JOVA ZELANDA! TREMILA CHILOMETRI IN 20 GIORNI, IL VIAGGIO IN BICI DI JOVANOTTI DIVENTA UN FILM – UN’ODISSEA RIASSUNTA IN DUE FRASI: “A COSA SERVE ESSERE VENUTI QUA? A UN CAZZO, ASSOLUTAMENTE A UN CAZZO! - QUESTA NON E’ UNA VACANZA MA UNA PUNIZIONE” – LA PREOCCUPAZIONE CHE SUA FIGLIA TERESA GLI POSSA DARE DEL “COGLIONE”… - VIDEO

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Malcom Pagani per ‘Il Messaggero’

 

 

 

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Dove andassero davvero le anatre quando gelava il laghetto di Central Park, Holden Caulfield non l' ha mai saputo. Quelle neozelandesi invece non emigrano e nelle acque osservate da Lorenzo Cherubini- garantisce lui: «Sembrano felici». Diario on the road di una picaresca avventura su due ruote, Vado a fare un giro, da oggi su Jova tv, viaggio in bicicletta di Jovanotti «nel posto più lontano del mondo, tanto distante che se avessi voluto spingermi un po' più in là avrei dovuto andare in un altro pianeta» è tante cose insieme.

 

 

Esperimento, fotografia di uno stato d' animo, documento inedito che mostra Jova in mutande nei motel di retroguardia illuminati dal neon e ci dimostra che per attraversare la propria linea d' ombra e mettere in luce dubbi e fragilità, l' età è solo un dettaglio.

 

Con la Gopro a riprendere l' impresa (3.000 chilometri in 20 giorni), il miele pagato a caro prezzo durante le soste obbligate: «Neanche fosse una sostanza illegale» e il pesce tatuato sul braccio sinistro, Jovanotti sembra nuotare nel suo stagno ideale. C' è l' idea del pioniere che scopre la frontiera e si impolvera al ritmo della scoperta, l' ambizione di essere soltanto un ragazzo di 50 anni con la barba lunga finalmente libero di non firmare più autografi, senza più liturgie, obblighi, orari: «Sono le cinque e cinquantadue e io sono in Nuova Zelanda- esclama stravolto in un impietoso primo piano mentre pedala di gran lena e fuori è ancora notte- non ho dormito un cazzo!».

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Tornando a uno stato quasi primordiale: «Sto diventando un animale, ogni giorno mi animalizzo sempre di più, tra dieci giorni, quando avrò finito di pedalare, sarò finalmente una bestia», Jova torna in contatto con se stesso. Ha scavato un tunnel immaginario: «Perché se tiri una linea retta dall' Italia arrivi in Nuova Zelanda», ha discusso con meccanici e passanti delle insidie del vero governatore isolano, Eolo: «Ma che che vento c' è? Minchia!», ha irriso la stampa con ironia aggiungendo all' armamentario da novello Admunsen, i giornali locali da appoggiare sul petto come paratìa contro i rigori del freddo: «Vedete? Le redazioni servono ancora a qualcosa, per coprirsi dal gelo, anche se stanno per chiudere, niente meglio di un quotidiano».

 

 

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Ha riannodato soprattutto le ragioni di una partenza improvvisa perché quando sei grande non puoi più nasconderti. Jova ne aveva bisogno e, candido, lo ammette: «Mi piacerebbe fare un nuovo disco e uscire all' inizio dell' anno prossimo, ma per farlo ho la necessità di lasciare alle spalle questi ultimi dieci anni di successo e di soddisfazioni che hanno un po’ viziato le aspettative e la percezione. Nel mio mestiere che non è la chimica, il rischio di ripetere una formula è alto. Vorrei al contrario che si incendiasse un nuovo fuoco e allontanarmi in un zona di silenzio e introspezione può aiutarmi».

 

Mentre riflette dagli antipodi sull' elezione di Trump: «Che dispiacere», spiega la capacità tutta statunitense di rendere semplice anche un grande evento popolare: «Il Superbowl è un immenso barbecue», manda messaggi nella bottiglia a chi lo ascolta dall' Italia: «Ho paura di chi ostenta il sapere, degli sbandieratori di soluzioni facili» e gioca con l' alto e con il basso rivisitando un brano di Cocciante, lavora di cambio in salita, fischietta Bartali di Conte e ogni tanto è costretto a fermarsi perché ruote o cerchioni cedono all' usura, Jova ha tempo per stare con se stesso. Si sente ancora un adolescente e pensa che sua figlia Teresa gli possa dare del «coglione».

 

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Finge di esser preoccupato, lamenta i disagi oggettivi: «Questa non è una vacanza, è una punizione», ma in realtà ha gli occhi che brillano e riannoda i fili tra il Jova di ieri e quello di oggi, tra il ragazzo che pensava che ovunque fosse festa e si stupisce della quiete locale: «La natura mi piace, ma il casino mi piace di più» e il cantautore maturo che riempie stadi e palazzetti. In fondo, è come tornare alle reminiscenze holdeniane, a quando «nessuno era diverso e l' unico a essere diverso eri tu».

 

 

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