LA CARMEN E' DEBOLE E VERONA SI DEVE DIFENDERE - ALL'ARENA L'OPERA DI BIZET DIVENTA SIMBOLO DELLA LOTTA AI FEMMINICIDI – MATTIOLI: PRIMA DELL’INIZIO DEPOSTE 32 ROSE ROSSE PER LE DONNE VITTIME DEGLI UOMINI IN ITALIA - PER IL RESTO, PRIMA DELLE PIÙ TRADIZIONALI, FESTOSA E FASTOSA - IL SOPRANO SOPRINTENDENTE CECILIA GASDIA: "L'ARENA CHE VOGLIO? HOLLYWOODIANA" - VIDEO

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Alberto Mattioli per La Stampa

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Da quando i teatri italiani hanno scoperto che quella di Carmen è la storia di un femminicidio non li si tiene più.

 

Ma almeno all' Arena, ieri sera per l' inaugurazione di stagione, sono stati più sobri che a Firenze, dove per lanciare un messaggio non fu don José a uccidere la Carmencita ma il contrario (tenoricidio, insomma, anche se poi alla prima la pistola fece cilecca e lui, in pratica, morì d' infarto). A Verona hanno invece lasciato vuota la poltrona numero 32 sulla quale, prima dell' inizio, due mime in costume di scena hanno deposto 32 rose rosse: e appunto 32, quest' anno, sono state le donne vittime degli uomini in questo Belpaese.

 

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Per il resto, primona delle più tradizionali, festosa e fastosa, anche se rallentata dai tipici scrosci di pioggia delle prime dell' Arena, con la presidente del Senato, due ministri, eleganze, piazza Bra blindata e il soprano-sovrintendente Cecilia Gasdia, alla sua prima «prima», che ricorda il sommo maestro Tullio Serafin a 50 anni dalla morte e legge il messaggio del Presidente della Repubblica.

 

E poi tutta la grande bellezza locale, retorica ma indiscutibile, e vai di teatro d' opera più grande del mondo, mentre il tramonto incendia queste pietre antiche come la civiltà, il Listòn è animatissimo e festante, i tedeschi sono congestionati dal bardolino e dal Gardasee: non è estate italiana senza Arena.

 

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La "prima" di Cecilia Gasdia Tornando a Gasdia, di lei tutto si può dire tranne che non ci metta la faccia. C' è da annunciare una sostituzione o un' improvvisata indisposizione? Lo fa lei. C' è da presentare il libro di qualche disgraziato? Anche. C' è da volare a Berlino per convincere un cantante riluttante a venire a Verona? Pure. Ha perfino suonato l' harmonium all' ultima Petite Messe Solennelle di Rossini. Riflessi da primadonna, certo.

 

Però la sovrintendente onnipresente ha le idee chiare. «Tre aggettivi per l' Arena che voglio? Hollywoodiana, hollywoodiana, hollywoodiana. O, se preferisce, la Scala dell' estate». La situazione finanziaria, dopo gli anni bui del commissariamento con la Fondazione sull' orlo del baratro e della liquidazione, non è risolta «ma almeno è chiara. Abbiamo ottenuto i fondi della legge Bray, c' è un piano di rientro da seguire, il bilancio del 2017 si è chiuso in pareggio e il '18 lo sarà», giura lei. E annuncia con orgoglio che questa Carmen per la quale erano stati stanziati 900 mila euro «alla fine è costata un 10% in meno».

Stasera Aida firmata Zeffirelli Capitolo pubblico. L' anno scorso il tasso di riempimento fu un po' inferiore al 59%. «Il mio obiettivo - annuncia Gasdia - è di portarlo gradualmente al 65-70. Si può fare».

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Questo festival 2018 è tutto di classicissimi: dopo Carmen , due zeffirellate d' annata, Aida e Turandot , poi il Nabucco di Bernard dell' estate scorsa, il miglior spettacolo areniano da anni, il Barbiere ancora di de Ana, il solito Bolle e un' inquietante Verdi Opera Night . Prossime aperture: invernale al Filarmonico con Mefistofele «fatto da una regista ungherese debuttante che ha presentato un progetto magnifico», ed estiva all' Arena una nuova Traviata.

Intanto, Carmen . Il regista argentino Hugo de Ana l' ha piazzata nella Spagna della guerra civile, in Anni Trenta quasi già neorealisti, piazzando anche un' arena nell' Arena con jeep (un po' in anticipo sui tempi, le armate franchiste e repubblicane erano più sgarrupate), manifesti d' epoca e tori destinati a una fine brutta come quella degli anarchici catalani.

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Verso il cambiamento Insomma, spettacolo tradizionale, fastoso (più di 800 costumi) ma stropicciato, come sempre con de Ana molto chic. Il dubbio è se l' eleganza sia proprio quello che cerchiamo in Carmen.

 

Sul podio, Francesco Ivan Ciampa, in scena un buon cast internazionale ma non stellare con protagonista la russa Anna Goryachova, eccellente da vedere ma anche accettabile da ascoltare, il tenore americano Brian Jagde, Alexander Vinogradov come Escamillo e, migliore in campo, l' unica italiana, Mariangela Sicilia-Micaëla. Sembra (scriviamo prima della fine) che sarà un successo, quindi tutti contenti.

 

Resta, ma non da oggi, l' impressione che l' Arena abbia soprattutto bisogno di una riflessione su cosa farne e cosa farci. Forse è arrivato il momento di rinnovare la nozione stessa di spettacolarità operistica, da ripensare in chiave contemporanea, hi-tech, multimediale e magari un po' ironica. Magari infischiandosene delle scomuniche dei melomani indigeni e pensando a modelli di successo internazionali. È difficile, ma si può fare. O ci si può almeno provare. Intanto, godiamocela una volta di più, questa vecchia, cara, amatissima Arena.

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