DIODO SCACCIA DIODO – VE LO RICORDATE IL CELEBRE SUONO (“FZZZZ”) DELLA LATTINA DI COCA COLA CHE VIENE APERTA? LO HA INVENTATO QUEL GENIO DI SUZANNE CIANI - EX HIPPIE, PIONIERA DELLA MUSICA ELETTRONICA, LA “DIVA DEL DIODO” ARRIVA IN ITALIA - VIDEO

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Alba Solaro per il Venerdì-la Repubblica

CIANI CIANI

 

La prossima volta che vedrete una pubblicità della Coca-Cola che, stappata, fa fzzzz, pensate a lei. Suzanne Ciani ha inventato quello e altri suoni e, pioniera della musica elettronica e del sound design, in più di quarant' anni di carriera ha scardinato un bel po' di stereotipi, a partire da quello del nerd noioso. Al telefono la voce della "diva del diodo" è vaporosa, da ex figlia dei fiori che ne ha viste tante.

 

Negli anni 70 a New York, in cerca di lavoro, dormiva sul pavimento a casa di Philip Glass ed era amica di Ornette Coleman; ha inciso quindici album tra new age e sperimentazione, musiche per film (The Incredible Shrinking Woman,del 1981, esordio alla regia di Joel Shumaker con Lily Tomlin), sonorizzazioni di videogame e pellicole di kung fu; 5 nomination ai Grammy.

 

SUZANNE CIANI SUZANNE CIANI

Poche settimane fa era a Durham, North Carolina, a ricevere - prima donna in assoluto - il Moog Innovation Award, con Brian Eno e i Devo. Presto sarà in Italia, Paese di origine («siamo di Mirabella Eclano, vicino ad Avellino»), per suonare al Terraforma Festival (24 giugno), nella bella Villa Arconati di Bollate, Milano, insieme ad artisti che declinano in modi diversi e affascinanti l' idea di sperimentazione (Laraaji, Arpanet, Andrew Weatherall ma anche Kiki Hitomi col suo ibrido reggae-pop giapponese rétro). C' è anche un documentario uscito da poco, A Life in Waves, che racconta il suo movimentato rapporto con l' elettronica e la lunga storia d' amore con il Buchla.

 

Cos' è? Un sintetizzatore modulare. Prende il nome dal suo inventore Don Buchla, scomparso lo scorso settembre, ed è l' opposto del synth "facile". Un bestione, ma al cuore non si comanda. Ciani se n' è innamorata ragazzina, sbarcata da Boston sulla West Coast un attimo dopo la Summer of Love per studiare composizione a Berkeley. «Sono arrivata a San Francisco nel '68, la controcultura aveva un' energia irresistibile. Per due anni sono andata in giro scalza, una vera hippie. Volevo provare tutto».

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Anche le droghe?

«Le prendevamo per ascoltare la musica! Janis Joplin, Lovin' Spoonful, Bob Dylan, Mamas and Papas, ma anche Mahler e Penderecki. Tutto era sperimentazione. È allora che ho incontrato Don Buchla, me lo presentò un amico scultore. Entrai nello studio e vidi le sue attrezzature elettroniche: colpo di fulmine. Ho deciso che volevo lavorare da lui, e l' ho fatto».

 

Essere una ragazza era un ostacolo?

 

«Sognavo di fare l' ingegnere del suono, ma nessuno studio di registrazione mi avrebbe assunto. Per me non era femminismo, era quello che volevo fare. Continuavo a trovare porte chiuse, ho deciso di fregarmene ed entrare lo stesso. Lavorare per Buchla è stata la prima porta superata.

E lui me l' ha subito chiusa in faccia».

 

Non un buon inizio.

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«Mi ha licenziata il primo giorno di lavoro. Gli ho detto "non puoi farlo" e il giorno dopo sono tornata. Avevo bisogno dei soldi per il Buchla 200, non ero solo ostinata, ero innamorata, pronta a tutto. Solo che avevo perso la testa per un synth. "My boyfriend", lo chiamavo».

 

Cosa aveva il Buchla 200 che un fidanzato non ha?

«Puoi esplorare, esplorare, esplorare e ci sarà sempre qualcosa da scoprire. Il Buchla ha una ricettività meravigliosa, entri in casa ed è lì ad accoglierti con tutti quei cavi, e i suoni. Ho sempre pensato che l' elettronica avrebbe ridefinito gli ambienti in cui viviamo e lo penso ancora. E poi, a differenza di molti fidanzati, è affidabile, finché non si rompe. Quando il mio si è guastato, fu uno shock. Cercai inutilmente di ricrearlo. Non molto prima di morire Don mi spinse a prendere il modello 200E. La gioia di tornare a fare concerti con il Buchla è indescrivibile».

 

Come è finita a lavorare per la pubblicità?

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«Il mercato discografico non era interessato alle novità. Una donna che fa elettronica? La vista del mio sintetizzatore li spaventava. Mi chiedevano, dov' è la band? E lei canta anche? Cercavano ragazze con la chitarra, una nuova Joni Mitchell. La pubblicità, al contrario, in quei tempi era affamata di cose nuove. Finalmente qualcuno mi pagava, potevo sentirmi una professionista, mangiare e registrare la mia musica. Una situazione interessante; la musica più commerciale possibile era quella che mi garantiva la massima libertà, e mi permetteva di fare arte».

 

Per le ragazze che suonano elettronica le cose ora sono più facili?

«Ce ne sono più che ai miei tempi e questo è incoraggiante. Ma sono ancora poche. Un tempo eravamo in competizione per entrare in un mondo creato dai maschi, oggi dovremmo lavorare per

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crearne uno nostro. I segnali ci sono. Ho partecipato a un concerto a New York, il Dame Electric. Nel backstage ho pensato, wow, è la prima volta che non sono l' unica donna! E non c' è più un' unica identità, c' è chi arriva in moto, tosta, e ci sono quelle truccate, iperfemminili, come le vostre presentatrici televisive».

 

Ma non era anche divertente essere l' unica donna nel backstage?

«Fino a un certo punto. Ho in mente una foto, la prima volta che ho suonato in pubblico il moog: sono nel backstage in mezzo a Robert Moog, agli Yes e ad altre rockstar, e sono l' unica ragazza. Momenti piacevoli, ma a patto che non durino per sempre».

 

Di cosa deve avere paura chi fa musica elettronica?

«Dei blackout! Con l' elettricità è tutto o niente».

 

Oltre ai concerti farà nuovi dischi?

«Ben due quest' anno. Un live per la mia etichetta, e un album di dieci composizioni scritto cinque anni fa a Venezia».

 

Da una che ha inventato tanti suoni, ce n' è uno che non sopporta?

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«I rumori attraverso il muro, come in hotel quando sei costretta a sentire tutto quello che dicono e fanno i vicini. Dov' è la nostra privacy sonora? Per fortuna hanno inventato le cuffie».

 

E quello che ama di più?

«L' oceano. Da qualche tempo vivo proprio davanti al mare, in California. È bellissimo, la notte mi addormento ascoltando il suono delle onde. Anzi, se aspetta un attimo esco: ecco, riesce a sentirle?».

 

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