IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - CON LUIS BACALOV, SCOMPARSO A ROMA A 84 ANNI, SE NE VA UNA DELLE VOCI MUSICALI PIÙ IMPORTANTI DEL CINEMA E DELLO SPETTACOLO ITALIANO DELLO SCORSO SECOLO - IL FILM CHE GLI CAMBIÒ DAVVERO LA VITA FU “DJANGO” DI SERGIO CORBUCCI, IL SUO PRIMO WESTERN, CON LA CANZONE CANTATA DA ROCKY ROBERTS, PICCOLO CAPOLAVORO DELLA MUSICA DA CINEMA NON SOLO ITALIANA

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Marco Giusti per Dagospia

 

Con Luis Bacalov, scomparso ieri a Roma a 84 anni, se ne va una delle voci musicali più importanti del cinema e dello spettacolo italiano dello scorso secolo.

 

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Non solo premiato con l’Oscar, il David, il Bafta, per la colonna sonora de Il postino di Massimo Troisi e Michael Radford, nominato agli Oscar per Il Vangelo Secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, per il quale cura soprattutto la scelta musicale, ma anche autore delle musiche incredibili di Django di Sergio Corbucci, di Quién sabe? di Damiano Damiani, nonché compositore e arrangiatore di canzoni di grande successo degli anni ’60 per Rita Pavone (Il ballo del mattone, Alla mia età, Cuore), Umberto Bindi, Nico Fidenco, Claudio Baglioni, perfino per il celebre Concerto Grosso per i New Trolls.

 

Argentino, nato a San Martin nel 1933, vive a Buenos Aires fino a vent’anni e lì si forma musicalmente. «Mio padre ascoltava il tango alla radio. E cantava. Inconsapevolmente mi sono imbevuto di quei ritmi. Per un po’ non li ho frequentati, ma ora riaffiorano nella mia produzione, confermando quello che diceva Edison, che il genio è dato da un 5% di ispirazione e da un 95% di traspirazione». Si sposta poi in Colombia, poi un anno in Spagna, cinque a Parigi. Studia e fa piano bar nei night.

 

Dal 1959 si sposta in Italia e lì inizia la sua carriera nella musica leggera, prima alla Fonit Cetra per poi diventare, assieme a Ennio Morricone e Sergio Bardotti, suoi amici fraterni, una delle colonne portanti della RCA. Nei primi anni ’60 lavora saltuariamente nel cinema, passando a I due legionari di Lucio Fulci, ottimo Franco e Ciccio movie, a la supervisione delle musiche di Il Vangelo Secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini per il quale ottiene la sua prima candidatura all’Oscar.

 

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“Si trattò di un paradosso! A quell’epoca esisteva un premio al migliore trattamento, ovvero una statuetta a colui che era stato capace di utilizzare altre musiche… e in quel caso un doppio paradosso, perché avrebbero dovuto darlo a Pasolini. Era stato lui a sceglierle,” disse sinceramente anni dopo. La candidatura all’Oscar non gli cambia la vita più di tanto, divisa, allora tra la grande attività per i cantanti della RCA e qualche colonna sonora, da Questa volta parliamo di uomini a Extraconiugale, dall’eurospy OSS 77 Operazione Fior di loto all’episodio “La moglie bionda” di Luciano Salce in Oggi, domani, dopodomani al boccaccesco Una vergine per il principe di Pasquale Festa Campanile.

 

Il film che gli cambierà davvero la vita sarà Django di Sergio Corbucci, il suo primo western, con la canzone dei titoli di testa cantati da Rocky Roberts, piccolo capolavoro della musica da cinema non solo italiana. Così potente da essere recuperata più volte in quasi remake come il Django di Takashi Miike e il Django Unchained di Quentin Tarantino. Django, Quién sabe? e Il grande duello sono le sue colonne sonore più belle per il cinema western, e forse anche le più belle in assoluto che abbia composto. Al punto che la strepitosa musica dei titoli di coda de Il grande duello finirà come parte integrante e importante della colonna sonora di Kill Bill di Tarantino.

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Cosa che non piaceva affatto a Giancarlo Santi, regista del film, che la vedeva come costruita per il suo film e non così esportabile altrove. Ma Bacalov era stato ben contento di affidarla a Tarantino, anche perché è grazie alla sua rilettura che le musiche di Bacalov, di Morricone, di Franco Micalizzi ebbero nuova vita. Grazie a Django, comunque, a metà degli anni ’60, Bacalov diventa un compositore importante per il cinema.

 

Si lega a Damiano Damiani, per il quale musica anche La strega in amore, a Franco Giraldi, che incontra per il buffo western comico Sugar Colt e col quale proseguirà un lungo rapporto, La bambolona, Cuori solitari, ma comporrà anche per Luigi Zampa, Una questione d’onore, Elio Petri, A ciascuno il suo, Franco Indovina, Lo scatenato, Alberto Lattuada, L’amica. Interssante anche il suo lavoro per il musical favolistico di Duccio Tessari Per amore… per magia… con Gianni Morandi e Mina.

 

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Per i fan del cinema di genere sono titoli importanti anche La vittima designata, thriller malsano diretto da Maurizio Lucidi, Lo chiamvano King di Sante Maria Romitelli. Per non parlare dei film che musica per Fernando Di Leo, da Milano calibro 9, con tanto di canzone dei titoli di testa eseguita dagli Osanna, a Il boss, Il poliziotto è marcio, I padroni della città. Con Di Leo, Bacalov diventa una delle colonne portanti della musica del nostro poliziesco assieme a Micalizzi. Per lui, magari, sarà stato più importante l’incontro con Federico Fellini per La città delle donne nel 1980, anche se le cose non andarono poi così bene.

 

Fellini, fresco orfano di Nino Rota, non riuscì mai a stabilire con un altro musicista lo stesso rapporto. Bacalov ritornò spesso al tango, alla musica sperimentale, alternando film e serie tv a progetti più di ricerca, collaborò per un disco con Gato Barbieri, vinse l’Oscar per Il postino nel 1994, prima di Morricone. Fu un premio anche amaro, perché Sergio Endrigo, con il quale aveva diviso vent’anni di successi, gli fece causa per plagio.

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Difficile dire chi avesse ragione. Endrigo e Bacalov erano una coppia così unita che nessuno sapeva bene distinguere l’autore di questa e di quella canzone. Ma l’Oscar fu giusto, perché premiò un autore di musica da cinema di grandissimo valore, un pianista eccezionale e un uomo di grande valore.

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