“IRENE CARA CI HA INSEGNATO A BALLARE PER LA NOSTRA VITA, A IMPARARE A VOLARE” – CATERINA SOFFICI: “SE NE VA GIOVANISSIMA, A 63 ANNI, E NOI RIMANIAMO ATTONITI, PERCHÉ SEMBRAVA IMMORTALE COME I SOGNI CHE CI HA FATTO SOGNARE” – IL SUCCESSO DI FAME E POI CON LA CANZONE “WHAT A FEELING” IN FLASHDANCE: “È IN CIMA A TUTTE LE CLASSIFICHE, E NEI NOSTRI MANGIANASTRI LO CONSUMIAMO FINO A FONDERE LE CASSETTE. CHE SENSAZIONE /ESSERE È CREDERE/ POSSO AVERE TUTTO, ORA STO BALLANDO PER LA MIA VITA. POTEVAMO AVERE TUTTO, O ALMENO LO CREDEVAMO”

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IRENE CARA IRENE CARA

Caterina Soffici per “La Stampa”

 

Quando hai tutte le strade davanti e quando il tuo futuro di teenager incontra il futuro del mondo. Erano i fantastici anni Ottanta, vituperati e maledetti, ma a guardarli adesso com' erano belli. E lei, Irene Cara, è stata un pilastro degli anni Ottanta, di quei sogni, di quelle possibilità, di quel futuro. Li ha cantati e ballati in «Fame» e in «Flashdance», e noi con lei. Se ne va giovanissima, a 63 anni, e noi rimaniamo attoniti, perché sembrava immortale come i sogni che ci ha fatto sognare.

 

Diventa regina partendo Cenerentola senza neppure passare per principessa.

Nata nel Bronx, a New York, il 18 marzo 1959. Il suo nome per intero era Irene Cara Escalera, ed è stata la prima a mostrare con il suo esempio che i sogni erano possibili. Aveva studiato musica, ballo e recitazione fin da bambina. Era apparsa in varie produzioni teatrali e programmi tv fin dagli anni Settanta.

 

Caterina Soffici 5 Caterina Soffici 5

Appena ventenne esordisce in una serie («Radici», le nuove generazioni), ideata e prodotta da Marlon Brando. Poi l'esplosione di popolarità con «Fame», («Saranno famosi») nel 1980. Lei era Coco, e tutte volevamo essere lei. La scuola di ballo e di artisti, la New York dei loft, quando ancora non si chiamavano loft. Loro andavano a scuola con la felpa e in canottiera, e noi dovevamo lottare per un paio di «trasgressivi» leggings e per gli scaldamuscoli.

 

IRENE CARA OSCAR IRENE CARA OSCAR

 

Io li comprai di nascosto - i miei genitori non volevano - al mercato di San Lorenzo, a Firenze. C'erano banchetti pieni di scaldamuscoli stile «Flashdance». Li tenevo nello zainetto Invicta con cui andavo a scuola, perché non li trovassero e quindi sequestrassero. A noi il latino e seduti ai banchi, a loro i salti e le capriole e la musica. E c'erano Leroy e Lee, ed eravamo tutte un po' innamorate di quei due ragazzi, mentre a scuola c'erano compagni di classe che volevamo assomigliassero a quei due, invece erano sfigati e per niente svalvolati come i due ragazzi ballerini e canterini del film. «I' m gonna live forever, I' m gonna learn how to fly», cantava Irene.

 

«Vivrò per sempre/Imparerò a volare», la cantavamo a squarciagola anche noi e non c'era Google per trovare le parole delle canzoni. Le dovevamo ascoltare e riascoltare sul mangianastri, per capirle.

 

lee curreri irene cara saranno famosi lee curreri irene cara saranno famosi

In «Fame» Irene Cara canta il tema della pellicola e con quella canzone vincerà l'Oscar per la miglior canzone. Nello stesso anno, il 1980, ottiene anche due nomination al Grammy Award nel 1980 come migliore nuova cantante femminile e migliore nuova artista pop.

 

Quando poi hanno fatto la serie televisiva (e non ci siamo persi una puntata neppure di quella) Irene non c'era più, aveva detto di no e non si è mai capito perché.

Fame ha dato l'avvio agli anni Ottanta, un calcione per lasciarsi alle spalle i tetri anni Settanta, pieni di piombo e rapimenti.

 

Era la porta aperta sul benessere e la modernità, che per forza veniva dall'America.

irene cara e amici in spiaggia nel 1982 irene cara e amici in spiaggia nel 1982

«Fame» sembrava insuperabile, ma poi nel 1983 è arrivato «Flashdance» di Adrian Lynch e l'ha superato. «Flashdance What a Feeling», brano scritto in collaborazione con Giorgio Moroder, tema portante del film, è stato l'apice della sua carriera.

 

Di nuovo Oscar per la miglior canzone (e Irene Cara è stata la prima cantante ispanica a riceverlo anche come autrice), Golden Globe e anche il Grammy alla miglior interpretazione vocale femminile pop.

 

È in cima a tutte le classifiche, e nei nostri mangianastri lo consumiamo fino a fondere le cassette. «What a feeling/Being' s believin'/ I can have it all, now I' m dancing for my life. Che sensazione /Essere è credere/ Posso avere tutto, ora sto ballando per la mia vita».

 

Potevamo avere tutto, o almeno lo credevamo. Quando hai ancora tutte le strade davanti, quando il futuro sembra non finire mai, quando non ci sono strade segnate e pensavamo di poter davvero seguire una passione e fare in modo che accadesse. («Take your passion and make it happen», cantava Irene).

dick clark irene cara dick clark irene cara

 

Ieri, alla notizia della morte di Irene Cara sono andata su Youtube per riascoltare quella canzoni e tutto è tornato a galla, come fosse ieri. L'amarcord di un mondo senza influencer e niente telefonini e niente social. Solo telefoni a gettoni per dire che arrivavi tardi o non arrivavi proprio a cena (poi cadeva la linea e non eri più rintracciabile e sapevi che l'avresti pagata, ma intanto te la godevi).

 

E telefono fisso da litigarsi, perché c'era sempre qualcuno in casa che aspettava una telefonata e il telefono era sempre occupato. Era libertà. Era la possibilità di vivere sicuri che era meglio un rimorso che un rimpianto. Potevamo sbagliare e riprovare, non avevamo gli occhi degli altri sempre puntati addosso a spiarci tramite gli account.

 

irene cara coco hernandez in saranno famosi irene cara coco hernandez in saranno famosi

Irene Cara è stata anche un po' questo. Ci ha insegnato a ballare per la nostra vita, a imparare a volare. Forse hanno davvero ragione le generazioni Z e i Millennials e tutti quelli che sono venuti dopo di noi nati alla fine degli anni Sessanta (che non siamo Boomers ma non so se abbiamo un nome), a rimproverarci di avergli rubato il futuro. Non so se davvero glielo abbiamo rubato, ma se così fosse, potremmo togliergli le cuffiette piene di rapper sempre così arrabbiati e dargli indietro qualche pezzetto di libertà facendogli vedere quei film e ascoltare quelle canzoni.

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