Stefano Di Michele per \"Panorama\"
EZIO MAURO - Copyright PizziPer cominciare, il problema principale è questo: a Ezio Mauro la sinistra non dà nemmeno la decima parte delle soddisfazioni che gli procura Silvio Berlusconi. Tanto con il Cavaliere la guerra è aperta, la battaglia è in corso e l\'antipatia è reciproca, quanto con il Pd bersaniano (e accasamenti vicini) la guerriglia è sotterranea, la battaglia mai dichiarata, l\'antipatia velata e trattenuta.
Il direttore di Repubblica Ezio MauroInsomma, una doppia fatica, uno svicolare ormai quotidiano, essendo appunto Mauro direttore di un quotidiano, tra il volere e il non avere. Basta un\'occhiata a certi suoi editoriali delle ultime settimane (gli editoriali del direttore di Repubblica rappresentano sempre una mirabile sintesi tra il severo e il giusto, il solenne e la chiamata alla mobilitazione: perfettamente evocativi, verrebbe da pensare, della statua del Santo Vescovo che si può ammirare in una sala del Museo civico della sua Dronero) per avere un\'immediata percezione: se per mesi e mesi da largo Fochetti hanno irradiato allarme democratico e appiccicato qualche milione di post-it contro la «legge bavaglio», forte appare la tentazione di buttarsi sull\'allarme ai democratici e sistemare qualche bigliettino adesivo direttamente sulle spalle di Pier Luigi Bersani, con sopra scritto: «Svegliatevi!».
ezio mauro e marco benedettoÈ ormai lotta su due fronti, quella mauriana. Ezio Mauro non solo è un gran direttore, ma un condottiero con il senso della missione. Cosa sia La Repubblica, secondo La Repubblica, è facile da intendere: luogo d\'eccellenza, presidio invalicabile, monito giornaliero alla nazione.
EUGENIO SCALFARI EZIO MAUROSpiegò un giorno Mauro: «La Repubblica è il giornale che mi assomiglia di più. È come una seconda pelle. Qui la passione giornalistica può essere violenta, vi si possono condurre grandi battaglie nazionali e scommettere sull\'intelligenza degli italiani». È tornato a spiegare in questi giorni a Prima comunicazione: «È l\'anima ciò che il lettore cerca, ciò che il lettore compra». Appunto.
ROBERTO SAVIANO EZIO MAUROMa, prima che letto, Ezio Mauro va osservato con attenzione. Dopo anni e anni di inappetenza espositiva, il direttore è passato a quello che i suoi stessi redattori, con ammirazione non meno che con titubanza, definiscono «l\'ostensione del suo corpo»: non un buttarsi via, ovviamente, non una facile concessione alla chiacchiera comunque; piuttosto un bazzicare - parsimonioso ma costante, quasi da alto prelato in visita presso le parrocchie diocesane - ogni altro luogo di civica resistenza alle orde berlusconiane: da Serena Dandini come da Gad Lerner, da Michele Santoro come da Fabio Fazio. «Vogliamo capire!» gli urla festante la conduttrice di Parla con me, e Mauro, paziente e timidamente sorridente, un\'ombra di Galante Garrone e di Bobbio sempre nello sguardo, fa capire.
De Rita Anselmi Ezio Mauro Arrigo LeviMa niente riesce a dare il senso della fenomenologia del direttore di Repubblica come le imperdibili registrazioni della riunione mattutina di redazione, che si possono ammirare sul sito del quotidiano (Repubblica domani). È un rito, più che una riunione, di geometrica perfezione, di impeccabile architettura, di immutabile metratura: praticamente, piazza Castello trasportata a largo Fochetti.
Ezio Mauro e Giulio AnselmiOgni mattina, la stessa scena: la redazione attruppata ma con ordine, in vigile attesa ma compostamente, il direttore che giustamente arriva per ultimo, sempre con camicia dall\'invidiabile stiratura, cravatta d\'irreprensibile annodamento e scriminatura d\'ineguagliabile precisione, e tende la destra al caporedattore - a ringraziamento o ad ammonimento, va a sapere, dei redattori tutti - tale e quale un direttore d\'orchestra, che sul podio saluta il suo primo violino.
berlusconi debenedetti jpegEcco, la mano di Mauro che si allunga, paterna ma non assembleare, cordiale ma pure tesa a precisare le distanze, dice molto sul carattere dell\'uomo di largo Fochetti: se l\'adunata mattutina con il suo predecessore Eugenio Scalfari veniva ironicamente chiamata in redazione «la messa cantata», la sua è una quotidiana «prova d\'orchestra»: non fellinianamente disordinata, piuttosto d\'ineccepibile sceneggiatura (ogni gesto, identico, tutte le mattine: e infatti, quando non c\'è il direttore a guidare la riunione, il vice che lo sostituisce ripete la stessa somigliante ritualità, compreso il gesto di tendere la mano al caporedattore che immutabilmente si alza come a ricevere il viatico direttoriale).
berlusconi silvio debenedetti carlo imago«Credo che abbiamo fatto molto bene...» esordisce Mauro. Oppure: «Credo che abbiamo fatto il titolo più corretto e più giusto...». Qualche minuto di rassegna generale, sempre una puntuale ricognizione politica (che magari si ritroverà, quasi parola per parola, in un successivo editoriale), poi comincia a scandire: «Politica!», e il capo della politica produce l\'elenco della giornata. «Sport!». «Cronaca!». «Esteri!». «Spettacoli!» e via così, a raffica, fino alla completa foliazione, mentre Mauro osserva, le labbra sottili serrate, che a volte pare d\'intendere un sorriso di soddisfazione, a volte una smorfia di biasimo.
«Da 15 anni a questa parte ogni mattina facciamo lo stesso rito, in modo quasi un po\' ottuso: prendiamo il giornale e lo guardiamo tutto» ha raccontato sempre a Prima comunicazione.
Serena DandiniIn ogni modo, osservando il quotidiano filmato, due cose balzano agli occhi:
a) la riunione di redazione di Repubblica è l\'unica riunione di redazione nell\'intera penisola italiana dove non si sente nemmeno mezza parolaccia;
b) si registra la più alta percentuale di giornalisti in cravatta mai visti tutti insieme. È possibile anche annotare un generale annuire alle osservazioni del direttore. Come si dice: meno male che Ezio c\'è.
Ma qualcosa di diverso preme, negli ultimi tempi, nelle parole e negli sguardi di Mauro. Ben oltre tutto il male - risaputo, riconfermato e ristampato - che c\'è da dire sull\'epica berlusconiana non meno che sullo «sbalorditivo pervertimento della politica», è a sinistra che il malessere del direttore di Repubblica pare indirizzarsi.
GAD LERNERSe Carlo De Benedetti, in altri tempi, aspirava alla tessera numero uno del Partito democratico che doveva nascere, ora che lo ha visto all\'opera Ezio Mauro ha l\'aria di non volere neanche la milionesima con lo sconto. E sempre più, nelle riunioni come negli editoriali in prima pagina, la lingua e la penna del direttore battono lì dove il suo dente di democratico ideale, mutato in democratico deluso, duole.
Michele SantoroE da qui l\'invocazione del «Papa straniero» fatta dal Santo Vescovo di Dronero. E soprattutto quella che appare, prima che un\'ovvia valutazione su un indubbio fenomeno televisivo, quasi un\'infatuazione per il trionfo mediatico di Roberto Saviano. Lungamente, ha intrattenuto i suoi sul miracoloso evento, «la portata politica del discorso di Saviano... voglia di cambiare canale dell\'Italia... 2 milioni di giovani ragazzi tra 15 e 22 anni», per poi passare ad attaccare «un certo cinismo della sinistra... altra faccia dell\'egemonia culturale della destra...».
Valutazioni riproposte, in termini ancora più forti, in un editoriale la scorsa settimana, e di nuovo l\'attenzione puntata sul «cinismo di certa sinistra sballottata e sfibrata, diventata incapace di reggere un semplice discorso di buone intenzioni democratiche».
fabio fazioCome a dire: sinistra quasi inutilizzabile. Un linguaggio a dir poco ruvido. Ridono amaro e provano a ironizzare dalle parti di Bersani: «Noi cinici? Ma chi è, Berlusconi?». Però il colpo è stato accusato. C\'è chi sospetta che Mauro possa alzare i toni per fronteggiare la concorrenza del Fatto quotidiano, ma probabilmente c\'è qualcosa di più profondo, e di ben più pericoloso per il già barcollante Pd, se non viene considerato più politicamente appetibile nemmeno dal giornale di riferimento di larga parte del suo elettorato.
Paolo Mieli MarinoPaoloniHa fotografato impietosamente Mauro: «Quando incontri un dirigente del Pd i primi dieci minuti li passa a parlare di Berlusconi, poi per un\'ora e mezzo attacca il suo rivale di partito». Se Mauro va alla battaglia, con Mauro non si scherza. Una volta lo spiegò parlando dei suoi rapporti con Paolo Mieli, ancora direttore del Corriere della sera. Erano stati insieme alla Stampa, gli aveva appena consegnato un premio di persona, ma a Cesare Lanza confidò: «Per il resto è vero che non ci vediamo e non ci sentiamo, forse perché sono competitivo e mi batto con i concorrenti, senza concessioni».
O magari sarà per lo slogan scelto da Bersani: «Rimbocchiamoci le maniche». Ed Ezio Mauro le maniche della sua camicia d\'impeccabile stiratura non le ha mai rimboccate. Nemmeno contro la malabestia berlusconiana, figurarsi contro l\'incerta sorte bersaniana.