ULTIME DAL RISIKO EDITORIALE - ELKANN NON HA FRETTA DI USCIRE DAL 'CORRIERE', VISTO CHE ORA DOVREBBE REGISTRARE (PER FIAT) UNA PERDITA SANGUINOSA. MA CDB VUOLE CHIUDERE L'OPERAZIONE ENTRO L'ANNO, E DAL LATO 'ESPRESSO-REPUBBLICA' SI MUOVE IL BANCHIERE GAETANO MICCICHÉ

Riccardo Ruggeri: 'Dagospia il 21 gennaio scorso aveva pubblicato un suo quasi-scoop - visto che non è stato ancora nè smentito né confermato - sull' uscita degli Agnelli dal 'Corriere'. Io ci credo. Torino dopo essersi liberata, senza provare emozioni, dei Savoia, farà altrettanto con gli Agnelli?...

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1. IL RISIKO EDITORIALE: UN PASSO AVANTI, UNO INDIETRO, UNO DI LATO

john elkann isabella borromeo john elkann isabella borromeo

DAGONEWS - John Elkann non ha fretta di uscire dal ''Corriere'', soprattutto se il cda Rcs riuscirà a convincere le banche che non serve un nuovo aumento di capitale. Vendere in questi chiari di Luna bancari significa una minusvalenza notevole, visto che il titolo è calato del 63% nell'ultimo anno, del 25% solo nell'ultimo mese.

 

Al giovane 'Kaky' non piace perdere soldi, per niente. Non vuole darla vinta a Marchionne, che ha sempre ritenuto la sua passione per i giornali una distrazione in un business ormai multinazionale, e al momento non c'è un compratore che possa offrire la cifra 'giusta' per far felice il CEO.

 

Peraltro, il 20% di Rcs, così come il 77% di Itedi – la società che racchiude 'Stampa' e 'Secolo XIX' – è in mano a Fiat, non a Exor o alla famiglia Agnelli. Un'operazione in perdita andrebbe a colpire i conti della casa automobilistica, una pessima figura per il manager quarantenne.

 

rodolfo E carlo de benedetti lap rodolfo E carlo de benedetti lap

C'è qualcuno però che ha fretta di chiudere il risiko della carta stampata: Carlo De Benedetti. E' lui che vuole consolidare 'Repubblica' e cerca un erede (fuori dalla famiglia) che abbia la sua stessa passione per l'editoria, e il potere che ne deriva. Che sia una fusione con la 'Stampa' o addirittura col 'Corriere', i tempi stringono.

 

Il quotidiano di Largo Fochetti, che non lotta con montagne di debito o azionisti riluttanti, è in una posizione di netto vantaggio: unirsi ora vuol dire avere la parte del leone. Anche perché i due relativamente nuovi direttori del nord (Fontana e Molinari) non vedono il loro lavoro come una missione politica per il bene dell'umanità, come facevano Scalfari-Mauro e pure Calabresi, sebbene quest'ultimo in versione bene dell'umanità = renzismo+atlantismo.

mario calabresi massimo giannini ballaro mario calabresi massimo giannini ballaro

 

Dal lato 'Repubblica-Espresso', chi si muove in questa partita è Gaetano Micciché, direttore generale di Banca Intesa nonché compagno di Jacaranda Caracciolo Falck, azionista di minoranza del gruppo. Micciché sta studiando come aggirare gli ostacoli finanziari e antitrust ai diversi assetti, e incontra spesso Giovanni Bazoli, che è ancora per poco al vertice di Intesa nonché nume tutelare del 'Corriere'.

MAURIZIO MOLINARI E MARIO CALABRESI MAURIZIO MOLINARI E MARIO CALABRESI

 

 

 

Di queste trattative, l'erede Rodolfo De Benedetti non ne vuole sapere nulla. 

 

Infine, una nota di colore: il nuovo direttore Calabresi avrebbe dato un taglio agli editoriali su 'Repubblica': al massimo uno al giorno, tanto pare non li leggesse nessuno. Analisi e commenti vanno bene, ma i pipponi (soprattutto se politici) vanno ridotti all'osso. Paradossalmente, come ieri con l'articolo di David Brooks per il 'New York Times', ci tocca leggere editoriali iper-raffinati sulla politica americana, destinati a una piccola fetta di lettori feticisti delle cose yankee.

 

 

2. IL DISIMPEGNO DEGLI AGNELLI DAL CORRIERE MERITA DI ESSERE DISCUSSO

Riccardo Ruggeri per “Italia Oggi” ripubblicato da “il Foglio

daniela hamaui ezio mauro carlo de benedetti jacaranda caracciolo falck daniela hamaui ezio mauro carlo de benedetti jacaranda caracciolo falck

 

Dagospia il 21 gennaio scorso aveva pubblicato un suo quasi-scoop - visto che non è stato ancora nè smentito né confermato - sull' uscita degli Agnelli dalla loro ultima proprietà italiana, la partecipazione nel Corriere della Sera. Su di essa (anziché sollevarsi un dibattito) è subito calata una spessa coltre di silenzio. Il Foglio lo scorso 3 febbraio ha ripreso e approfondito la notizia, anche con un commento di Giuliano Ferrara che definisce il quasi-scoop "una strana notizia, vera e rilevante ma avvolta in un velo di irrealtà e quasi di anacronismo".

JACARANDA FALCK JACARANDA FALCK

 

Senza avere, sia chiaro, alcun elemento oggettivo per valutare lo scoop, io ci credo, così la motivazione di uscire dall'italico nazional-popolare per farsi anglosassoni. Lo capiremo presto, se venderanno gli ultimi due asset italiani, questi sì nazional-popolari (Juve e villa Frescot), se poi consolideranno Fca in Gm (per loro consolidare significa vendere), il sindaco di Torino si sentirà in dovere di cambiare il nome di uno dei più grandi corsi della città: da Giovanni Agnelli ad Alfred Sloan?

 

GAETANO MICCICHE DG INTESA S PAOLO GAETANO MICCICHE DG INTESA S PAOLO

Torino dopo essersi liberata, senza provare emozioni, dei Savoia, farà altrettanto con gli Agnelli? Il tema strategico non è certo la morte presunta o reale dei giornali, ma la natura del ceo -capitalism, del quale oggi tutti i business, editoria compresa, sono schiavi. A differenza del capitalismo classico in questo la proprietà è talmente diffusa che si è fatta liquida (in senso sociologico) e il ceo assume le vesti di manager e proprietario facente funzione.

 

GIOVANNI BAZOLI GIOVANNI BAZOLI

Ovvio, non sono manager ma deal maker, quindi incapaci di gestire secondo le modalità classiche del management: "Innovazione -sviluppo prodotto -sviluppo rete, ecc." con garanzie di competitività nell' alveo delle leggi di mercato. Così, si limitano a stressare la strategia delle economie di scala, per garantire risparmi sugli investimenti e sui costi, procedono a successive fusioni aziendali, a volte, talmente contro natura, da identificarsi con il losco utero in affitto.

 

Immagino che lo stesso, presto succederà con i giornali. Il loro destino lo vedo segnato, pur non credendo alle tesi catastrofiste oggi prevalenti. E' evidente che il ceo-capitalism, essendo al contempo tavola della legge e tavola pitagorica del potere pretende che i grandi comparti di business, pubblico e privato, siano focalizzati per raggiungere un modello duale, stile Airbus -Boeing, ove la competizione sia a priori esclusa. A chi fosse interessato fare paralleli, suggerisco di studiare l' interessante processo di concentrazione -fusione del business delle birre.

 

Ezio Mauro Eugenio Scalfari Ezio Mauro Eugenio Scalfari

Dopo i recenti consolidamenti, sono rimasti i marchi, le etichette che ci ricordano la nostra giovinezza, ma il liquido è diventato lo stesso, stesse le reti distributive, stesse le politiche di prezzi: solo meno addetti, lavori più poveri, minore qualità. Lo stesso avverrà per i giornali, rimarranno i loghi delle grandi testate, ma via via, raschiando il fondo del barile per recuperare costi, praticheranno centralizzazioni selvagge, osceni maquillage, il marketing si farà estremo, soprattutto staranno alla larga da qualsiasi gusto o tendenza appena un po' radicale. Il giornale non sarà più il nobile portatore di libertà, ma un prodotto patinato di bell' aspetto, ma con la stessa dignità di una lattina di birra.

 

luciano fontana luciano fontana

Questi processi di successivi consolidamenti, nel caso delle birre, hanno fatto nascere, di contro, molte birre artigianali. Avverrà lo stesso per i giornali? Da sempre compro Repubblica, Corriere, Stampa, Sole, ma da molti anni più le pagine aumentano, più mi limito a sfogliarli, pilucco qualche pezzo, immagino giovani colleghi alle postazioni web costretti a un frenetico "copia -incolla di agenzie" che li trasforma in autentici brasseur del Nulla. Cerco con più giornali di farne uno, non ci riesco, non mi trasferiscono più emozioni, neppure suggestioni.

 

Queste le trovo ancora su Italia Oggi, sul Foglio, sul Fatto, sul Corriere del Ticino: si capisce che dietro questi ci sono redazioni minuscole ma vive, idee, coraggio, sacrifici, ma per alcuni, dai loro siti si intuisce che, seppur lottando, stanno per gettare la spugna, e allinearsi al potere. Sono due mondi sempre più diversi: l' uno è un passato glorioso dal futuro ancillare, l' altro al momento è in crisi, ha ovvi limiti di investigazione giornalistica, quindi di crescita, ma almeno una speranza di futuro la si intravede. Agli uni e agli altri, in amicizia, brandendo una Strong Dark Belgian Ale, dico: prosit!

 

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