CADUTA MASSONI! SGOMINATA DALLA DDA DI REGGIO CALABRIA LA CRICCA DEGLI APPALTI PUBBLICI: IN MANETTE ANCHE UN EX SENATORE DI AN, DOMENICO KAPPLER. L’INTRECCIO TRA MASSONERIA E ’NDRANGHETA E LE MINACCE AI FUNZIONARI PUBBLICI ONESTI

Dieci i fermi in totale da parte delle forze dell’ordine.Gare milionarie in mano al "comitato" guidato da un dipendente infedele. Tra i reati contestati agli indagati, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e truffa…

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Alessia Candito per “la Repubblica

DOMENICO KAPPLER DOMENICO KAPPLER

 

Che ci fosse un sindaco o una triade prefettizia a governare, erano clan e logge a decidere sull' assegnazione degli appalti pubblici a Reggio Calabria, futura città metropolitana per anni mutilata del suo dipartimento Lavori pubblici.

 

A darlo in pasto a massoneria e 'ndrangheta, per la Dda di Reggio Calabria, è stato Marcello Cammera, dal 2001 pilastro della burocrazia comunale, ieri fermato dai carabinieri per concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e truffa. Con lui, sono finiti in carcere il fratello, Antonio Franco Cammera, il funzionario comunale Bruno Fortugno, gli imprenditori Mario e Alberto Scambia e Vincenzo e Domenico Barbieri, ma anche l' ex senatore Domenico Kappler, il numero uno in Italia di Accion Agua, Luigi Patimo e il capo della Progin, Sergio Lucianetti.

 

MARCELLO CAMMERA MARCELLO CAMMERA

Per i magistrati guidati dal procuratore capo Federico Cafiero de Raho, sono tutti parte o in rapporti con un sistema occulto che ha drogato gli appalti pubblici a Reggio Calabria e che aveva in Cammera l' ingranaggio fondamentale.

 

Inamovibile "signore" di lavori e cantieri in città finché il sindaco Giuseppe Falcomatà non l' ha rimosso dall' incarico, il dirigente avrebbe messo in mano alla loggia segreta cui appartiene il settore Appalti. A governarlo realmente sarebbe stato l' ex deputato Psdi Paolo Romeo, già condannato per concorso esterno, riarrestato a maggio per estorsione e ieri destinatario di un nuovo provvedimento.

 

TERESA MUNARI TERESA MUNARI

Un ruolo occulto intuito dal sindaco Falcomatà, per il quale Romeo è sempre stato il «capo di Cammera», come dall' assessore ai Lavori pubblici Angela Marcianò, che fin dal suo insediamento ha tentato di arginare lo strapotere del dirigente.

 

In cambio, la loggia l' avrebbe bersagliata con una pesante campagna stampa, guidata dalla giornalista de "IlGarantista" Teresa Munari, per ordine di Romeo. Un nemico che l' assessora, di recente destinataria di una pesante intimidazione, ha nel tempo imparato a temere. «Mi è venuta la pelle d' oca - si dispera dopo averlo incrociato in Comune - Sapeva quello che sto facendo, quello che non sto facendo, tutto. Massoni, massoni».

 

IL PROCURATORE CAFIERO DE RAHO E A DESTRA IL PM ALESSANDRA CERRETI IL PROCURATORE CAFIERO DE RAHO E A DESTRA IL PM ALESSANDRA CERRETI

Intuizioni confermate dall' inchiesta, che ha svelato come per anni sia stato lui a guidare il settore Lavori pubblici, scegliendo le opere da eseguire e le imprese chiamate a farlo in cambio di sostanziose mazzette. È successo per opere da qualche decina di migliaia di euro, ma anche per infrastrutture e servizi strategici, come la gestione della depurazione e del sistema idrico integrato.

 

Un appalto da 256 milioni, confezionato su misura per un consorzio formato per l' occasione dal colosso spagnolo Accion Agua e dalla Idroreghion, società in parte controllata da Domenico Barbieri, condannato definitivamente per mafia. Cugino di Romeo e considerato uomo del clan Buda Imerti, Barbieri lavorava gomito a gomito tanto con Luigi Patimo, vertice italiano di AccionAgua, quanto con l' ex senatore Domenico Kappler, colonnello di An, già coinvolto nell' inchiesta Mafia capitale.

FEDERICO CAFIERO DE RAHO FEDERICO CAFIERO DE RAHO

 

Entrambi - sostengono gli inquirenti - avevano un ruolo strategico. Considerato socio occulto della Idroreghion, Kappler avrebbe "pagato" l' appalto con ben retribuite consulenze nella società Risorse per Roma, da lui amministrata e assunzioni in Acea. Oltre a incarichi e contratti, Luigi Patimo, insieme all' imprenditore dei clan Barbieri, aveva invece creato un vero e proprio fondo nero per pagare le mazzette. Pecunia non olet, potrebbe aver pensato all' epoca il numero uno del colosso spagnolo. Ma la 'ndrangheta - avrà realizzato dopo essere finito in cella - decisamente sì.

 

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