“BANG BANG, HE SHOT ME DOWN” - GLI AMICI DI ROSA DONZELLI, LA RAPINATRICE UCCISA A PISTOLETTATE DA UN OREFICE, LA DESCRIVONO COME UNA DONNA “FRAGILE IN BALÌA DEI PROPRI AMORI” - COME UN FILM: IL SUO COMPLICE ERA ANCHE IL SUO EX, UN PREGIUDICATO PUGLIESE CHE GIOCAVA A FARE LO “SCARFACE” DI PROVINCIA, ALTERNANDO IL CARCERE AI DOMICILIARI: PER LUI, ROSA ERA GIÀ FINITA NEI GUAI PER FARGLI DA CORRIERE DELLA DROGA…

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Francesco Alberti per il "Corriere della Sera"

ROSA DONZELLI LA DONNA UCCISA MENTRE TENTAVA UNA RAPINA IN UNA OREFICERIAROSA DONZELLI LA DONNA UCCISA MENTRE TENTAVA UNA RAPINA IN UNA OREFICERIA

A Rosa piaceva il genere «Scarface», al cinema come nella vita. Uomini stile Al Pacino, che naturalmente non devono chiedere mai. E frasi scolpite nel marmo. «Hey Tony, sono io il boss, sparisci...»: una delle frasi cult del film, immancabilmente postata da Rosa sul suo profilo di Facebook assieme a pellicole come «Il camorrista» o «La scorta».

Non è un caso che avesse perso la testa per Gaetano Di Stasi, un pugliese di 39 anni con una fedina penale lunga come la Treccani e frequenti permanenze tra il carcere e i domiciliari: anche lui, senza essere Al Pacino, giocava a fare il piccolo boss, almeno stando alle intercettazioni legate all'inchiesta «Pastiera napoletana», traffico e spaccio di droga, dove il Di Stasi si ritaglia un'aureola di decisionismo («La risolvo io 'sta grana... Mandami quel tizio a casa che ci penso io...»).

Passione intensa, come tutti gli amori di Rosa Donzelli, d'altronde, quella per Di Stasi, almeno finché è durato. Per anni la coppia ha convissuto al Lido Tre Archi, il litorale di Fermo: lui spesso agli arresti domiciliari, lei sempre pronta al suo servizio. E, stando ai magistrati, non erano richieste così innocue, visto che la donna si ritrovò invischiata nel 2008 nella maxiretata che portò in carcere una quindicina di persone con l'accusa di aver fatto da corriere della droga (eroina e cocaina) per conto del compagno.

IL GIOIELLIERE FRANCESCO CIFOLA IN BARELLA DOPO LE PERCOSSE SUBITE DURANTE LA RAPINAIL GIOIELLIERE FRANCESCO CIFOLA IN BARELLA DOPO LE PERCOSSE SUBITE DURANTE LA RAPINA

Ora gli amici raccontano che «Rosa seguiva il cuore». Il problema è che il suo cuore, in 35 anni di vita, l'ha spesso portata in posti sbagliati e con uomini sbagliati. L'ultimo sbaglio, a Monte Urano, due giorni fa, le è stato fatale: tre colpi al petto sparati da un orefice, Francesco Cifola, 51 anni, che, dopo essere stato terrorizzato, minacciato, incaprettato e malmenato da Rosa e i suoi due complici, vedendo il vecchio padre Duilio in balia dei banditi, ha scaricato sulla donna un intero caricatore e buona parte della sua vita («Sono distrutto - ha detto ieri il gioielliere, che ha un braccio rotto e profonde ferite alla testa -: vivrò per sempre con il rimorso di aver troncato una vita»).

Rosa è morta disarmata e sarà l'autopsia a dire se le hanno sparato alle spalle, mentre stava uscendo dal negozio. Ma disarmata, questa napoletana di Qualiano, lo era da sempre, a sentire i suoi legali e senza con questo voler cercare alibi. «Una personalità fragile, facilmente condizionabile, soprattutto dagli uomini di cui si innamorava regolarmente» afferma Massimo Dibonaventura, uno dei legali che l'ha seguita nel caso della maxi inchiesta.

Il primo uomo le ha dato un figlio che ora ha 13 anni, vive con la nonna paterna nel Napoletano e sarà tremendo il giorno in cui verrà a sapere com'è morta sua madre. Il secondo, un macedone, Rosa l'ha sposato senza tanti fronzoli: era il 2007 e dopo qualche mese già pensavano alla separazione, puntualmente avvenuta.

DI ROSA DONZELLIDI ROSA DONZELLI

Poi c'è stato il grande amore con il poco raccomandabile Di Stasi. E da qualche mese nel cuore della donna aveva fatto irruzione un giovane rumeno con il quale aveva preso casa a Porto Sant'Elpidio e la cui foto campeggia sul profilo di Facebook della donna.
Non c'è nulla di spericolato nella vita di Rosa, solo confusione e progetti mutilati. Ha vissuto quasi sempre ai confini della legalità, in un'opacità mediocre.

Gli inquirenti sospettano che avesse «qualche legame» con la criminalità organizzata nel Napoletano. Se anche fosse, la sua era una manovalanza a bassa intensità, da gregario: storie di droga, prestanome nell'acquisto di piccole «srl». Scoprirla in una rapina è stato uno choc anche per un altro dei suoi avvocati, Michela Romagnoli: «Non riuscivo a credere che la rapinatrice uccisa fosse la Donzelli che conoscevo io. Non riesco a calarla in una situazione di tale violenza, a meno che non sia successo qualcosa... ».

Quel «qualcosa» potrebbe chiamarsi cocaina, che scandiva da anni l'esistenza della donna. Non è un caso, e nemmeno tutta colpa della globalizzazione, se Rosa faticava a trovare lavoro come aiuto cuoca. La conoscevano in tanti, anche se spesso cambiava tinta ai capelli. «Quando era felice, si faceva bionda» raccontano gli amici. L'altro ieri, sull'asfalto di Monte Urano, c'era una donna dai capelli scuri.

 

 

 

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