DJANGO VIVE! FRANCO NERO ANNUNCIA: "GIRO IL SEQUEL CON UN CAMEO DI TARANTINO" – LE RIPRESE DOVEVANO INIZIARE IN PRIMAVERA, A NEW ORLEANS, DOVE TARANTINO HA GIRATO "DJANGO UNCHAINED" MA LA PANDEMIA HA BLOCCATO TUTTO. E' UN PROGETTO DA 20 MILIONI DI DOLLARI, UN SIGNOR FILM” – FRANCO NERO HA AVUTO UN CAMEO IN “DJANGO UNCHAINED”, L’OMAGGIO CHE TARANTINO HA FATTO AL FILM DI SERGIO CORBUCCI DI CUI L'ATTORE FU PROTAGONISTA NEL 1966 – VIDEO

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Fulvia Caprara per "la Stampa"

 

La frase scelta per il lancio era «Un nome misterioso per un uomo implacabile».

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Nessuno poteva immaginare l' immenso successo che avrebbe scatenato. Era il 1966 e, dopo diverse peripezie, Django di Sergio Corbucci, arrivava finalmente nelle sale, prima in quelle italiane, dove fecero grande scalpore alcune scene particolarmente truculente e, più tardi, in quelle americane dove il perfetto esemplare di western all' italiana iniziò un percorso trionfale, che non si è mai fermato.

 

Al centro del racconto, la figura enigmatica di un reduce della Guerra Civile che, in una città di confine tra il Messico e gli Usa, entra in scena trascinandosi dietro una bara. Lo interpretava Franco Nero (nome d' arte derivante da Francesco Sparanero, dopo che Corbucci aveva rifiutato l' ipotesi Frank Black), all' epoca 23enne, già apparso, nei panni di Abele, nella Bibbia di John Huston: «Ford aveva John Wayne - avrebbe detto anni dopo Corbucci -, io ho Franco Nero».

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Per questo non poteva spettare che all' attore, marito di Vanessa Redgrave, il compito di raccogliere l' eredità del cult internazionale: «Al solo annuncio del progetto - dice Franco Nero - ho ricevuto una decina di richieste di interviste dall' America alla Colombia».

A chiudere il cerchio dell' impresa, nel nuovo film, intitolato Django vive ancora, sarà il «cameo» di Quentin Tarantino che, nel segno del venerato film di Corbucci, ha firmato, nel 2012, Django Unchained, affidando a Franco Nero il ruolo di Amerigo Vessepi.

 

Amato da John Wayne e Jack Nicholson, conservato al Moma di New York, citato nella saga di Star Wars , l' immortale Django è pronto per l' ennesima reincarnazione: «Le riprese dovevano iniziare in primavera, a New Orleans, dove Tarantino ha girato Django Unchained - dice al telefono Franco Nero - la pandemia ha bloccato tutto.

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E' un progetto da 20 milioni di dollari, un signor film».

 

Che cosa racconterà?

«La storia è ambientata nel 1915, quando, negli studios si facevano i film muti, allora i grandi eroi del West, come Whyatt Earp e Buffalo Bill, venivano ingaggiati come consulenti. La mia prima idea era che anche Django venisse arruolato come loro, poi, però, lo sceneggiatore John Sales mi ha fatto notare che Django doveva essere umile, una persona semplice, che lavora nelle stalle.

 

Lì conosce un giovane messicano, fanno amicizia, insieme lasciano Hollywood e vanno in New Mexico. Arrivano in una cittadina dove i poveri sono vessati dagli uomini di potere e dove Django, piano piano, mentre la gente continua a chiamarlo "il vecchio", inizia ad aiutare i più deboli, facendo cose impossibili. Tutti sono certi che non ce la farà, invece lui ce la fa eccome, fino alla chiusura da sballo, nel cimitero, con la famosa mitragliatrice in azione».

 

Come sarà il «cameo» di Quentin Tarantino?

«C' è una scena in cui Django, in giro con il suo ronzino, vede un set. Chiederò a Tarantino di interpretare il regista di quel film, in una sequenza in cui ci sono attori che devono fare una cosa complicata con dei cavalli. Nessuno sa cavarsela, Django chiede di tentare, ci riesce, e poi se ne scappa sul cavallo, lasciando lì il ronzino».

 

Non tutti possono contare su un «cameo» di Tarantino, lei, invece, sì. Perché?

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«Qualche anno fa gli avevamo chiesto di fare una piccola parte in un film di Castellari sui bambini che fanno la boxe. Mi ha detto subito ok, poi il film non si è più fatto. Sarà così anche stavolta, ma glielo dirò appena tutto è certo al 100%».

 

Cosa significa tornare nel ruolo di una figura così celebre?

«Django è sempre stato amato, in tutto il mondo. Negli alberghi, invece di registrarmi con il mio nome, mettevano solo Django. Per me recitare in questo film significa tornare giovane, sono passati 50 anni, ma Django fa più o meno le stesse cose. Anche in Django vive ancora ci saranno gli incappucciati del Ku Klux Klan, come nel film originale e in quello di Tarantino».

 

Chi sarà il regista?

«Si chiama Christian Alvart, è tedesco, si è innamorato della sceneggiatura. Avevo pensato allo sceneggiatore, John Sayles, ma sa come sono gli americani, viene da un insuccesso da regista, non lo vogliono».

 

franco nero con parruccone ne il cacciatore di squali franco nero con parruccone ne il cacciatore di squali

Perché secondo lei «Django» è diventato un classico?

«Ha segnato un nuovo modo di fare il western, era un film politico. Nel Django di Corbucci gli oppressi erano i peones americani, in quello di Tarantino erano i neri. La storia si rivolge agli sfruttati, alle persone che lavorano sotto padrone. Il racconto realizza il loro sogno, andare da chi li opprime e dire "oggi cambia tutto, i ruoli si invertono"».

 

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Ha una lunga lista di progetti.Tra questi c' è L' uomo che disegnò Dio, di cui è regista e interprete. Di che cosa si tratta?

«Le riprese dovevano iniziare a Torino a novembre. La storia è favolosa, ispirata a una storia vera, è il film con cui vorrei vincere l' Oscar. Parla di un non vedente che disegna i visi delle persone sentendole parlare. Un fenomeno, che diventa ostaggio della tv. Voglio dimostrare che la tv usa le disgrazie altrui per fare audience».

 

Ha una carriera piena di titoli noti, di che cosa è più fiero?

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«Sono fiero dell' essere riuscito a fare il lavoro che volevo fare, io sono un po' gitano, mi piaceva girare per il mondo e ci sono riuscito, mi sento un privilegiato. E poi sono fiero perché da 55 anni sono impegnato, a Tivoli, nel Villaggio Don Bosco che si occupa di orfani e ragazzi con problemi. E poi perché sono nonno di 5 nipoti stupendi che, purtroppo, adesso, non posso vedere».

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