1958-1968, L'ITALIA DEI MUSICARELLI - RENATO ZERO BALLAVA IL TWIST, RITA PAVONE CON GIULIETTA MASINA E TOTO’, I DIALOGHI IMPOSSIBILI FRA CHET BAKER UBRIACO E MINA E CELENTANO, IL FILM DI STEVE DELLA CASA RACCONTA LE PELLICOLE ANNI ’60 COSTRUITE SULLE CANZONI CHE IMPAZZAVANO TRA I RAGAZZI - VIDEO

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Testo di Steve Della Casa pubblicato da la Stampa

NESSUNO CI PUO' GIUDICARE NESSUNO CI PUO' GIUDICARE

 

«Quando a metà degli anni Sessanta sono arrivato in Italia ho trovato un paese in bianco e nero, sembrava che la guerra fosse appena finita. Pochi anni dopo era tutto cambiato e l' Italia era diventata a colori»: Shel Shapiro, il leader dei Rokes, ricorda così quegli anni, il periodo in cui tutti i ragazzi impazzivano per le sue canzoni.

 

E Caterina Caselli, altra star indiscussa del periodo, va ancora oltre: «Noi eravamo dei ragazzi, il successo ci è arrivato addosso un po' all' improvviso. Però avevamo le idee molto chiare: noi volevamo tutto, volevamo una musica nostra, un modo di vestire diverso da quello dei nostri genitori, una maniera di stare insieme che fino a quel momento non esisteva. Le canzoni sono servite anche a questo, e il mio casco d' oro era anch' esso un segno di rottura rispetto a quello che avveniva solo pochi anni prima».

 

STEVE DELLA CASA STEVE DELLA CASA

Nessuno ci può giudicare vuole proprio essere la storia di quegli anni nei quali l' Italia in pochissimo tempo è cambiata completamente. E lo racconta attraverso un fenomeno che è stato caratteristico proprio di quegli anni, i cosiddetti «musicarelli». Erano i film costruiti sulle canzoni di successo dei cantanti che facevano impazzire i ragazzi dell' epoca.

 

Film semplici, ingenui, girati in fretta e furia: non c' è dubbio. Ma anche film che per i ragazzi degli anni Sessanta erano l' unico modo per vedere che faccia avevano i loro idoli, i gruppi beat, gli interpreti dello yè-yè. La televisione non è che li mostrasse molto, e quando li faceva vedere era per prenderli in giro: l' esempio più evidente fu quando a Sanremo Mike Bongiorno presentò gli Yardbirds dicendo che per la traduzione letterale dovevano essere chiamati «i gallinacci».

 

E anche i produttori ci andavano con le molle. Se in America i rock movie vedevano «Elvis the Pelvis» dimenarsi in modo sensuale e gli adulti completamente assenti, in Italia si prendevano mille cautele. I «matusa», in quei film, erano invece molto presenti e anche piuttosto simpatici.

 

rita pavone rita pavone

Gianni Morandi ha una famiglia composta da Raffaele Pisu e Gino Bramieri, due star della tv dell' epoca. Nino Taranto a sua volta è sempre presente, e lo stesso avviene per tutti gli attori del teatro leggero fino alla presenza più sublime: Giulietta Masina come mamma di Rita Pavone, che balla con lei un twist confessando di essere matusa ma di divertirsi un sacco.

 

Rita poi era molto fortunata, perché in un altro film suo papà è nientemeno che Totò, e il principe della risata in quegli anni inciderà anche una canzone proprio con i Rokes, cioè con il gruppo più capellone di tutti.

 

Il cinema, insomma, faceva vedere quello che la televisione non mostrava. E i registi facevano ancora di più: in quattro e quattr' otto Lucio Fulci e Piero Vivarelli, due che di cinema ne hanno fatto tanto, scrissero le parole di alcuni dei maggiori successi di Adriano Celentano regalando al molleggiato le immortali strofe di Il tuo bacio è come un rock , Ventiquattromila baci e Non esiste l' amor quando Celentano preferiva il cantare al fare filosofia. E in quei film troviamo proprio tutti, i protagonisti ma anche i dimenticati o gli ancora sconosciuti. Fa impressione vedere un giovanissimo e filiforme Renato Zero ballare il twist sulle note di Bandiera gialla di Gianni Pettenati, oppure i Renegades rivolgersi al pubblico strabuzzando gli occhi. Fa ancora più impressione vedere Chet Baker imbottito di alcool dialogare in modo incomprensibile con Mina e con Adriano Celentano.

morandi morandi

 

Cinegiornali, film musicali e superotto dell' epoca (preziosamente raccolti dalla benemerita iniziativa torinese che ha un nome bellissimo, Superottimisti) per raccontare 10 anni, dal 1958 al 1968, e per capire come l' Italia sarebbe cambiata per sempre.

 

Pasolini lo aveva già capito, i ragazzi che sentivano quelle canzoni lo capiranno con il 1968.

Frammenti di un periodo in cui i ragazzi si divertivano e speravano tanto nel futuro, tanto da esaltarsi quando per raccontare il Vietnam Morandi parlò di un ragazzo che amava i Beatles e i Rolling Stones, facendo finta di non conoscere il profondo solco che separava gli ammiratori dei due gruppi più famosi.

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