1. IL ‘’VAFFANCULO’’ E’ SERVILLO AI CRITICI (‘’DUBBIOSI’’) NEL GIORNO DEL GOLDEN GLOBE ASSEGNATO COME MIGLIOR FILM STRANIERO ALLA “GRANDE BELLEZZA” DI PAOLO SORRENTINO 2. E VISTO CHE E’ STATO PREMIATO IL FILM E NON LA REGIA, SORRENTINO NE RICEVE UNO ALTRETTANTO SONORO DA PARTE DI ATTORI (FERILLI & VERDONE), COLLABORATORI E DISTRIBUTORI E PRODUTTORI (LA MEDUSA DI BERLUSCONI HA INVESTITO BEN 4 MILIONI DI EURO) CHE NON SONO STATI NE’ CITATI NE’ RINGRAZIATI NEL CORSO DELLA CERIMONIA A LOS ANGELES, COME INVECE HANNO FATTO TUTTI GLI ALTRI VINCITORI 3. E NEPPURE UN “GRAZIE” DI PAOLO IL FREDDO ALL’ALLORA SINDACO DI ROMA, GIANNI ALEMANNO, CHE GLI HA CONCESSO GRATIS TUTTE LE LOCATION PRETESE PER GIRARE IL FILM

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DAGOPINIONE

VIDEO: IL VAFFA DI SERVILLO - https://www.youtube.com/watch?v=zmQgdsjfqdI&feature=youtube_gdata_player

Foto di scena del film La Grande BellezzaFoto di scena del film La Grande Bellezza


Il vaffanculo è Servillo.
A poche ore dall'assegnazione del prestigioso Golden Globe alla "Grande bellezza" di Paolo Sorrentino come miglior film straniero il suo attore-protagonista, Toni Servillo, sigilla (fuori-onda, ma poco conta) la sua intervista radiofonica con un epiteto romanesco che ben illumina l'acrimonia covata dagli autori della pellicola premiata negli Usa dopo alcune critiche ("dubbiose") che, invece, hanno accompagnato nelle sale italiane la sua uscita (vedi Mereghetti sul "Corriere").

Un'insofferenza che sembra rasentare quell'arroganza malcelata che per dirla con Nietzsche, "offende ancora di più" se viene espressa dalle persone meritevoli "perché - aggiungeva il grande pensatore tedesco - già il merito offende".

E forse è sfuggito ai più che nel corso della cerimonia di Los Angeles, trasmessa in Italia da Sky, a guadagnarsi davvero un sonoro "vaffanculo" - (metaforico e per eccesso di boria) dai tanti e bravi collaboratori del regista (dagli attori eccellenti Ferilli&Verdone, alla berlusconiana casa di distribuzione Medusa che ci ha investito 4 milioni di euro) -, è stato proprio Sorrentino.

la grande bellezza sulla croisette - servillo-ferilli-sorrentino-verdonela grande bellezza sulla croisette - servillo-ferilli-sorrentino-verdone

Oltre alla moglie e al figlio e a differenza degli altri autori e attori premiati, Paolo il freddo non ha ringraziato nessuno di quanti hanno concorso, massicciamente e in maniera decisiva, al successo della "Grande bellezza". E da lui non s'è ascoltato neppure un "grazie" all'allora sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che gli ha messo a disposizione le location da lui pretese.

A ben vedere, l'ingratitudine e la stessa (umana) reazione del "divo" Servillo - sia pure sfrucugliato al telefono dall'intervistatrice di Rai News -, non rappresentano davvero una novità sotto il cielo stellato di Cinecittà (e dintorni). E' difficile per molti autori e protagonisti di film nostrani rassegnarsi all'idea che "oggi tutto è cinema; l'unica cosa che cambia è dove e come lo si vede". Parola (autorevole) di Gore Vidal.

TONI SERVILLO NEL FILM DI SORRENTINO TONI SERVILLO NEL FILM DI SORRENTINO "LA GRANDE BELLEZZA" FOTO GIANNI FIORITO

"Forse non abbiamo più fiducia nel nostro cinema, che pure sta tentando di trovare un suo equilibrio per altri avversato da professionisti del caos", ha osservato la sublime e saggia Natalia Aspesi su "la Repubblica", che ha sempre difeso le ragioni e la forza del lavoro di Sorrentino. Che per lei "è un grande film".

E un'altra sacerdotessa della critica, Piera De Tassis, su "l'Huffington Post" (ri)accende il focherello delle polemiche che da tempo covavano sotto le ceneri dell'opera ben avviata a conquistare un Oscar.

Anche la direttrice della rivista specializzata "Ciak" era rimasta "folgorata" dalla visione della "Grande bellezza": la stessa sindrome di Stendhal, spiegava in buona sostanza, che colpisce i turisti stranieri di fronte ad una opera d'arte. Ma, aggiungeva, "non è stato così per tutti i critici italiani, che hanno in buona parte optato per l'esegesi parsimoniosa, e per reazioni e emozioni misurate, non riuscendo probabilmente a trovare il bandolo di un puzzle sterminato, a cui sembrava mancare sempre una tessera fondamentale (e meno male!)".

la grande bellezza sorrentinola grande bellezza sorrentino

Già. A giudizio di Piera De Tassis "a qualcuno, che vedeva troppo vicino è sfuggita la celebrazione crudelmente amorosa di un'epoca e di un salotto universali. Taluni, come Roberto D'Agostino, si sono probabilmente sentiti espropriati del proprio Cafonal e del copyright, mentre per altri ancora - e sono quelli che meritano maggior considerazione - era semplicemente doloroso ammettere che tutto ciò che Sorrentino, nel suo film, immagina e trasfigura, nella nostra società era già avvenuto".

Ma, per carità! nessuna rivendicazione di primogenitura (copyright Cafonal) da parte dell'irriverente Dagone.
Com'è ben documentato nelle interviste rilasciate prima, durante e dopo l'apparizione in sala della pellicola.

Il tenutario di questo sito, al contrario, si è dichiarato sempre appagato di apparire nei titoli di coda de la "Grande bellezza". E di non nutrire alcuna invidia nei confronti. Anzi. Se il film vince l'Oscar, come si augura, lui ne è felicissimo (vedi dichiarazione a "il Fatto" proprio alla vigilia dei Golden Globe).

sabrina ferilli sul set di La grande bellezzasabrina ferilli sul set di La grande bellezza

"Ho conosciuto Paolo Sorrentino in una dimensione che ha contribuito all'equivoco: una serata a casa di Roberto D'Agostino e della moglie Anna Federici, ovviamente a Roma, sulla loro terrazza che si affaccia sulle anse del Tevere e si offre pienamente alla Grande Bellezza. Parlammo dei suoi film e di cose varie. Sorrentino era lì dichiaratamente per cercare e studiare atmosfere che potessero essere utili al suo film, e che, come ora è evidente, non trovò o forse non volle utilizzare. Era nel posto migliore per coglierle, per carpirne dialoghi e spirito: ma non lo fece...", ha rivelato su "Libero" il giornalista-scrittore Filippo Facci.

Ma per trovare una spiegazione a quella defalliance (ovvia perdonabile) di Sorrentino ospite dei D'Agostino meglio rifarsi a una delle pagine mirabili del "Diario notturno" (1956) di Ennio Flaiano in cui l'autore dà conto di un'altra terrazza romana.

sorrentino sul set di La grande bellezzasorrentino sul set di La grande bellezza

Qui, il proprietario arricchito fa mostra ai propri anfitrioni delle meraviglie del suo nuovo attico. E puntando il dito verso l'orizzonte, esclama rivolto all'ospite-scrittore:
"Che vista magnifica, vero? Ecco, laggiù il Soratte cantato da Orazio; e, poi, Tivoli (...) dominiamo tutta Roma".
E, di rimando, Flaiano chiede:
"Che c'è dall'altra parte?".
Risposta, flaianesca, del padrone di casa:
"Dall'altra parte? Oh, niente, c'è il panorama di servizio".

E forse era lì, rivolto al "panorama di servizio", che Sorrentino avrebbe potuto cogliere l'insostenibile Bellezza&Monnezza della capitale. E' andata, invece, che il barocco e i sampietrini hanno preso il sopravvento finendo per corrompere ("trombare preciserebbe Roberto) il regista in corsa per l'Oscar(dabagno).
Pazienza.

prima foto la grande bellezzaprima foto la grande bellezza

L'unico torto che si può imputare allora a D'Agostino è di trovare la bellezza romana narrata da Sorrentino, appunto, una "grande monnezza".
A dirla tutta, e a scanso di altri equivoci, inoltre il merito a lui riconosciuto (se di merito si tratta) rispetto alla realizzazione de la "Grande bellezza" è stato quello, in verità assai umile, di aver vestito i panni dell'attempato direttore dello zoo. Il guardiano del bestiario con qualche graffio ancora vivo a ricordo della sua lunga attività, che insieme al suo domatore-fotografo, Umberto Pizzi, accompagna per la prima volta lo spaesato forestiero nelle gabbie in cui riposano esemplari di bestie rare e camaleontiche che nelle notti romane si muovono in branco.

PIZZI E DAGOPIZZI E DAGO

Una fauna inafferrabile, mutevole (e indomabile) nei secoli anche agli occhi attenti di Giuseppe Gioacchino Belli.
Nell'introduzione ai suoi sonetti l'immenso poeta ammetteva: "Io qui ritraggo le idee di una plebe ignorante, comunque in gran parte concettosa ed arguta, e le ritraggo, dirò, col concorso di un idiotismo continuo, di una favella tutta guasta e corrotta, di una lingua infine non italiana e neppur romana, ma romanesca".

vigi libro ultracafonalvigi libro ultracafonal

Un conto, allora, è percepire (o annusare) i miasmi intimi e al tempo stesso diffusi vergognosamente coram populo da una città-zoo che, ancora adesso, può identificarsi con la battuta del Sordi-Marchese del Grillo: "Roma è tutta un vespasiano"; altro - secondo le confessioni ruvide e irriverenti di D'Agostino -, è rifiutare questa "realtà" (insondabile e sorda) con masturbazioni intellettualoidi. Fingendo di sognare maestose giraffe e fenicotteri che oggi, a distanza da oltre un anno dall'uscita della "Grande bellezza", farebbero la loro scioccante figura se sorprese dalla cinepresa di Sorrentino a razzolare nell'immensa discarica di Malagrotta del Supremo Monnezza Cerioni.
Mala-grotta currunt...

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