1- SENZA CACHET IN TELEVISIONE
Alberto Arbasino per \"la Repubblica\" - Vorrei soltanto informare che in tanti anni di professionismo (ne ho più di ottanta), mai ho ricevuto offerte dirette o indirette di compensi o cachet per qualsiasi partecipazione a qualsiasi programma culturale in qualsiasi rete tv grossa o piccola. Neanche un qualche «diritto di parola».
2- QUESTO INFINITO SHOW NON CHIAMATELA LIBERTÀ DI STAMPA
Editoriale del quotidiano \"Europa\"
Audience sicuramente pazzesca: scommettiamo ancor prima della messa in onda che Annozero avrà superato i cinque milioni. La compagnia di giro si affida ai personaggi fissi - Belpietro, Travaglio, De Gregorio, Mentana - ma poi c\'è la guest star che assicura il botto. E grazie alla goffaggine di Mauro Masi, Roberto Saviano si è ormai trasformato, da testimonial positivo e apolitico dell\'impegno intellettuale contro il crimine, in accusatore vivente delle ristrettezze mentali e delle velleità censorie del berlusconismo morente.
BELPIETROLa televisione si avvolge sempre più intorno a se stessa, produce virus e antivirus, mostri e cavalieri, vittime e carnefici. Nei titoli di testa dei giornali, dove una volta campeggiavano il dibattito politico e lo scontro sociale, ora si alternano Minzolini e Gabanelli, Santoro e Feltri, Fazio e Floris, Dandini e Vespa.
Nessuna sorpresa che il popolo, di destra e di sinistra, si sia ormai fatto declassare in pubblico, pura tifoseria televisiva, nella convinzione che il prevalere della propria parte possa dipendere dal miglior sermone di Travaglio, dalla più bella vignetta di Vauro, dal più acido commento di Belpietro.
Anche la rete s\'è arresa al vecchio medium che pretendeva di sostituire: alla vigilia dei talk-show più caldi si eccitano forum e gruppi d\'ascolto; la mattina dopo lo scontro fra i big è replicato in versione povera, con l\'unica originalità del linguaggio senza limiti.
MARCO TRAVAGLIOLa politica insegue, reclama spazio, si adegua all\'agenda dei conduttori, accetta ogni tema pur di esserci. Per tanti eletti dal popolo la materia prima di lavoro non sono il fisco, i rifiuti, la disoccupazione, ma il contratto di Benigni, i moniti al Tg1, la sospensione di Santoro: è anche il prezzo da pagare per essere poi ammessi a battersi nell\'arena.
Banale dire che la vita vera rimane fuori, perché ormai sappiamo che invece la realtà attraversa lo schermo e ne è in gran parte prodotta. Siamo rassegnati alla videocrazia bipolare, la studiamo e ci muoviamo ai suoi margini, evitiamo il passatismo, aborriamo ogni snobismo. Solo, preferiremmo che non chiamassero questo infinito show libertà di stampa.
CONCITA DE GREGORIO3- SAVIANO, DA SANDOKAN A MASI. TRIVIALIZZAZIONE DI UN PROFETA IN PATRIA (ORA PROFETA PER MEZZA PATRIA) CHE SI MISURA CON IL GRANDE FRATELLO
Luca Mastrantonio per \"Il Riformista\"
Beato il governo che non ha bisogno di idioti. Anche perché possono rivelarsi più inutili che utili. L\'utilità è una categoria ambigua: attaccare Santoro & co? È controproducente. I roghi fatui del dg Mauro Masi in Rai santificano le sue vittime. Questo spirito censorio è comunque il punto di partenza per una qualsiasi riflessione sul nuovo entrato nel club dei bulgari (l\'editto di Sofia non è retro-attivo, ma fin troppo attivo): Roberto Saviano.
Scrittore di successo, icona anticamorra, stella dei firmamenti di \'Repubblica\', papabile candidato del Pd un domani, oggi possibile martire della libertà d\'espressione. Lui che qualsiasi cosa dice diventa oro? Pubblicato da Mondadori e tutto quanto? Sì. E l\'asfissia della Rai non basta a spiegare la trivializzazione dell\'impegno: da Sandokan a Masi.
MAURO MASISe il valore di un eroe, e Saviano lo è diventato, non di carta, ma in carne e ossa, lo si misura dal valore delle battaglie che sceglie e dai suoi antagonisti, l\'icona numero uno della lotta ai casalesi rischia di diventare il nuovo santino della lotta al berlusconismo, nella persona di Masi e, in generale, contro il Minzulpop. Da eroe di carta e ossa a eroe di cartapesta, quella della tv. La libertà d\'espressione in Rai è una buona causa, ma non c\'è bisogno di Saviano, basta Travaglio. Non c\'è bisogno dell\'antimafia, basta la questura.
ROBERTO SAVIANO CON IL SUO QUADRO BY PERICOLISaviano rischia una trivializzazione della sua figura di scrittore e di intellettuale. Banalizzando il bene che ha fatto, soprattutto ai giovani, con la sua opera e il suo esempio (se è vero che a Casal di Principe i muri hanno preso a parlare una lingua nuova, non più contro ma pro Saviano). Sentirlo parlare, come ha fatto in questi giorni, di fascia oraria, di contro-programmazione, sentirlo dibattere sui contratti di Roberto Benigni, lo mettono su un livello irrazionalpopolare, di casalinghe isteriche.
MINZOLININon a caso \"Vieni via con me\" è prodotto dalla Endemol, la stessa che produce il \"Grande Fratello\", format temuto da Saviano, come le partite di Champions League, perché vuole avere il massimo dell\'ascolto. Ma come fa, Saviano, a temere il confronto con una trasmissione dove la novità di quest\'anno è il concorrente figlio di un camorrista? Perché si mette sullo stesso livello? In tv, in questa tv pretesa e difesa, può ristagnare quella mescolanza di stili e temi che in Gomorra era efficace, tra realismo e fiction, reportage e letteratura; in tv diventa infotainment, cioè l\'informazione deformata dall\'intrattenimento. Saviano & Benigni.
GabanelliOgnuno è libero di fare le sue scelte, persino i suoi errori, soprattutto chi, come Saviano, di libertà ne ha avuta poca e l\'ha messa ottimamente a frutto. Ma le azioni determinano ciò che siamo. E chi è oggi Saviano? Ancora uno scrittore o una pop star della cultura di massa? Un discendente di Sciascia e Pasolini o un collega di Bono Vox o Tony Blair, Marco Travaglio o Melissa P? Anche la ninfetta orgiastica pare avercela con Berlusconi, contro la censura... Saviano ha carisma, presenza sul palco, un potenziale politico enorme - ma inferiore al suo valore civile -, glamour e impegno a volontà.
Michele SantoroNon c\'è grande scrittore che non voglia incontrarlo, non c\'è festival italiano o straniero che non gli strappi un intervento, non c\'è editore che non lo vorrebbe in scuderia. Eppure in questi giorni parlava come il Lucio Presta (potente agente televisivo) di se stesso: dava ultimatum parlando di contratti e di compensi. Mentre sul Corriere della sera, per pura coincidenza ma spietata ironia, e forse pure un po\' incazzato perché oscurato dal nuovo sviluppo politico-mediatico del caso Saviano, Alessandro Piperno compariva in prima pagina con l\'incipit del suo nuovo sudatissimo romanzo. Due scrittori agli antipodi, Piperno felice della sua torre d\'avorio, Saviano nostalgico della strada dove scorrazzando libero tra polvere e sangue trovava la linfa per le sue storie.
FELTRIMa il vero rischio della santorizzazione di Roberto Saviano (Santoro è sempre stato Santoro, un incrocio tra Achab e Zelig, ora con ora contro Berlusconi) è che lo scrittore, l\'intellettuale l\'icona, diventino un\'ombra, per quanto luminosa, dell\'antiberlusconimo; un nuovo martire vittima di Masi, un santino buono per Antonio Di Pietro. La straordinaria forza del fenomeno Saviano è stata la sua universalità, perché universale era la sua storia, e senza confini la sua incursione culturale, come globale era il sistema della camorra, dalla Cina a Hollywood passando per Scampia.
fazio benigniUniversale e dunque trasversale - non cercava la trasversalità, Saviano era trasversale, perché l\'unico settore della società cui andava di traverso era la camorra, l\'antistato - rivendicato da tutti, da destra a sinistra, inviso ai beoni del centrodestra, ma pur sempre organico all\'impero berlusconiano con Mondadori e apprezzato persino dalla Lega e dalla destra sociale. Saviano ricambiava non soggiacendo mai ai tabù e agli snobismi, rivendicando anche le sue letture più scomode, da Celine a Evola.
juno02 giovanni florisAdesso, infilandosi come quinto moschettiere tra le vittime dell\'editto bulgaro permanente dei berluscones - Santoro, Biagi, Luttazzi, più l\'imbucato Fazio, più l\'invitato Saviano... - sembra svelarci dove può portare il «vicolo cieco delle icone» (così Christian Raimo ragionava su Berlusconi, Luttazzi e Saviano): solo a uno sbocco politico, populistico, militante. Sarebbe un grande peccato che Saviano finisse schiacciato con una parte politica. Una grande perdita per il valore civile che la sua vicenda ha rappresentato. La colpa oggettiva e storica può essere persino di una figura grigia come Masi, ma quella soggettiva e tanto più morale anche sua.
DANDINISaviano era un profeta in patria, cosa rarissima in Italia. Adesso diventerà un profeta per mezza patria? O un mezzo profeta? Lo dirà il tempo che farà o non farà da Fazio, educatissimo professionista della furbizia televisiva, della partigianeria rabbonente. Saviano era l\'esponente più incontaminato del partito degli intellettuali odierno, quasi tutti passati a fare i professionisti del dissenso (ben remunerato dal regime che contestano).
Bruno Vespa armatoSe andrà in tv in molti lo guarderanno, perché Saviano è bravo, ha molte cose da dire, è giovane ma preparato, bravo, carismatico. Sì, si sente un santone, però è più lucido di tanti reclusi. Ma a quanti parlerà davvero? Molti meno di quelli che hanno letto il suo libro come si ascolta il suono della campana, capendo che suona per te. Un po\' come il din-don di Vespa.