RAVELLO GOES TO HOLLYWOOD! - ROLANDO RAVELLO PARLA DELLA SUA ESPERIENZA SUL SET DEL FILM "RUMOURS", AL FIANCO DI CATE BLANCHETT E CHARLES DANCE, DOVE INTERPRETA UN PREMIER ITALIANO IN UN G7 "MOLTO PARTICOLARE": "HO CONQUISTATO CATE BLANCHETT CON UNA CACIO E PEPE. SUL SET HANNO GODUTO TUTTI COME MANDRILLI" - "NOI ITALIANI ABBIAMO INSEGNATO CINEMA A TUTTO IL MONDO E CI COMPORTIAMO COME UNA PROVINCIA. FUORI HANNO FAME DELLE NOSTRE STORIE, MA NOI CI AUTOCENSURIAMO"

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Estratto dell'articolo di Boris Sollazzo per www.hollywoodreporter.com

 

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Rolando Ravello è un outsider vero. Che ha conquistato Hollywood, con il film Rumours di Guy Maddin. […] Attore raffinato e poliedrico, cineasta che ama il genere come il cinema d’autore e sa impastarlo in tutto quello che fa, non ha paura di essere popolare almeno quanto rimane rigoroso, tanto eticamente quanto esteticamente. A The Hollywood Reporter Roma, con quel sorriso aperto e incredulo, racconta per la prima volta di un sogno diventato realtà. Un film internazionale, con un cast incredibile. In cui lui è uno dei protagonisti. […]

 

Rolando Ravello goes to Hollywood. Ci racconta come ha agganciato Rumours?

Ti dico tutta la verità, quello che un mio collega più furbo non direbbe mai. Mi hanno chiamato dalla mia agenzia e mi hanno detto “guarda, non ci crederai, ma ci stanno, ti stanno offrendo un film con Cate Blanchett”. […] Pensavo a uno scherzo, ho guardato subito il calendario, magari era il primo aprile e non me n’ero accorto.

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Il sospetto che ci stessero prendendo in giro era forte, in entrambi, e invece prima arriva la proposta di contratto e poi la telefonata di Guy Maddin, […] Insomma, era tutto vero. E mi parla per 40 minuti. Tra l’emozione e un inglese da scuola elementare, il mio ovviamente, ho capito un ventesimo di quello che ha detto. Sono solo riuscito a chiedergli l’unica cosa che in quel momento mi ossessionava: perché io?

 

[…] Poi l’ha scoperto?

Sì. Sul set mi ha rivelato – nel frattempo l’inglese era un po’ migliorato – che la casting canadese aveva visto un reel di cose mie di due minuti e mezzo e si era innamorata del mio lavoro. Lo aveva passato a lui, che non aveva avuto dubbi sullo scegliermi. Ecco, cosa ci sia in quei 150 secondi o cosa avrà colpito lei – spero di conoscerla presto, per poterle poi fare una statua che metterò a Trevignano vicino a quella signora che piange – io proprio non lo so. Voglio, devo scoprirlo.

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Interpreta un premier italiano in un vertice internazionale. […] Antonio, chi è?

Uno completamente fuori dagli stereotipi dell’italiano, sia come politico che come uomo. È un folletto, un’anima candida, un tipo strano. È quello che strappa più sorrisi nel film.

 

[…] Cosa le rimane di questo film che non la lascerà più?

Due cose bellissime. Due dediche. La prima dei tre registi […] “Grazie per il regalo che ci hai fatto, tutto il film si può raccontare con gli occhi di Antonio”, ecco ho ritrovato ora la mail, l’hanno chiusa così.

 

[…]Ha parlato di due dediche, fuori la seconda.

[…]Cate Blanchett, su un cartoncino. E sopra c’era scritto un messaggio meraviglioso che finisce così: “Come ho fatto a vivere tutto questo tempo senza averti conosciuto?”.

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Lei è una donna speciale. Dopo pochi giorni sul set ci siamo trovati una sera a bere vino e parlare di cose belle, profonde, per cinque ore. Lei è una impegnata politicamente, stiamo dalla stessa parte, e si spende per ciò in cui crede. Anche per questo film: sono tutti venuti a molto meno di quanto prendono normalmente e nei mercati, con gli altri attori, Rumou

rs gira come “il film con Cate Blanchett”. Si è data con generosità per un film profondamente politico, che parla di temi molto attuali, e che se non piacerà danneggerà soprattutto lei.

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Sa che si è appena attirato le antipatie di ogni uomo sulla faccia della terra?

Ma no, ho ben presente chi sono, non c’era alcunché di erotico! Ma è vero che si è creata un’atmosfera speciale sul set, mi ha aiutato essere un empatico cazzaro.

[…]

 

Lei mi sta dicendo che ha conquistato Cate Blanchett con un atto di esibizionismo?

No, con una cacio e pepe al terzo giorno di riprese. Posso dirlo? Sul set hanno goduto tutti come mandrilli mangiandola e io pure vedendoli mangiare. […] Ricordo quel giorno come fosse ieri: la mia compagna Gioia e mio figlio di sette anni Tito erano arrivati il giorno prima con la scorta alimentare da emigranti. Pecorino, pasta di quella buona e con queste e altre provviste il giorno dopo andiamo tutti nell’appartamento di Cate a Budapest – abbiamo girato in Ungheria – e mangiamo, parliamo e ridiamo. […]

 

Come mai sono anni che non la vediamo sul set da attore?

Perché io mi sono fatto la crisi dei 50 anni non come altri portandomi a letto le ventenni, ma me la sono fatta tutta addosso. E a un certo punto ho capito che la domanda che dovevo pormi era non “dove voglio arrivare?” ma “cosa sono disposto a perdere?”. Che è la vera domanda che tutti noi dovremmo farci, in ogni campo della vita. Vale soprattutto per la nostra generazione: Gaber diceva che la sua ha perso? La nostra non l’hanno quasi mai fatta scendere in campo.

 

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E questa riflessione mi ha resettato, mi ha portato a un nuovo inizio. Perché mi sono reso conto che mi ero stufato, che avevo perso delle motivazioni perché in questi anni sono successe tante cose belle ma anche alcune molto brutte, avevo perso la spinta e per fare qualcosa di bello, per tenere alta, per salvare la qualità di quello che faccio, ero disposto a perdere tutto.

 

Non credo che sia un caso che il destino mi abbia mandato questo progetto ora che mi sono “risolto”, dopo un grande lavoro fatto su di me, anche doloroso.

 

rolando ravello, paola lucisano e edoardo leo, regista, produttrice e protagonista della serie di rai1 il clandestino rolando ravello, paola lucisano e edoardo leo, regista, produttrice e protagonista della serie di rai1 il clandestino

Quindi torneremo a vederla come attore?

No. Non lo voglio più fare a meno che non si ripresenti un progetto così, ma non si vince due volte alla lotteria. Io voglio dedicarmi alla regia, è quello che amo in questo momento. A recitare ci voglio tornare, ma solo sui palchi dei teatri, quello sì. E senza farmi la regia, lì.

 

Insomma essere stato all’altezza di colleghi così bravi le basta?

Per ora mi tengo dentro questa lezione di cinema e di recitazione. Ti faccio un esempio: Alicia Vikander è arrivata la prima volta sul set che stava malissimo. Tosse squassante, 40 di febbre, non conosceva ancora nessuno, un viaggio massacrante. Li mortacci sua, io nelle sue condizioni non avrei saputo neanche stare in piedi, lei entra in scena e a me casca la mascella. Ci mette tutti a sedere con un “buona la prima” clamoroso. Ed era tutto così, uno più bravo dell’altro.

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Cate Blanchett non ne parliamo, Charles Dance che era il nostro decano pareva un ragazzino, un Giallini di 75 anni. Tu stai là terrorizzato perché ti dicono che gli attori americani e inglesi stanno sul set a concentrarsi per sei ore e poi non è vero niente. Io e lui si rideva e scherzava fino a un secondo prima del ciak.

 

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Basta con tutto questo buonismo. Non le fa rabbia che sono bastati 150 secondi del suo lavoro per conquistare Hollywood e non sono stati sufficienti 30 anni di lavoro per affermarsi come meritava nel suo paese?

No, rabbia no. Gratitudine, perché a partire da Rumours, a me questo lavoro ha comunque dato tanto. E sì, ho sofferto, ma ciò non toglie che il mio sia un viaggio bellissimo. Mi ha dato però la consapevolezza di una cosa, e quella sì mi fa rabbia. Abbiamo insegnato cinema a tutto il mondo, lo dice Tarantino, lo dicono tutti, siamo e sono tutti figli del neorealismo e ci comportiamo come una provincia.

 

Fuori, soprattutto negli Stati Uniti, hanno fame delle nostre storie, dei nostri talenti, guardiamo oltre i nostri confini, smettiamo di parlarci addosso. Rischiamo. L’Italia si autocensura nelle sue potenzialità. Ne parlavo recentemente con Paolo Genovese, con cui stiamo scrivendo un film. Vale la pena guardare più largo, toglierci i paraocchi, competere nel campionato dei grandi. […]

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