E IL PUBBLICO FISCHIO’ – LA CONTESTAZIONE ALL’OPERA DI ROMA PER L’EMOZIONANTE MESSINSCENA DI PIPPO DELBONO DELLA “CAVALLERIA RUSTICANA” (MASCAGNI) E “PAGLIACCI” (LEONCAVALLO) E’ LA SPIA CHE UNA PARTE DEL PUBBLICO ANCORA CONFONDE IL TEATRO PER UN MUSEO – DEL BONO E’ BEN CONSAPEVOLE CHE L’OPERA NON E’ UN’OPERAZIONE NOSTALGIA, MA STA DENTRO IL NOSTRO PRESENTE

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Pagliacci, regia Pippo Delbono_Un insieme_ph Yasuko Kageyama-Opera di Roma 2017-18_7686 low Pagliacci, regia Pippo Delbono_Un insieme_ph Yasuko Kageyama-Opera di Roma 2017-18_7686 low

 

1. QUEI FISCHI A DELBONO FANNO BENE ALL' OPERA

Leonetta Bentivoglio per la Repubblica

 

Ridi Pagliaccio! E torna a casa!

Fette di pubblico, all' Opera di Roma, hanno lanciato strepiti aggressivi contro il regista in occasione del debutto di Cavalleria rusticana (Mascagni) e Pagliacci (Leoncavallo) con messinscena di Pippo Delbono.

 

Volano gli insulti e sale la rabbia specialmente per il secondo titolo, dove la presenza fisica di Delbono, in vista e recitante, si fa esibita e ostinata. Esplode una bagarre tutto sommato entusiasmante perché richiama un gusto antico: quello di un fuoco lirico che brucia i cuori ed eccita la ferocia dei melomani, come accadeva in altri tempi alla Scala o a Parma. Ora invece sono tutti indifferenti o pigri, e giunge al massimo qualche buh da certe platee mondaneggianti che a malapena sanno il nome dell' opera alla quale assistono.

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È vero che talvolta il folle e spudorato Pippo vuol strafare, per esempio raccontando il suo rapporto da bambino col circo e i trapezisti nel mezzo di Pagliacci, rompendo quindi la drammaturgia musicale.

Chi conosce la forza narcisistica, biografica e anche autodistruttiva del suo modo di vivere il teatro lo perdona.

 

Chi cerca il potere della musica e del canto ne attacca le intrusioni. Ma l' impresa resta fascinosa, ricca di magnetiche intuizioni sull' uso del corpo nello spazio e di un dinamismo catturante nel flusso dell' azione. Il direttore Carlo Rizzi tiene le fila dell' orchestra con buon piglio musicale e scoppiano applausi pure a scena aperta per gli interpreti di ottimo livello: sono Anita Rachvelishvili e Carmela Remigio nei panni di Santuzza ( Cavalleria) e Nedda ( Pagliacci), e i loro coniugi teatrali Gevorg Hakobyan e Fabio Sartori.

 

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Lo splendido impianto scenografico di Sergio Tramonti è un unico contenitore per le due opere legate da un nucleo di truculenza passionale: uno stanzone rosso sangue con luci infernali. Si respira l' aria di un incubo omicida che ha la coerenza di una stessa pièce divisa in primo e secondo atto, e capace d' indagare il fondo più oscuro dell' essere umano.

 

I costumi di Giusi Giustino rivisitano con estro Picasso e Chagall nei Pagliacci, ed è efficacemente coreografico il movimento del coro, vitale e compatto, trasformato in un personaggio proiettivo da tragedia greca. Spuntano qua e là gli emblemi irrinunciabili del mondo di Delbono: il sordomuto Bobò, "rubato" al manicomio di Aversa, e il down Gianluca, morbido e paffuto come un Buddha.

In Pagliacci formano un mirabile duo di Arlecchini.

Niente di compiaciuto o voyeuristico nutre lo sguardo del regista su di loro. Piuttosto sono artisti che riempiono il suo teatro di energie creative e non-retoriche.

 

 

2. OPERA, UNA PRIMA SHOW DUELLO REGISTA-PUBBLICO

Luca Della Libera per il Messaggero

 

Fischi ed applausi, commozione e dissenso: il teatro nel teatro. Il loggione ha dato spettacolo mentre sul palco del Teatro dell’Opera, ieri sera, andavano in scena Cavalleria rusticana e Pagliacci. Il regista Pippo Delbono è stato sonoramente fischiato e interrotto all’inizio di Pagliacci, quando ha iniziato a leggere un suo testo sul circo, un intervento dal sapore brechtiano, con cui lui dava la sua chiave di lettura.

 

delbono pippo delbono pippo

LOGGIONE Qualcuno dal loggione gli ha urlato «Vai via!». E lui ha risposto: «Chi non gradisce, se ne può andare, il mondo qui fuori crolla, ma quando si entra in un teatro d’opera tutto dev’essere perfetto», ricevendo anche applausi convinti da una parte della platea. Subito dopo, Pagliacci è iniziato senza problemi, e alla fine lo spettacolo è stato molto apprezzato per tutti i musicisti e anche lo stesso Delbono ha ricevuto non solo «buu» ma anche molti applausi convinti.

 

Eppure in Cavalleria rusticana, andata in scena in un allestimento già visto al Teatro San Carlo di Napoli, le cose erano andate lisce. Il regista aveva aperto lo spettacolo con un suo breve intervento, raccontando due suoi episodi autobiografici legati alla Pasqua, in particolare alla perdita di sua madre. Poi spazio alla musica, con una scena unica, una grande sala rosso scuro, una sorta di luogo dell’anima. Delbono è intervenuto all’inizio, sul palcoscenico, inondando di luce la sala con l’apertura di varie porte laterali, e poi ha accompagnato per mano Bobo, il suo amico che lo segue e che ad un certo punto porta la croce pasquale. Una regia essenziale, visionaria, anche poetica.

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BRECHT In Pagliacci, presentato in un nuovo allestimento, la scenografia è la stessa di Cavalleria: un unico grande ambiente, questa volta non più rosso, ma color ruggine. Il regista, con la sua presenza fisica in scena, ha voluto dare un’impronta brechtiana allo spettacolo, cercando di creare un ponte tra la messa in scena e il nostro tempo, portando sul palcoscenico le facce e i corpi che parlano di una vita vera, come quella di Bobo, che ha passato molti anni nel manicomio di Aversa, oppure di Gianluca, un ragazzo down della sua compagnia.

 

Pagliacci_Carmela Remigio (Nedda), Fabio Sartori (Canio)_ph Yasuko Kageyama-Opera di Roma 2017-18_6614 low Pagliacci_Carmela Remigio (Nedda), Fabio Sartori (Canio)_ph Yasuko Kageyama-Opera di Roma 2017-18_6614 low

Questa, probabilmente, la ragione di tanto clamore, in uno spettacolo peraltro molto ben riuscito dal punto di vista musicale. Il merito più grande è stato del direttore Carlo Rizzi, un musicista che ascoltiamo troppo poco in Italia, ma che svolge un’importante attività negli Stati Uniti. Il maestro ha impresso ai due capolavori “veristi” una grande scorrevolezza. Mano leggera, la sua, per illuminare i molti momenti che solitamente non si sentono al meglio, e per far scorrere la musica con il giusto respiro, eliminando per fortuna l’enfasi e la retorica sonora.

 

PIPPO DELBONO PIPPO DELBONO

REPLICHE Punta di diamante delle due compagnie di canto è stata Anita Rachvelishwili, che debuttava il ruolo di Santuzza in Cavalleria Rusticana. Una voce possente, omogenea in tutti i registri della sua difficilissima parte, oltre ad una grande presenza scenica e attoriale. Alfred Kim dava voce e corpo a Turiddu: anche per lui una prova convincente, con una voce dotata di buono squillo anche se tendente a “sbiancare” nei registri acuti. Completavano egregiamente il cast Gevorg Hakobyan (Alfio), Martina Belli (Lola) e Anna Malavasi (Lucia). Altrettanto buono ed applaudito il cast di Pagliacci, con un Fabio Sartori (Canio) in ottima forma insieme alla temperamentosa Carmela Remigio (Nedda) e di nuovo Gevorg Hakobyan (Tonio). Molto buona la prova del Coro e della Scuola di Canto Corale del Teatro. Sono previste quattro repliche, fino al 15 aprile.

TEATRO DELL OPERA DI ROMA TEATRO DELL OPERA DI ROMA Pagliacci_C. Remigio (Colombina), D. Sourbis (Silvio)_ph Yasuko Kageyama-Opera di Roma 2017-18_7875 low Pagliacci_C. Remigio (Colombina), D. Sourbis (Silvio)_ph Yasuko Kageyama-Opera di Roma 2017-18_7875 low Carlo Fuortes Carlo Fuortes teatro dell opera di roma teatro dell opera di roma Pippo Delbono Pippo Delbono

 

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