IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - VITTORIO TAVIANI SE NE È ANDATO A 88 ANNI, LASCIANDO SOLO ALLA REGIA SUO FRATELLO PAOLO. E’ IMPOSSIBILE NON TROVARE NEI LORO FILM, ANCHE NEI MENO RIUSCITI, QUALCOSA DI ESTRAMENTE CREATIVO, L'ARTE DI GIOCARE COL CINEMA USANDO I MODELLI SOLO PER POTERLI DISTRUGGERE, E RICOMINCIARE - LE CENTINAIA DI CAROSELLI E DI PUBBLICITÀ – VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

vittorio taviani vittorio taviani

Era impossibile non voler bene a Vittorio Taviani, che se ne è andato a 88 anni, lasciando solo alla regia suo fratello Paolo. E era impossibile non trovare nei loro film, anche nei meno riusciti, qualcosa di estremamente creativo o estremamente ingenuo o comunque eccessivo che era in grado di fartene ribaltare continuamente il giudizio. In un gioco continuo di sorprese, non sempre positive, ma sempre spiazzanti, inventive. Un modello che parte da subito, dagli anni neorealistici di Un uomo da bruciare a quelli un po’ godardiani de I sovversivi, a quelli militanti di San Michele aveva un gallo, giù fino a Il parto e al ritorno alle origini con Cesare deve morire, girato in digitale e totalmente sorprendente.

 

fratelli taviani fratelli taviani

Se qualcosa abbiamo capito dalla visione dei tanti film dei Taviani, visti scrupolosamente in sala fin dagli inizi, impossibile specificare cosa abbia fatto Vittorio rispetto a Paolo, è questa capacità assoluta di sorprenderci, di ripartire magari da zero, di giocare col cinema un po’ rossellinianamente. Capendo che le regole, i modelli, vanno usati solo per poterli distruggere, e ricominciare. Un loro film che amo e che rivedo integralmente ogni volta che passa, Allonsanfàn, con Marcello Mastroianni traditore della rivoluzione che cerca in tutti i modi di uscire dalla storia e anche dalle sue donne, ha proprio questa costruzione che ci manda da una parte e poi, continuamente, cambia percorso. Come se il tradimento, che è il tema del film, fosse anche rispetto alle regole cinematografiche. Per uscire da qualsiasi regola.

paolo e vittorio taviani paolo e vittorio taviani

 

Personalmente, ho trovato difficile amare davvero i loro film storici più celebrati e celebrativi, diciamo La notte di San Lorenzo, ma poi ho amato Kaos per il grande recupero pirandelliano di Franco e Ciccio, e questo ci fa capire l’intelligenza del loro cinema. E ho amato Il prato, ad esempio, film tormentato da un Nanni Moretti attore in continua crisi che venne alla fine sostituito da Saverio Marconi, perché è così fragile e così forte nel suo legame esibito con Rossellini. I Taviani hanno anche girato, e non sempre assieme, anzi, spesso separati, centinaia di caroselli e di pubblicità. In realtà arrivano al cinema proprio dalla pubblicità, anche se hanno dovuta farla soprattutto agli inizi per sopravvivere.

 

Con produttori come Augusto Ciuffini, Massimo Saraceni, ma anche molti altri negli anni. E lì hanno girato, curiosamente, di tutto, da balli gattopardeschi per gli spumanti Gancia, a scenette godardiane per la benzina BP, da Patty Pravo che canta al Piper per i gelati Algida a finti 007 per René Briand. Si dividono con Luciano Emmer i caroselli della Dufour con Marisa Del Frate (“Voglio la caramella che mi piace tanto…”) e quelli del Sole Piatti con Paolo Villaggio cattivissimo.

vittorio e paolo taviani vittorio e paolo taviani

 

Girano la serie “Immagini che parlano” della Polaroid con la Sora Lella e il solo Vittorio dirige Memmo Carotenuto e Carletto Romano per l’Idrolitina. Tutto però, viene poi riusato nel cinema. Le atmosfere alla Senso per non so quale birra vengono riproposte per Luisa Sanfelice, il Lucio Dalla che si esibisce coi Flipper per i caroselli della camicia Dinamic diventa il protagonista de  I sovversivi. Sempre generosi nel ricordare anche le cose meno clamorose, diciamo, proprio la massa di pubblicità dirette fin dagli anni ’60 rendeva più offuscati i loro ricordi. “Non mi ricordo se questo carosello l’ho fatto o l’ho visto”, mi diceva Vittorio. Ma ricordavano anche di aver scritto il soggetto per un paio di spaghetti western che non fecero mai.

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