BUONA LA PRIMA - LA "TURANDOT" VERSIONE DISNEY DI ALFONSO SIGNORINI RACCOGLIE APPLAUSI E CONSENSI ALL'APERTURA DELLA 63° EDIZIONE DEL FESTIVAL PUCCINI - DOPO I PREGIUDIZI (E LE CRITICHE PREVENTIVE) PER LA DIREZIONE DI UN’OPERA LIRICA, IL DIRETTORE DI “CHI” FREGA TUTTI MESCOLANDO POP E TRADIZIONE 

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Alberto Filippi per il Messaggero

 

ALFONSO SIGNORINI ALFONSO SIGNORINI

La Turandot di Puccini. Un'opera enorme, mastodontica, in cui ci sono ossessione, amore, passione. Paura. Dolore. È la storia di una principessa, la Turandot del titolo, che non vuole sposarsi e che per questo, con il benestare dell'Imperatore suo padre, crea tre prove impossibili per i suoi spasimanti. Chi vince la sposa. Chi perde, muore. Senza pietà, gelida, aristocratica. Ma anche profondamente moderna. Turandot è una donna che prova a riprendersi la sua libertà, che prova ad andare contro la famiglia, le tradizioni, contro la legge. Inamovibile eppure, purtroppo per lei, schiava. Forse anche più schiava della povera Liù, che ama segretamente Calaf, principe decaduto che decide di competere per il cuore e la mano, e quindi la corona di Turandot. L'eroe redento, privato dei suoi titoli e delle sue terre, in disgrazia, in fuga dalla legge, che si lascia sconvolgere letteralmente, qui dall'amore. È nella sua voce, nel suo magnifico Nessun dorma, che il pathos e l'epica raggiungono il proprio culmine.

 

signorini signorini

Puccini, la sua Turandot, non riuscì a finirla. Morì dopo aver concluso il secondo atto, lasciando a Franco Alfano, che poi ebbe il compito di completarla, pochi appunti. Turandot è favola, è leggenda, è bellezza. E nell'idea di Alfonso Signorini, che due giorni fa ha diretto la sua Turandot per l'apertura della 63° edizione del Festival Puccini, restano i temi principali, resta una certa attenzione per la messa in scena e per la musica lui che, appassionatissimo, si dice abbia intrattenuto l'intera compagnia suonando al pianoforte Beethoven e Bach. Più che la decisione di affidare a lui quest'opera, quello che lascia più perplessi qui in accezione totalmente positiva, e sorpresa è la sua popolarizzazione, talvolta letterale, dell'opera pucciniana.

 

TURANDOT TURANDOT

L'ha definita disneyiana, più di una volta. Come se la Cina raccontata da Puccini fosse quella di Mulan e non quella vista da un occidentale, da un artista, che voleva le favole, sì, ma non quelle di un cartone animato.  Ci sono i colori, anche quelli immancabili, nella Turandot di Signorini. E c'è anche, cosa apprezzabilissima, il tentativo di aggiungere alla tradizione e di provare ad andare oltre: nella sua versione la principessa senza cuore riconosce e omaggia il coraggio e l'amore della schiava Liù per il suo signore e principe, Calaf. C'è addirittura un momento, quando la schiava è morta e giace inerme, in cui Turandot le posa la corona sulla testa.

 

Una dichiarazione di intenti: viva i reali, per carità; e viva pure la Cina dei sogni, fumosa, kubrickiana altra definizione su sui non ci si è risparmiati molto, nelle cronache ma viva soprattutto il coraggio degli ultimi, dei più deboli, che alla fine, davanti a una storia di nobili decaduti e principesse indipendentiste, mostrano più valore e dedizione. Buona la prima, insomma. Signorini convince. E al diavolo se è noto per altro, per dirigere Chi o per le sue ospitate al Grande Fratello. Un regista è un regista, poco importa il suo nome. Ed è di quello che fa come regista che bisogna dargli atto, oppure no. Più che le sue scelte, che restano tutte più o meno fedeli all'originale e al libretto, fa storcere il naso l'idea di glamourizzare uno spettacolo, di farlo diventare passerella e red carpet per i VIP: dite, per voi Puccini non è abbastanza?

TURANDOT TURANDOT

 

Non bastano le voci, la scenografia mastodontica, i costumi coloratissimi? Non basta la magia dell'opera? Nella cornice di Torre del Lago, si tiene l'unico festival al mondo l'unico, lo ripetiamo dedicato a un gigante, a un simbolo del teatro e dell'opera. Toscanini, nel mettere in scena la Turandot, decise di fermarsi al secondo atto, di lasciare il racconto in sospeso. E rivolgendosi al suo pubblico, disse: «Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto». Appassionatevi all'opera, perché è una storia senza tempo, senza luoghi che non nega una possibilità a nessuno, e che è pronta a trasformare i sogni in realtà. Com'è successo a Signorini, giornalista, direttore, opinionista; ma pure pianista e appassionato, ora passato dall'altra parte della barricata. «I dettagli sono importanti», ha ripetuto spesso durante le prove. I dettagli, forse, sono l'unica cosa.

alfonso signorini alfonso signorini

 

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