L’ORA DI CHAMBERLAIN – D’ORRICO: NEL SUO LIBRO ROBERT HARRIS RIVALUTA  IL PREDECESSORE DI CHURCHILL E RACCONTA QUALE FU IL GRANDE RIMPIANTO DI HITLER –“CHAMBERLAIN NON ERA UN DEBOLE MA UN POLITICO MOLTO ABILE. LA CONFERENZA DEL '38? QUELL' ANNO IN PIÙ DI PACE SALVÒ L’EUROPA…”

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Antonio D’Orrico per La Lettura-Corriere della Sera

 

 

Hugh Legat, uno dei segretari del premier inglese, sta aspettando la moglie Pamela al Ritz di Londra con una mezza bottiglia di Dom Pérignon del 1921 sul tavolo. Un' annata che non potrebbe permettersi, ma l' ha ordinata lo stesso per salvare il suo matrimonio. La moglie è una donna viziata («Solo mezza bottiglia?», è la sua battuta d' esordio presentandosi, in ritardo, al pranzo), proviene da una famiglia ricca e tradisce il marito spensieratamente. Il tentativo di riconciliazione di Hugh è bruscamente interrotto dall' irrompere della Storia.

 

È il 27 settembre 1938 e il segretario, convocato d' urgenza a Downing Street, deve mollare di corsa moglie e Dom Pérignon: Hitler ha lanciato l' ultimatum pronto a invadere la Cecoslovacchia. Hugh si ritroverà al fianco del premier Neville Chamberlain nel disperato tentativo di impedire, almeno per qualche tempo, al dittatore tedesco di provocare la Seconda guerra mondiale...

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Robert Harris diventò uno scrittore di successo riscrivendo la Storia (Fatherland , il romanzo in cui immaginava che Hitler avesse vinto la guerra), in questo nuovo libro ( Monaco ) rispetta invece scrupolosamente i fatti come andarono nella realtà e si dedica a ricamare una piccola (ma appassionante) avventura di spionaggio al margine della Conferenza di Monaco (fine settembre 1938), quando Hitler ottenne il via libera ai suoi progetti e la guerra fu rinviata di un anno (tempo indispensabile agli inglesi nella loro corsa al riarmo).

 

Più che un romanzo, Monaco è un libro di parastoria (se mi passate il termine) che cerca di rispondere alla domanda: aveva ragione Hitler nel rimpiangere, quasi alla fine della sua vita, di non aver cominciato la guerra nel settembre del 1938 quando gli inglesi erano militarmente sul lastrico? In controtendenza rispetto alla stagione filo-churchilliana che attraversiamo, Harris rivaluta la figura di Chamberlain, il predecessore di Winston. La cosa gli fa onore ma Fatherland era un' altra cosa (e Winston pure).

 

 

 

 

HARRIS: «SERVONO I CHAMBERLAIN OLTRE AI CHURCHILL PER BATTERE I TIRANNI»

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Francesca Angeli per il Giornale

 

La penna di Robert Harris incontra di nuovo Adolf Hitler.

Questa volta però lo scrittore di Nottingham non immagina un passato distopico preludio di un futuro soggiogato dal nazismo come in Fatherland. In Monaco (già in libreria edito da Mondadori) Harris ricostruisce, con piglio quasi documentaristico, i quattro frenetici giorni del settembre del '38 durante i quali si svolse la Conferenza che vide protagonisti il primo ministro inglese Neville Chamberlain, il Führer, Benito Mussolini e il premier francese Édouard Daladier.

 

ANTONIO D'ORRICO ANTONIO D'ORRICO

Lo sguardo che accompagna il lettore non è quello dei grandi protagonisti. Harris racconta la Storia con gli occhi di due persone ordinarie che si scontrano con eventi straordinari: il tedesco Paul von Hartmann e l' inglese Hugh Legat. Due vecchi amici che si ritrovano su fronti opposti con una guerra che incombe. Sono i loro personaggi che offrono ad Harris l' opportunità di inserire nella cronaca della Conferenza gli elementi narrativi che permettono allo scrittore di sconfinare dalla cronaca al romanzo condito da una spy story che però resta sullo sfondo.

 

Harris, perché ancora Hitler e la Conferenza di Monaco?

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«Ritengo che quasi tutto quello che è stato detto e scritto sulla Conferenza di Monaco sia errato. Non fu una vittoria per Hitler e non fu una sconfitta per Chamberlain. Mi sono documentato come faccio sempre ed ho avuto informazioni di prima mano a esempio da Lord Douglas-Home, unico testimone di quell' incontro, oltre l' interprete. Circa 30 anni fa avevo realizzato un documentario su quella vicenda e ora ho ritenuto fosse tempo di riportare quella storia alla luce»

 

La narrazione condivisa non è generosa con Chamberlain dipinto come pavido e irresoluto nel confronto perdente con una coraggioso Winston Churchill.

«Chamberlain non era un debole ma un politico molto abile. Troppo sicuro di sé certamente ma il risultato ottenuto a Monaco ha dato all' Inghilterra il tempo di prepararsi alla guerra, potenziando la flotta aerea. Senza Chamberlain non ci sarebbe stato Churchill.

 

 

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C' è bisogno di entrambi. In qualsiasi fase storica occorre un Churchill ma anche un Chamberlain. Un politico repubblicano, Mike Huckabee, di recente ha paragonato Donald Trump a Churchill e Obama a Chamberlain. Ovviamente per lui il secondo paragone era un insulto ma io penso invece sia un complimento. Chamberlain ha dato un anno di pace in più all' Europa. Un anno prezioso».

 

Che cosa sarebbe accaduto se la guerra fosse scoppiata allora, nel '38?

«Avevo avuto la tentazione di scrivere un romanzo sulla base di questa ipotesi, ripetendo l' esperienza di Fatherland. Ma sarebbe stato necessario fare troppe congetture. È facile immaginare che cosa sarebbe successo perché il piano di attacco di Hitler era già pronto.

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Il Führer ha più volte ribadito, nel '42 e poi nel '45, che il momento giusto per iniziare il conflitto sarebbe stato proprio il settembre del '38. Ritengo che le cose sarebbero andate molto peggio»

 

Perché?

«Il piano di Hitler era pronto. Avrebbe invaso e distrutto la Cecoslovacchia in una settimana. Poi avrebbe attaccato la Francia. L' Inghilterra non avrebbe avuto il tempo di armarsi e probabilmente la Polonia sarebbe stata al fianco di Hitler. La mossa più preziosa di Chamberlain fu quella di far firmare un accordo per una pace duratura a Hitler su quel famoso pezzo di carta che sventolò davanti alla folla al suo ritorno da Monaco».

 

Un accordo che Hitler non rispettò.

«Esatto. E in questo modo Chamberlain mostrò a tutto il mondo che di quell' uomo non ci si poteva fidare. Se la guerra fosse scoppiata nel '38 non avremmo avuto l' appoggio degli Usa, del Canada, dell' Australia».

 

Allora qual è la lezione di Monaco?

NEVILLE CHAMBERLAINE NEVILLE CHAMBERLAINE

«Occorre sempre fare tutto quello che è in nostro potere per evitare la guerra ma mantenendo la consapevolezza che si può arrivare a un punto in cui il conflitto diventa inevitabile. I personaggi di Monaco ne sono consapevoli, avvertono che il loro destino è ineluttabile. Se Chamberlain ha commesso un errore è stato quello di ritenere che per qualunque persona razionale sia sempre meglio evitare la guerra senza tener conto, però, del fatto che Hitler non era un uomo razionale».

 

Come si è avvicinato alla figura del Führer?

churchill hitler churchill hitler

«Trovare la strada per descrivere Hitler è stato davvero difficile. Io visito sempre i luoghi che poi devo descrivere nei miei romanzi. Sono stato nello studio di Chamberlain al numero 10 di Downing street. Ovviamente quando non era presente Theresa May. Sono riuscito, grazie al mio passato di giornalista, anche a visitare l' appartamento privato di Hitler a Monaco. Ho visto lo stesso paesaggio che vedevano gli occhi del Führer. A Monaco davanti al Führerbau in Königsplatz la presenza di Hitler si fa tangibile più che a Berlino.

 

Davvero qui senti pulsare il cuore oscuro del nazismo. Sono stato lì in settembre con lo stesso caldo mentre era in corso l' Oktoberfest: i canti, i balli, gli odori. Sono piccoli dettagli però utilissimi. Io sono d' accordo con Henry James quando dice che uno scrittore deve mostrare non raccontare».

neville chamberlain al berghof neville chamberlain al berghof

 

Monaco racconta un' era di tiranni. Chi sono i dittatori di oggi?

«L' occupazione della Crimea da parte della Russia mi ricorda l' attività della Germania negli anni '30. Ma si può pensare di seriamente di scatenare una guerra mondiale per questo? Alle provocazioni della Russia occorre rispondere bilanciando ritorsione e dialogo. Ritengo anche quanto accaduto a Salisbury, a due passi da casa mia, sia una gravissima provocazione».

 

È preoccupato per la Brexit?

«Sono dispiaciuto: sono tra i 16 milioni di inglesi che hanno votato per restare in Europa.

Purtroppo i favorevoli all' uscita erano 17 milioni».

 

NEVILLE CHAMBERLAIN E HITLER FOTO DI HUGO JAEGER PER LIFE MAGAZINE NEVILLE CHAMBERLAIN E HITLER FOTO DI HUGO JAEGER PER LIFE MAGAZINE

 

 

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