1. RENZI A VESPA: MONTECITORIO DEVE SOLO “BOLLINARE”, E SENZA TANTE STORIE, IL JOBS ACT 2. LANDINI VA ALLA GUERRA. LE MINORANZE DEL PD INSORGONO. RENZIE SE NE FREGA SE QUALCUNO DEI SUOI VOTERÀ CONTRO “PER RAGIONI IDENTITARIE”, MENTRE “SE METTONO IN PERICOLO LA STABILITÀ DEL GOVERNO, LE COSE NATURALMENTE CAMBIANO” 3. ECCOLO IL PUNTO DI FORZA DEL PREMIER SPACCONE RISPETTO ALLE MINORANZE INTERNE DEL SUO PARTITO: LE ELEZIONI ANTICIPATE. RENZI NON TEME DI ANDARE ALLE URNE IN PRIMAVERA E NON ASPETTA ALTRO CHE UN “INCIDENTE” PER SALIRE DA RE GIORGIO A CHIEDERE IL VOTO 4. A QUEL PUNTO LE MINORANZE DEL PARTITO SARANNO SPAZZATE VIA DALLA FORMAZIONE DELLE LISTE E MOLTI FARANNO MEGLIO A CHIEDERE OSPITALITÀ A QUEL CHE RESTA DI VENDOLA. LA DIFFERENZA STA TUTTA QUI: QUELLI CHE OGGI PROTESTANO PER LA RIFORMA DEL LAVORO HANNO PAURA DEL VOTO, MENTRE RENZI ER BULLO NON HA PAURA DI NIENTE

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Colin Ward (Special Guest: Pippo il Patriota) per Dagospia

 

1.AVVISI AI NAVIGATI

Matteo Renzi Maurizio Landini Matteo Renzi Maurizio Landini

Neanche Matteo Renzi il rottamatore ha il coraggio di sottrarsi alla strenna natalizia di Bruneo Vespa e al conduttore di “Porta a Porta” il premier anticipa come un Berlusconi qualunque la propria strategia per il Jobs Act. “La delega sul lavoro non cambierà rispetto al Senato” e il governo metterà la fiducia. Dal che non si capisce che ci stia a fare la Camera, visto che nella testa del presidente del Consiglio deve solo ratificare quanto già approvato nell’abolendo Senato. Non ci sarà dunque spazio alcuno per modifiche e discussioni: Montecitorio deve solo “bollinare”, e senza tante storie, il Jobs Act.

 

civati manifestazione cgil civati manifestazione cgil

Le minoranze del Pd insorgono. “Spero si tratti di dichiarazioni datate”, dice Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro. “Irresponsabile blindare il ddl alla Camera”, protesta Alfredo D’Attorre. “Renzi taglia fuori tutti, così è scontro”, si lamenta Pippo Civati.

 

A Renzie non importa se qualcuno dei suoi voterà contro “per ragioni identitarie”, mentre “se mettono in pericolo la stabilità del governo o lo faranno cadere, le cose naturalmente cambiano”. Eccolo il punto di forza del premier spaccone rispetto alle minoranze interne del suo partito: le elezioni anticipate. Renzie non ha paura di andare alle urne in primavera e non aspetta altro che un “incidente” per salire da Re Giiorgio a chiedere il voto. A quel punto le minoranze del partito saranno spazzate via dalla formazione delle liste e molti faranno meglio a chiedere ospitalità a quel che resta di Vendola. La differenza sta tutta qui: quelli che oggi protestano per la riforma del lavoro hanno paura del voto, mentre Renzie non ha paura di niente.

cesare damiano manifestazione cgil cesare damiano manifestazione cgil

 

 

2. LANDINI VA ALLA GUERRA

Le dichiarazioni di Renzie a Vespa innescano lo scontro con il capo della Fiom, accreditato di un 10% se accettasse di buttarsi in politica. “Lavoro, lite Renzi-Landini. ‘Non cambierò la delega’. ‘Così andrai a sbattere’. Il premier: ‘Qualcuno dei nostri con la sinistra radicale? Faccia pure’. Sciopero generale il 14 novembre a Milano e il 21 a Napoli” (Repubblica, p. 8).

Silvio Berlusconi RUDY CAVAGNOLI Silvio Berlusconi RUDY CAVAGNOLI

 

Corriere: “La sinistra in trincea sul lavoro. E Landini ‘sfiducia’ il premier. Il leader Fiom: il governo non ha la maggioranza nel Paese. Damiano: servono correzioni. Renzi oggi a Brescia in un’azienda, i lavoratori in ferie forzate. Le proteste della Cgil” (p. 5). Il Cetriolo Quotidiano osserva che “il premier va in fabbrica, ma incontra solo gli industriali. Gli operai Fiom lo aspettano in piazza per contestarlo” (p. 3).

 

Intervistato dal Messaggero, Pippo Civati spiega: “Renzi cerca l’incidente per tornare alle elezioni, ma a sinistra s’è aperto un grande spazio. Qui nessuno vuole arrivare a strappi, se però gioca ad alzare i toni allora gli rispondo: non stare sereno” (p. 2). Ma il quotidiano romano racconta anche di un patto Renzie-Bella Napoli: “Asse Napolitano-palazzo Chigi: riforme blindate per l’Europa. Nessuna trattativa, anche dal Colle segnali chiari sulla manovra: no ai conservatorismi. Domani l’incontro con i parlamentari democrat, a Guerini il ruolo di mediatore. Jobs Act e legge di stabilità decisivi per strappare a Bruxelles il via libera evitando il fiscal compact” (p. 3).  

Paola Severino Paola Severino

 

Il Giornale descrive un premier in difficoltà su tutta la linea: “Finito il momento magico, Renzi si ritrova nel pantano. La stampa lo bacchetta, la popolarità è in calo, le riforme sono al palo. Il presidente del Consiglio sta arrancando, ma ostenta sicurezza” (p. 5).

 

 

3. UNO SPIRAGLIO PER IL BANANA DECADUTO?

Sulle ali del caso De Magistris, e per paura di una pronuncia della Corte Costituzionale, si fa strada l’idea di cambiare la legge Severino. Repubblica: “Legge Severino, vertice Dem per le modifiche. In settimana si terrà il primo incontro tra i tecnici democratici. Ma Forza Italia insiste: cancellare la decadenza di Berlusconi. Ermini, responsabile Giustizia pd: ‘La Severino è necessaria, ma va corretta per migliorarla’” (p. 12). Corriere: “Trattativa per cambiare la legge Severino. Governo al lavoro dopo il caso De Magistris. FI rilancia per tutelare il suo leader: il dialogo riguardi anche questo” (p. 7).

 

marco e marcello dellutri marco e marcello dellutri

Sul fronte di Forza Italia e dei guai con la giustizia, la Stampa racconta: “Dell’Utri, Scajola e gli altri dimenticati da Forza Italia. Abbandonati da Berlusconi e invisi ai quarantenni emergenti” (p. 6). Del resto, nel partito, contano più soltanto i guai del Capo. Il Giornale invece avverte Renzi con un editoriale di Alessandro Sallusti il cui succo è: se si cambia la legge Severino non si può non cambiarla anche per il Cavaliere (p. 1).

 

 

4. PASTICCIACCIO CONSULTA

Stefano Cucchi Stefano Cucchi

Rischia di affondare prima della partenza il ticket rosa per la Corte Costituzionale: “La candidata alla Consulta? Firmava gli appelli anti Cav. La giurista Sandulli nel 2005 aderì al documento contro le riforme di Berlusconi. Forza Italia e Ncd lanciano l’altolà: non la votiamo” (Giornale, p. 6). Mai firmare gli appelli collettivi. Qualcuno che li ritaglia e “scheda” le firme a futura memoria c’è sempre.

 

Giuseppe Pignatone Giuseppe Pignatone

 

5. NON FA SOSTA LA SUPPOSTA

Il Corriere fa il punto delle tasse da pagare e il risultato è, come sempre, allucinante. “Fisco, a novembre 221 adempimenti. Tra Iva, 770 e Modello Unico oltre 400 scadenze entro la fine dell’anno. Per gli anticipi subito un acconto superiore al 100% per l’Ires e l’Irpef. Per commercianti, artigiani e dipendenti ci sono pure i versamenti dei contributi” (p. 2).

 

 

6. CUCCHI, CHE SI UCCISE DA SOLO

ILARIA CUCCHI ILARIA CUCCHI

Dopo cinque anni si riaprono le indagini sul caso di Stefano Cucchi. “Cucchi, inaccettabile morire mentre si è affidati allo Stato. Pronti a riaprire le indagini’. Il procuratore Pignatone ribadisce: il caso non è chiuso. ‘Ma la sentenza va rispettata anche se non condivisibile” (Repubblica, p. 6).  La sorella Ilaria al Corriere: “rifate le perizie, diranno che le botte furono letali. Un esperto ha detto che le fratture potevano essere post mortem…” (p. 8). Messaggero: “L’inchiesta bis dovrà puntare sui tanti punti oscuri. Le nuove indagini dovrebbero far luce su cosa accadde nella caserma dei Carabinieri prima del processo per direttissima” (p. 13).

 

 

7. COLLABORAZIONE STATO-MAFIA

padoan padoan

Storiaccia avvelenata raccontata oggi da Repubblica: “Il boss: ‘Così lo 007 mi salvò dall’arresto’. I verbali del pentito Flamia: ‘Nel 2008 un agente dell’Aisi mi disse che era stata volutamente sbagliata la data di nascita sul mandato e garantì che quando sarei finito in carcere non mi avrebbero contestato l’associazione mafiosa’. Indaga la procura di Palermo. Il padrino di Bagheria prese 150mila euro dai Servizi. ‘Mi rassicurarono: tranquillo, noi ti aiutiamo’. I pm a caccia degli uomini dell’intelligence in contatto con Cosa nostra. Inchiesta anche al Copasir” (p 19).

 

 

FRANCESCO CAIO ALESSANDRO PROFUMO FRANCESCO CAIO ALESSANDRO PROFUMO

8. PRIVATIZZAZIONI IN SALITA

Affari&Finanza di Repubblica si dedica a una ricognizione sulle Poste e scrive: “Poste 2.0, la rivoluzione di Caio, ma è scontro sulla quotazione. L’ad non crede di poter portare in Piazza Affari una società che perde sempre di più sul lato della corrispondenza, annullando i guadagni del gruppo. Col ministro Padoan trattativa sulla revisione del contratto” (p. 4). Peccato che nella legge di Stabilità il governo abbia messo oltre 10 miliardi di introiti dalle privatizzazioni.

 

Il Messaggero invece prova a vedere il bicchiere mezzo pieno: “Privatizzazioni, ora il governo accelera. Per recuperare altre risorse sul 2014 il Tesoro chiede a Enav di restituire 300 milioni. Possibile cessione di immobili a Cdp. Per il 2015 in cantiere la vendita del 5% di Enel. Quotazione Fs tra la fine del prossimo anno e inizio 2016” (p. 5). Siamo alla fiera degli annunci, come sempre.

 

ANDREA BONOMI ANDREA BONOMI

 

9. ULTIME DAL RISIKO BANCARIO

Il Corriere Economia scruta l’orizzonte dopo gli stress test europei: “Banche, tutti pronti per la grande festa degli istituti in crisi. Dopo gli esami della Bce servono capitali freschi, in assenza di strategie potrebbero arrivare dall’estero, forse da Londra. Andrea Bonomi è il più atteso, ma ci sono anche Vittorio Malacalza, Davide Serra, Claudio Sposito. E qualche nome straniero. A Genova adesso potrebbe crescere il socio francese Bpce. Raffaele Mincione opera da Londra ed è ancora socio della PopMilano” (p. 4).

 

VITTORIO MALACALZA VITTORIO MALACALZA

Intanto, ecco il nodo delle partecipazioni “non core” degli istituti bocciati: “Salsicce, terme e cimiteri: quegli strani affari sotto il Monte. Una ragnatela di quote in settori non finanziari. Gli intrecci tra Siena e le coop vanno dall’immobiliare al cibo. Carige ha preferito le autostrade. Ora difficili da vendere. Mps è socia della Coem che possiede a Roma il palazzo sede della Polizia” (p. 4).

 

 

 

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