IL PARKINSON NON PUÒ ROMPERE IL CASSIUS – L’AMERICA SI FERMA PER I 70 DI CASSIUS CLAY-MOHAMMED ALÌ (“DITEMI CHE NON LI DIMOSTRO ANCORA”) –IMPEGNATO NELL’INCONTRO PIÙ TOSTO DELLA SUA CARRIERA: QUELLO CONTRO LA MALATTIA E LA DECADENZA FISICA - PER CELEBRARLO, UNA SETTIMANA DI SHOW HOLLYWOODIANI CHE SERVIRANNO ANCHE A RACCOGLIERE FONDI PER LA RICERCA – IL MITO DI ALÌ: PER LA SUA BATTAGLIA CONTRO LA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE FU ANCHE CANDIDATO AL PREMIO NOBEL PER LA PACE…

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Angelo Aquaro per "La Repubblica"

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Questa mattina Muhammad Ali si alzerà presto come fa da 30 anni e ringrazierà Allah misericordioso: piegandosi, come l´Islam vuole, alla Sua volontà, anche se la Sua volontà da trent´anni lo imprigiona nella maschera del Parkison. Poi, come nel rito di tutte le mattine, infilerà la solita doccia: ma dopo non si butterà, come sempre, in poltrona, per rivedere in tv i suoi combattimenti. Oggi l´uomo che si chiamava Cassius Clay celebra 70 anni: e l´America si ferma, e trema davvero, con lui.

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Per il campione più grande di tutti i tempi, che l´altro giorno è dovuto correre in ospedale dopo la notizia della scomparsa del suo ex nemico pubblico - Joe Frazier - imbarcarsi in queste celebrazioni è come salire ancora una volta sul ring, a trent´anni dall´ultima volta, 1981. Sabato sera, nella sua Louisville, Kentucky, dove sorge quell´AliCenter che ne celebra il mito, il Re è apparso più che stanco, provato, anche se la gente continuava a gridare "Ali, Ali!" - come quando laggiù nello Zaire gli urlavano "Ali Boumayé!", cioè "Uccidilo!", in dialetto Lingsala, nello storico incontro del ‘74 con George Forman, immortalato nel film "Quando eravamo re".

Proprio quello show verrà ritrasmesso a Louisville venerdì: così lo festeggia la sua città, come un eroe del cinema, squadernando i suoi film, compreso il cortometraggio che gli ha regalato per il compleanno proprio Leon Gast, il regista della "rumble in the jungle", lotta nella giungla. Che commozione: «Sembra bambino quando gli fanno un regalo» dice la moglie Lonnie, praticamente la sua interprete.

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Ali è rimasto imbambolato per due minuti, lì al secondo piano del centro col suo nome, il braccio destro sollevato in gesto di vittoria mentre la gente cantava "Tanti auguri", prima di chiudersi nel party con 350 invitati a 1000 dollari l´uno, ennesima performance di beneficenza, il campione Lennox Lewis che quasi piangeva, il suo ex trainer Angelo Dundee che non si teneva più, il rocker John Mellencamp a schitarrare in suo onore.

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«Non è vero che non sembra più se stesso» lo difende Maryum "May May", la figlia maggiore: «E´ sempre lui, la faccia il Parkinson non l´ha sfigurata». Cuore di figlia. E Lonnie: «Dice che è felice di essere qui nella sua città ma dice anche che vuole sentirsi dire che non li dimostra i suoi 70 anni...».

Oggi è festa, sarà festa per tutta la settimana, sarà festa anche nei prossimi mesi per celebrarlo con gli show hollywoodiani che serviranno a raccogliere sempre fondi alla causa. Prendete quello di domani. A Las Vegas si riuniranno proprio Foreman e Ken Norton e poi Leon Spinks, l´uomo che gli regalò - mica di sua volontà... - l´ultimo titolo nel ‘78, e poi ancora Roberto Duran, insomma tutti i grandi nomi della boxe mondiale. Compreso quel Manny Pacquiao che dovrebbe però esibirsi nel suo ultimo traverstimento, lui già sportivo e politico: quello di cantante. "Ali boumayé!": buttalo ancora giù, e davvero, perché nessuno più di te sa che la boxe non è sport da signorini.

 

 

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