I GIORNALI? ANCORA AUTOREVOLI MA NELLA LAVATRICE WEB – METTI A CONFRONTO EZIO MAURO, ANSELMI, VERDELLI, MIELI, HAMAUI, DE BORTOLI, BELPIETRO, NAPOLETANO: 8 DIRETTORI ALLA RICERCA DELL’AUTOREVOLEZZA PERDUTA…

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Andrea Secchi per \"Italia Oggi\"

\"I giornali subiranno la stessa sorte del teatro: da unico mezzo della comunicazione in passato a luogo di eccellenza ma molto ridimensionato. Oggi, però, sono come le cattedrali della giornata e offrono l\'apriscatole del giornalismo per capire ciò che accade. Pur essendo immersi nella lavatrice della rivoluzione digitale... C\'era di che sbizzarrirsi nell\'ascoltare i paragoni che i direttori dei maggiori giornali italiani hanno fatto ieri per spiegare cosa accade alla carta stampata di oggi e cosa accadrà in futuro.

D\'AmicoD\'Amico Mieli

Ma soprattutto, per discutere sull\'autorevolezza dei giornali, se ne abbiano ancora nonostante la forza di internet e l\'onnipresenza della tv. E si sono mostrati ottimisti i direttori, non poteva essere che così, anche se c\'è chi, come Paolo Mieli, parla di un futuro nobile ma più defilato di quello attuale o chi, come Maurizio Belpietro sostiene che ci sia molto da cambiare per recuperare l\'autorevolezza di una volta.

A raccogliere insieme a Milano i responsabili del Corriere della Sera, Repubblica, Stampa, Messaggero, Panorama, Espresso, Sole-24Ore e Gazzetta dello Sport è stata la società di comunicazione Mario Mele & partners che ha dedicato un\'intera giornata all\'autorevolezza coinvolgendo studiosi (fra cui Bernard-Henry Lévy), imprenditori, manager e giornalisti.

1 - DANIELA HAMAUI - ESPRESSO
«Io sono arrivata all\'Espresso come direttore 6 anni fa e subito ho sentito la responsabilità di essere in un giornale che aveva una grande autorevolezza. Esisteva da 50 anni e aveva contribuito a fare la storia dell\'Italia con alcune grandi battaglie. Io mi sono trovata a fare il direttore in anni diversi rispetto a quelli del divorzio e dell\'aborto, ma il suo passato non poteva essere sconvolto: dovevamo continuare a fare quelle inchieste con i temi attuali.

FerruccioFerruccio De Bortoli

Nel 2005 ci fu quella di Fabrizio Gatti che si fece ripescare a Lampedusa e raccontò il centro di accoglienza dalla parte degli immigrati. Ho chiesto a Roberto Saviano, quando non era lo scrittore che è adesso, un\'inchiesta sui rifiuti a Napoli. Per un settimanale è il modo giusto per raccontare: il pubblico capisce che racconti storie importanti e che quando le conosci non puoi più far finta di nulla. Questo è il compito per avere autorevolezza».

2 - EZIO MAURO - REPUBBLICA
«Ci tocca fare i giornali al tempo di guerra. Ma per tre volte sono stati dati per morti, invece ci siamo ancora e siamo ancora vivi. Internet è l\'arma definitiva: ha cambiato la geografia, la storia, il costume, però il giornale fa il suo mestiere: è percorso, gerarchia, selezione. A internet è chiesta solo portata e velocità. Il giornale ha l\'ambizione di costruire una cattedrale della giornata. Io ti apro la giornata con l\'apriscatole del giornalismo».

EzioEzio Mauro con moglie

3 - PAOLO MIELI - CORRIERE DELLA SERA
«Il teatro fu per secoli l\'unico mezzo di informazione elaborata, di riflessione fra autori e spettatori. Poi arrivarono gli altri mezzi e a poco a poco, per osmosi, parti importanti di quella autorevolezza sono passati dal teatro ad altri mezzi e del teatro è sopravvissuta l\'eccellenza. La stampa scritta avrà la stesso corso che ha avuto il teatro. Sopravviverà ancora per qualche decina d\'anni nelle forme attuali: livelli di vendita, livello di autorevolezza. Poi sopravviverà dentro un rapporto di contaminazione e osmosi con altri mezzi.

Attenzione però alla contaminazione negativa: questo mette in gioco l\'autorevolezza della carta stampata. Lo stiamo sperimentando: internet che la fa da padrona riversa materiale infetto, non controllato, rende difficile la gerarchizzazione. Il salto che ci è richiesto è di diventare una guida senza trasmettere l\'infezione. In ogni caso non si deve anticipare la cessione dell\'autorevolezza dalla carta stampata ad altri mezzi, sarebbe una delle operazioni più pericolose».

4 - MAURIZIO BELPIETRO- PANORAMA
«Il nocciolo vero della questione è che da diverso tempo le vendite sono in calo, non solo da quando c\'è internet. Se continuiamo a dirci che siamo autorevoli non capiamo come mai i giornali vendono un po\' di meno: evidentemente qualcuno non ci ritiene autorevoli, anche se autorevolezza e mercato non vanno necessariamente insieme. Qualcosa è cambiato dentro i giornali. Prima si aveva un pubblico meno preparato, c\'era un giornalismo più semplice. Oggi non è più così.

Per giunta noi dei nostri lettori non conosciamo quasi nulla, ci affidiamo ai sondaggi, ma in molti altri paesi all\'estero i direttori conoscono tutto dei lettori e questo è uno strumento utile anche per capire quando si sbaglia. Inoltre il livello culturale e professionale dei giornalisti si è abbassato. Sono volonterosi ma non si fanno più le verifiche che si facevano prima. Bisogna rafforzare le redazioni, con opinioni autorevoli, inchieste autorevoli. Abbiamo abdicato a favore dei libri di inchiesta».

5 - GIULIO ANSELMI - LA STAMPA
Per capire cos\'è l\'autorevolezza bisogna andare all\'etimologia del termine: è frutto collettivo degli autori, sono loro che fanno l\'autorevolezza. Poi però ci sono anche altri fattori: concorre la diffusione. Vero che poche migliaia di copie possono essere validissime, ma hanno poco peso. Poi è importante anche valutare quelli che ci stanno dietro. Per esempio la Fiat nel nostro caso, l\'establishment economico di Confindustria nel caso del Sole e così via. Autorevolezza è la capacità di essere autonomi anche rispetto a chi ha la proprietà del giornale. E non è un risultato definito una volta per tutte: è una sfida, un processo. Peccato che spesso la confondiamo con la noia.

Mauro,Mauro, Verdelli, Belpietro, De Bortoli, Mele, Anselmi, Mieli, Napoletano, Hamaui

6 - ROBERTO NAPOLETANO - MESSAGGERO
«Credo che non ci sia nulla di più nuovo che tornare all\'antico. Quando qualche anno fa abbiamo fatto 22 puntate sulle schiave a Roma mi sono reso conto di quanto stesse succedendo. Quel ritorno all\'antico, scavare, indagare, tornare sul territorio ci aveva fatto prendere coscienza di una situazione. Così è stato con un\'altra serie di inchieste, Il segreto di famiglia, in cui si scopriva che padri e figli sniffavano cocaina. Al momento mi sono chiesto se non stessimo facendo un giornale ansiogeno: invece tempo dopo tutte le statistiche dicevano che il fenomeno è molto diffuso. È un metodo irrinunciabile per avere autorevolezza, il ritorno all\'antico».

7 - FERRUCCIO DE BORTOLI - SOLE 24 ORE
«Questo incontro non sarebbe utile se non riconoscessimo i difetti che la stampa ha e che avrà. È un mondo troppo autoreferenziale, fatichiamo a dare uno sguardo al di fuori del recinto piccolo della nostra attività professionale. Facciamo fatica a riconoscere i nostri errori, per fretta e buona fede diamo a volte una rappresentazione non veritiera dell\'accaduto. Dovremo ritrovare quell\'ossessione per la precisione che faceva parte delle regole del buon giornalismo. Ancora, abbiamo assistito a un\'eccessiva presenza del privato rispetto al pubblico nelle notizie.

Alcune cose sono private e perfettamente inutili per farsi una pubblica opinione. Si usano poi le parole con enfasi eccessiva. Non si può passare in un giorno dall\'euforia alla catastrofe. Occorrerebbe una sobrietà nella titolazione e nel modo in cui sono scritti gli articoli che ci farebbe recuperare autorevolezza. È anche vero che noi facciamo il nostro dovere e se anche altre parti della società avessero la buona volontà di svelare gli scandali anziché di chiederci chi ti manda, perché lo fai, le cose andrebbero meglio. Non so se siamo autorevoli, mi verrebbe una battuta, per fortuna non siamo onorevoli».

8 - CARLO VERDELLI - GAZZETTA DELLO SPORT
Gli ultimi anni sono stati molto importanti. Siamo in mezzo alla lavatrice della rivoluzione digitale. La Gazzetta è un giornale antico, il vero grande giornale popolare italiano, ci siamo chiesti cosa potevamo fare per provare a invertire il segno di una crisi che tocca i quotidiani sportivi in tutto il mondo. E abbiamo lavorato per questo: abbiamo innestato una sezione piccola di altri mondi, per rispetto del lettore. Non un riassunto tipo freepress ma una spiegazione di ciò che accade. Un tentativo, insieme con il passaggio da broadsheet (formato tradizionale a lenzuolo, ndr) a tabloid e full color. È ancora presto per dire come è andata. Ma non importa l\'esito dell\'esperimento, quanto di averlo fatto. La voglia di cambiare e sintonizzarsi su un mondo che vuole comunicare. Che preferisce i giornali dialoganti e boccia quelli monologanti».

 

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