI IN _VIAGGIO AL TERMINE DELL'ITALIA - FELLINI POLITICO_ DI ANDREA MINUZ (RUBBETTINO)

Andai alla macchina da scrivere e buttai giù l'intervista. Ora dovevo affrontare la parte più difficile: chiamare Evangelisti e leggergliela come promesso e come si usa nel buon giornalismo. Formai il numero di «Bruccheselle». Rispose lui in persona. Dissi soltanto: «Evangelisti, ec¬comi qua, ti leggo l'intervista».
E cominciai. Silenzio assoluto dall'altra parte. Si sentivano gli scatti della teleselezione, un ritmico clic clic clic. L'unico suono che mi tornava indietro erano quei clic e un respiro rauco.

Temetti che fosse caduta la linea: «Evangelisti? Sei sempre lì?»
Una voce d'oltretomba rispose: «A' Guzza', me stai ammazzando. Me stai a rovina', li mortacci tua. Ma che cazzo scrivi? Ma che, me vòi sottera'?»
Dissi: «Ho scritto né più e né meno di quello che mi hai detto». Feci ricorso alla retorica, ma dicendo quel che pensavo davvero: «Ministro Evangelisti, con questa intervista tu passerai alla storia».

GIULIO ANDREOTTI CON VITTORIO DE SICA E ALBERTO SORDI ALLA BEFANA DEI FIGLI DEI DIPENDENTI PUBBLICI NEGLI ANNI CINQUANTAGIULIO ANDREOTTI CON VITTORIO DE SICA E ALBERTO SORDI ALLA BEFANA DEI FIGLI DEI DIPENDENTI PUBBLICI NEGLI ANNI CINQUANTA

«Alla storia?» si informò il ministro.
«Sì, anche quando sarai morto, anche quando non ci sarà più nessuno di noi, si ricorderanno di te: Evangelisti fu l'eroe che per primo ha avuto il coraggio di dire: "Abbiamo rubato tutti". Ma ti rendi conto?»
Era solleticato dalla vanità.
«Passamo alla storia, dici?»
«Sei già nella storia. I primi giorni saranno un po' duri, ma poi sarai un eroe politico».
«Vabbè» fece lui. «Vedemo si è come dici tu».

Franco EvangelistiFranco Evangelisti

Portai l'articolo in redazione e scelsi un profilo bassissimo e distratto: hai visto mai, pensavo, che qualche zelante del compromesso storico mi castri l'intervista dandole la forma annacquata che voleva Evangelisti e facendomi apparire un suo complice? Depositai i fogli sul tavolo avvertendo che si trattava dell'articolo già concordato fra il direttore ed Evangelisti e che il testo era stato approvato dall'intervistato.

Ed effettivamen¬te Evangelisti aveva ottenuto, come era nel suo diritto, una modifica: non voleva che scrivessi che anche l'"onesto Zac", pompatissimo da «Repubblica» come un santo, prendeva la stecca come tutti gli altri. Il pezzo passò in tipografia dopo un'occhiata distratta e con un titolo banale. Fu collocato nella parte bassa della seconda pagina, il luogo meno visibile del primo sfoglio del giornale.
......

 

 

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