“DRITTO” ALL’OBLIO: PER NON LASCIARE TRACCE SU INTERNET, PER NON SPUTTANARSI CON AMORI, AMICI E DATORI DI LAVORO, BASTA UNA APP?

Ogni post su Facebook, foto di Instagram, commento su siti, rimane per anni, spesso a rovinare matrimoni e reputazione - “Snapchat” è l’app che permette di mandare foto che si autodistruggono (ma occhio allo screenshot), Reputation.com ti ripulisce le tracce e crea una scadenza per quello che scrivi online… - -

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Felix Gillette per "Bloomberg Businessweek"
Traduzione di FAS per "Internazionale"

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Nell'autunno del 2012 Sally Ike, una studentessa del terzo anno della Columbia high school di Maplewood, nel New Jersey, ha saputo da un'amica di una nuova divertente applicazione per smartphone chiamata Snapchat. Snapchat è gratis, le ha spiegato l'amica, e permette di condividere le foto online. Come tante app fotograiche, è molto semplice: basta scattare e inviare.

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La particolarità è che quando il destinatario apre il messaggio la foto si autodistrugge nel giro di dieci secondi. All'inizio Sally pensava che Snapchat fosse una cosa stupida. Stava preparando la domanda per entrare al college, dirigeva il giornale della scuola e faceva parte della squadra di ultimate frisbee. Aveva molto da fare e Snapchat le sembrava inutile. Eppure, a mano a mano che si avvicinava l'inverno, l'app diventava sempre più popolare alla Columbia high. A scuola i ragazzi si mandavano snap tutto il giorno. Si scambiavano le foto anche in classe. Alcuni insegnanti avevano vietato l'uso degli smartphone durante le lezioni e quindi bisognava stare attenti.

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Ma, se si nascondeva il telefono nel palmo della mano tenendolo sotto il banco con lo schermo rivolto verso l'alto, non c'erano problemi. Gli amici mandavano continuamente degli snap a Sally che, a forza di giocarci, si è fatta prendere da questa mania. Ora anche lei usa questa app tutto il tempo, come fanno gli altri. Aprire Snapchat, dice, è come scartare un regalo: non sai mai cosa aspettarti. Dato che la foto sparisce subito, non devi per forza essere venuta bene. La gente manda foto di sé in pose ridicole, con la lingua di fuori, con il sorriso da maniaco, con lo sguardo minaccioso, con le piume (una funzione dell'app permette di disegnare sulle foto).

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Si possono mandare anche video. Se qualcuno imbroglia e prova a fare lo screen shot di uno snap, a beneficio dei posteri, la app avverte il mittente. Chi si fa beccare, dice Sally, fa una figuraccia. "L'anno prossimo, quando andrò al college, sarà divertente", spiega. "Potrò vedere i miei amici in faccia per dieci secondi. È più intimo di un sms". Concorrenza allarmata All'inizio di febbraio Snapchat era la seconda app di foto e video per iPhone più scaricata negli Stati Uniti subito dopo YouTube e appena prima di Instagram.

Secondo la società di analisi App Annie, è stata la diciannovesima app più scaricata in assoluto. Il sito di Snapchat dice che ogni giorno si spediscono più di cinquanta milioni di snap. La concorrenza si è allarmata e ha cominciato a sviluppare applicazioni simili. Nel dicembre del 2012 Facebook ha lanciato Poke, un'app che permette di inviare messaggi che si autodistruggono. Tuttavia, più che mettere in crisi Snapchat, la concorrenza di Facebook sembra averla rafforzata.

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A gennaio il blog tecnologico TechCrunch ha definito Snapchat "la startup che è cresciuta di più" nel 2012. Snapchat è nata nella primavera del 2011 in una confraternita universitaria. Evan Spiegel e Bobby Murphy erano al quarto anno alla Stanford university e facevano parte della confraternita Kappa sigma: Spiegel studiava ingegneria, Murphy informatica.

La loro idea era creare una app per smartphone che permettesse di socializzare senza ripercussioni e senza lasciare tracce online. Erano stati ispirati, hanno spiegato in seguito, dai racconti dei loro amici che cercavano disperatamente di cancellare o togliere il tag con il loro nome dalle foto meno lusinghiere, per evitare che circolassero troppo sui social network e finissero sui motori di ricerca.

Spiegel, che dirige l'azienda dalla casa di suo padre a Paciic Palisades, in California, non ha risposto alle richieste di Bloomberg Businessweek di rilasciare un'intervista. Murphy era irraggiungibile. E nemmeno le richieste di commenti inviate per email all'azienda hanno avuto risposta. Il tempismo di Spiegel e Murphy è stato perfetto. Mentre lavoravano a un prototipo dell'app, il parlamentare statunitense Anthony Weiner è finito sui giornali per uno scambio di foto indiscrete con delle donne incontrate su Twitter.

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La notizia del suo suicidio politico era sulla bocca di tutti quando, nell'autunno del 2011, Snapchat è stata lanciata sull'App Store della Apple. Il numero dei download è stato subito altissimo. "L'obiettivo di Snapchat non è catturare il classico ‘momento Kodak'", ha scritto Spiegel nel maggio del 2012 sul blog dell'azienda, "ma comunicare l'intera gamma delle emozioni umane, non solo quello che è carino o perfetto. Per esempio, se penso di saper imitare la talpa dal muso stellato o se voglio far vedere agli amici la ragazza per cui ho preso una cotta".

Da sempre gli adulti dicono ai figli di stare attenti a come si comportano per non rovinarsi la reputazione. Nel corso degli anni la reputazione personale è diventata un concetto sempre più ampio, accessibile e di dominio pubblico. Con il cloud computing questo spazio digitale si è allargato in modo esponenziale. Una sola istituzione, la biblioteca del congresso degli Stati Uniti, è attualmente impegnata ad archiviare più di 170 miliardi di tweet.

Il modello aziendale dei social network e dei motori di ricerca gratuiti si basa sulla raccolta e sulla conservazione di informazioni che riguardano le abitudini e gli interessi degli utenti, dati che sono venduti agli operatori commerciali. Le aziende, da parte loro, diventano sempre più abili a scoprire e a organizzare ogni minimo aspetto della vita sociale dell'utente, dalle foto scattate a una festa alla preferenza per un certo tipo di scarpe.

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A gennaio Facebook ha lanciato Graph Search, uno strumento che serve a recuperare informazioni sul passato degli utenti, che ormai sono quasi un miliardo. In un contesto simile è normale preoccuparsi delle tracce che si lasciano. Secondo Danah Boyd, una ricercatrice della Microsoft research, non è un caso che gli adolescenti siano stati i primi ad apprezzare i vantaggi di queste forme di comunicazione temporanee. "Questi ragazzi sono cresciuti con l'idea che c'è sempre un'autorità a controllarli", osserva Boyd.

"Non le imprese o lo stato, ma gli insegnanti, i funzionari che decidono dell'ammissione alle università, i genitori". Quando hanno lanciato Snapchat, Spiegel e Murphy hanno usato immagini di ragazze che sorridevano in modo malizioso per promuovere l'app. Il sottinteso era chiaro: a qualsiasi cosa servisse Snapchat, era ovvio che i due ragazzi della Kappa sigma avevano creato un perfetto peep show per smartphone.

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Patchen Barss, autore del libro The erotic engine, sostiene che nel corso dei secoli l'evoluzione delle tecnologie di comunicazione è sempre stata portata avanti dai nuovi sistemi di condivisione delle immagini di nudo. Secondo Barss, gli appassionati di erotismo sono molto rapidi ad adottare nuove tecnologie che permettono di visualizzare queste immagini in contesti più sicuri, anonimi e discreti.

Nel corso dei secoli, sostiene Brass, quest'avanguardia ha contribuito alla diffusione di tutte le più importanti tecnologie della comunicazione, dalla stampa al videoregistratore, dalla pay-tv allo streaming fino alle reti cellulari ad alta velocità. "Ora con Snapchat potrebbe ripetersi la stessa storia", dice.

Molte nuove forme di comunicazione inizialmente vengono giudicate improponibili o sconvenienti finché non si scopre che la tecnologia alla loro base ha applicazioni più ampie. "Io non sono certo il tipo che si mette a mandare sms erotici", afferma Brass. "Ma in questo momento su internet non ci sono foto dei miei bambini perché non voglio perdere il controllo delle immagini. Resterebbero in rete per sempre. Se ci fosse un'app che mi permettesse di mandare foto ai miei familiari e poi di distruggerle dopo un periodo stabilito, la prenderei in considerazione. In questo modo quell'app troverebbe un pubblico più ampio".

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Allo stato embrionale Snapchat è ancora allo stato embrionale, quello in cui un'azienda si concentra sull'esperienza del cliente e allo stesso tempo finge indifferenza nei confronti di tutti quei marchi e rivenditori che corteggerà quando comincerà a guadagnare qualcosa. È anche la fase in cui le aziende più grandi e solide sono più disposte a fare un'offerta per comprare una startup.

A dicembre il blog tecnologico GigaOm ha scritto che la società d'investimenti Benchmark è stata vicina a investire otto milioni di dollari su Snapchat, valutata complessivamente cinquanta milioni. Matt Cohler, il socio della Benchmark che ha seguito l'affare, non ha rilasciato commenti. Gli operatori di mercato, comunque, aspettano solo l'invito per saltare sul carro.

LO SCREENSHOT PER FREGARE SNAPCHATLO SCREENSHOT PER FREGARE SNAPCHAT

"Se oggi uno dei nostri clienti ci chiedesse un parere, gli risponderei di tenere d'occhio Snapchat ma anche di essere realista", dice Ken Burbary, direttore delle operazioni digitali della Campbell Ewald, agenzia statunitense di marketing e comunicazione. "Per ora Snapchat è una cosa abbastanza nebulosa". In attesa di capire se l'app diventerà un affare redditizio, la sua crescita fulminea indica che c'è un mercato potenzialmente enorme: quello dei servizi destinati agli utenti - sempre più numerosi - che non vogliono lasciare tracce sui social network.

Michael Fertik, amministratore delegato di Reputation.com, un'azienda californiana che vende servizi online per la tutela della reputazione e della privacy, sostiene che negli ultimi due anni la sua clientela è aumentata del mille per cento. Questa crescita, spiega Fertik, rilette una preoccupazione crescente per i dati raccolti online. "Oggi sono preziosissimi", dice. "Tutti li vogliono".

MICHAEL FERTIK CAPO DI REPUTATION PUNTO COMMICHAEL FERTIK CAPO DI REPUTATION PUNTO COM

I consumatori, aggiunge Fertik, si rendono sempre più conto che su internet i loro post - dalle foto ai semplici aggiornamenti dello status - hanno una vita potenzialmente infinita. Una volta che una foto sconveniente è stata inviata al mondo e archiviata nel server di un social network o sullo smartphone di un amico, è difficile cancellarla. Quello che molti utenti ancora non sanno, spiega Fertik, è che i dati non sono solo archiviati, ma anche analizzati e valutati.

Un servizio sperimentato da Reputation.com consiste in un'estensione per browser che cripta tutto quello che un utente pubblica su Facebook. Per vedere le foto e gli aggiornamenti dello status gli amici devono usare una speciale chiave di decrittazione. Nessuna informazione raggiunge i server di Facebook. Un'altra funzione permette agli utenti di fissare una scadenza per gli aggiornamenti dello status.

"Puoi dire: ‘Tutto quello che pubblico si cancella dopo venti minuti' oppure il primo gennaio o il giorno del diploma", dice Fertik. "In poche settimane l'hanno scaricata un milione di persone. Chiaramente c'era una domanda latente". Dopo questa sperimentazione, l'azienda ha ritirato il servizio dal mercato per concentrarsi su prodotti più redditizi. Ora si dedica alla raccolta di grandi archivi di dati sulle abitudini online degli utenti, per permettere ai clienti di controllare la vendita dei loro dati personali.

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"Raccogliamo i dati e poi diamo ai consumatori la possibilità di renderli liberamente disponibili a terzi, in una transazione aperta e trasparente di cui sono pienamente consapevoli. Oggi, invece, i loro dati sono usati senza permesso da persone che non conoscono e per scopi che non sapranno mai. È la libertà digitale contro la servitù digitale", dice Fertik.

I sondaggi dicono che dietro la crescita di Snapchat e Reputation.com c'è una preoccupazione diffusa per la privacy. Nel 2012 un'indagine del Pew research center ha rivelato che il 57 per cento degli utenti di app "ha disinstallato un'app per timore di condividere informazioni personali o ha rifiutato di installarne una per motivi simili".

Secondo uno studio realizzato a gennaio dal Ponemon institute, un istituto di ricerca che si occupa di privacy e sicurezza, quello dei social network è uno dei settori considerati meno affidabili in tema di tutela della riservatezza dei clienti. Mentre l'ansia aumenta, molti consumatori, giovani e meno giovani, dicono di aspettarsi un intervento del governo. Da un sondaggio del 2010 dell'Università della California a Berkeley emerge che i giovani statunitensi - spesso dipinti come disincantati verso i social media - sono molto preoccupati della loro reputazione, quasi quanto i genitori.

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L'88 per cento degli intervistati di età compresa tra i 18 e i 24 anni sostiene che la legge dovrebbe obbligare i siti web e le agenzie di pubblicità a cancellare su richiesta tutte le informazioni personali. È dello stesso parere il 94 per cento degli intervistati dai 45 ai 54 anni. Di fronte ai giudici La preoccupazione diffusa sulla permanenza di tracce digitali ha già dato vita in tutto il mondo al cosiddetto movimento per il diritto all'oblio. Nel 2009 la popstar argentina Virginia Da Cunha ha fatto causa a Google e a Yahoo chiedendo che i due motori di ricerca smettessero di pubblicare i link alle sue foto in cui è nuda. Un giudice le ha dato ragione.

Le aziende hanno fatto ricorso e nel 2010 la corte d'appello ha rovesciato la sentenza. Decine di casi simili stanno affollando i tribunali argentini. Nel 2012 Viviane Reding, vicepresidente della Commissione europea, ha avanzato una proposta di legge in materia di privacy che prevede la tutela del diritto all'oblio. La legge, che definisce il diritto in termini molto ampi, limiterebbe l'uso di internet nei 27 paesi dell'Unione e sta scatenando un'ondata di critiche da parte dei dirigenti delle aziende high tech e di molti giuristi, convinti che la normativa creerebbe più problemi di quanti ne risolve. Il timore principale è che il riconoscimento legale del diritto all'oblio possa trasformare Google, Facebook e altre aziende tecnologiche da piattaforme libere a censori globali.

L'anno scorso Jefrey Rosen, professore di diritto della George Washington university, in un articolo sulla Stanford Law Review ha deinito la proposta "la più grande minaccia alla libertà d'espressione su internet nei prossimi dieci anni". Il diritto all'oblio, osserva Rosen, "potrebbe co stare a Facebook e Google ino al 2 per cento dei loro ricavi globali, se non provvedessero a rimuovere tutte le foto private che la gente pubblica, salvo poi pentirsene, anche se sono già state viste da molte persone". Al momento, praticamente tutto quello che si condivide su internet resta per sempre nella nuvola. In Delete: the virtue of forgetting in the digital age (Cancella: la virtù dell'oblio nell'era digitale) Viktor Mayer- Schönberger, avvocato e professore all'università di Oxford, sostiene che la permanenza dei dati digitali pone inevitabilmente un problema sia per l'individuo sia per la società.

Per andare avanti, bisogna imparare a dimenticare: una memoria perfetta, scrive Mayer-Schönberger, può avere un effetto paralizzante, intrappolando le persone nel passato e scoraggiandole dall'affrontare nuove side. Secondo Mayer-Schönberger ogni informazione prodotta online dovrebbe avere una data di scadenza personalizzabile. Non tutti i dati dovrebbero necessariamente cancellarsi dopo pochi secondi, come fanno le foto su Snapchat.

La chiave è inserire una sorta di pulsante di autodistruzione su tutto quello che viene creato online e dare in dall'inizio agli utenti la possibilità di gestirlo dalle impostazioni. La creazione dell'effimero Snapchat non è stata la prima azienda a lavorare sul concetto della condivisione di contenuti temporanei. Mentre faceva ricerche per il suo libro, Mayer-Schönberger ha intervistato i dirigenti di una startup che si occupava di ile sharing, Drop.io, fondata a New York nel 2007.

Tra le tante funzioni, Drop.io metteva a disposizione degli utenti un sistema per determinare quanto volessero far durare i ile prima che si cancellassero. L'azienda stessa era sorpresa, racconta Mayer-Schönberger, di quanto le "date di scadenza" fossero apprezzate dai clienti. Nel 2010 Facebook ha comprato Drop.io e ne ha interrotto lo sviluppo. Sam Lessin, uno dei fondatori di Drop.io, che ora lavora per Facebook, non ha voluto essere intervistato.

"La gente mi chiedeva sempre: ‘Perché il mercato non ha risposto?'", dice Mayer- Schönberger. "Snapchat e altri stanno rispondendo. Snapchat è un esempio perfetto di creazione dell'effimero. C'è una domanda reale di questi servizi. Da questo punto di vista Facebook è stato una grande delusione, perché Mark Zuckerberg, nel profondo, pensa che tutti i dati abbiano un valore nascosto e che quindi conservarli sia di massima importanza. Vorrebbe tenersi tutto all'infinito". Un portavoce di Face book ha rifiutato di farci parlare con un rappresentante dell'azienda per un'intervista.

La reazione dei consumatori a Poke, l'app ispirata a Snapchat lanciata da Facebook, è stata tiepida. Secondo App Annie, all'inizio di febbraio era solo la 634a app gratuita negli Stati Uniti in ordine di popolarità. "Il motivo per il quale, secondo me, Poke non avrà mai successo è che la gente non si ida di Facebook su queste cose", dice Boyd. "È impossibile non vederla come un tentativo di ridimensionare Snapchat".

Nel suo lavoro per la Microsoft research, Boyd ha spesso l'occasione di studiare gli adolescenti nel loro ambiente naturale, osservandoli da vicino mentre navigano sui social network. Di recente ha intervistato una ragazza che si era stancata di Facebook. Il problema, le ha spiegato la ragazza, era che i suoi amici continuavano a tirare fuori cose del passato e a usare vecchie foto, commenti o aggiornamenti di status per punzecchiarsi o prendersi in giro a vicenda.

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Questo le dava fastidio. Gli aggiornamenti dello status di un mese prima, diceva, non avevano senso se tirati fuori molto tempo dopo. Così aveva ideato un sistema di autodifesa. Ogni giorno continuava a fare le sue cose su Facebook: aggiornava lo status, pubblicava foto, commentava i post degli amici, poi di notte cancellava tutto per ripulire la bacheca. Mettendo dei limiti al passato, pensava, avrebbe limitato i problemi in futuro. "Il suo desiderio era rendere tutto più effimero", spiega Boyd. "Voleva ‘cancellare la lavagna'".

L'autodistruzione dei dati sta diventando sempre più una realtà. Nell'estate del 2012 un team di esperti sulla sicurezza dei dati a San Francisco ha lanciato Wickr, un'app gratuita per smartphone che per mette agli utenti di scambiarsi sms, video, ile audio e pdf che si cancellano da soli. Come con Snapchat, gli utenti possono scegliere quanto a lungo far restare i loro messaggi sul dispositivo del destinatario (al massimo per alcuni giorni) prima di farli sparire. Nico Sell, uno dei fondatori di Wickr, sostiene che il pubblico potenziale di queste app non è fatto solo di paranoici e pervertiti. "I primi a usare Snapchat sono stati gli adolescenti", dice Sell.

"Wickr, invece, è usata da vip, nobili, giornalisti, medici, avvocati, banchieri, poliziotti, agenti dell'Fbi, guerriglieri, sostenitori della privacy, maniaci della sicurezza e dalle élite tecnologiche di tutto il mondo". L'app potrebbe far comodo anche ai criminali, che negli ultimi anni hanno visto aumentare la sorveglianza sui dispositivi mobili. Le maie dei colletti bianchi, in particolare, non potranno che apprezzare la drastica diminuzione di documenti compromettenti.

La funzione di autodistruzione di Snapchat non è a prova di bomba. Dopo il lancio dell'app sono stati pubblicati su internet molti articoli che spiegano come salvare gli snap sul telefono senza che il mittente lo sappia. Sell precisa che Wickr ofre ai suoi utenti una protezione di livello militare. "Fare in modo che qualcosa si autodistrugga davvero è molto diicile", dice. "Possiamo dire che Snapchat dà solo l'illusione dell'autodistruzione". Finora Wickr non è riuscita a scalfire la popolarità di Snapchat.

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Secondo App Annie, all'inizio di febbraio Wickr era al 174° posto negli Stati Uniti tra le app di social network per iPhone e iPad. Wickr, in ogni caso, non si considera un servizio di nicchia. "Quando chiedo a qualcuno se gli interessa avere il controllo dei messaggi e dei contenuti inviati, la risposta è sì al cento per cento", dice Sell. "Non c'è dubbio che ci sia un interesse difuso".

Mentre Snapchat si vende come un sistema sicuro per giocare e scherzare con gli amici, Wickr si presenta in termini più seri. Sell parla della comunicazione privata come di "un diritto universale" che in larga misura non esiste nell'attuale panorama digitale, in cui le grandi aziende proprietarie dei dati continuano a raccogliere e a estrarre informazioni su ogni singola interazione online. "La comunicazione non archiviata è la forma più primitiva di comunicazione", spiega. "Per noi è naturale tornare a questa forma per comunicare con gli amici e la famiglia senza dover pensare al fatto che internet è eterno. Il futuro è dei dati eimeri"

 

 

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