UN CAFFE’ LUNGO (30 ANNI) - IL 18 MARZO 1986 MICHELE SINDONA VIENE CONDANNATO ALL’ERGASTOLO: QUATTRO GIORNI DOPO MUORE AVVELENATO DA UN CAFFE’ AL CIANURO BEVUTO IN CELLA: FU SUICIDIO O OMICIDIO? E SE VOLEVA TOGLIERSI LA VITA, CHI GLI FORNI’ IL VELENO? -

Michele Sindona, uno degli uomini più enigmatici della storia d’Italia, morì dopo 53 ore di agonia, il 22 marzo 1986, portando nella tomba i suoi segreti. La sua vita spericolata tra mafia, politica, massoneria, Vaticano, omicidi, banche…

Condividi questo articolo


Leonardo Coen per il “Fatto quotidiano

 

MICHELE SINDONA MICHELE SINDONA

C' è un' istantanea che è come un film. L' ha scattata trent' anni fa un fotoreporter dell' Ansa, durante un' udienza del processo Ambrosoli, alla Corte d' Assise del tribunale di Milano. L' imputato Michele Sindona, accusato d' essere il mandante del killer che la notte dell' 11 luglio 1979 uccise a colpi di pistola l' avvocato Giorgio Ambrosoli - liquidatore della Banca Privata Italiana di Sindona - è inquadrato mentre sta sorseggiando una tazza di caffè.

 

Lo sguardo del sessantaseienne Sindona è vigile, punta verso l' obiettivo: anche in quel momento così banale, il sorso di un caffè, mantiene l' espressione attenta, guardinga. Anzi, in quegli occhi imperscrutabili come i suoi segreti, c' è un' irrispettosa sfida, quasi a riflettervi le parole con cui sintetizzava la propria "demonizzazione", ergendosi a vittima di interessi economici potenti.

 

MICHELE SINDONA MICHELE SINDONA

Una linea di difesa che non lo salverà dall' ergastolo, comminato il 18 marzo 1986: "Queste sentenze mi fanno ridere", disse a Enzo Biagi, "non ho paura di morire, attendo il trapasso con una serenità".

 

Quel giorno si chiudeva ingloriosamente la resistibile ascesa di un personaggio fumantino che si era aggirato nei meandri delle consorterie trasversali in cui convivevano, strettamente legati, i poteri occulti finanziari, politici, eversivi, criminali, piduistici.

E mafiosi. Guido Carli, governatore della Banca d' Italia, riconobbe a Sindona una "grandezza sinistra, ma indubbia".

COPERTINA LIBRO SINDONA COPERTINA LIBRO SINDONA

 

Era un outsider, dalle irrefrenabili ambizioni. far denaro con il denaro. Acquisì la sua prima banca nel 1960. Elargiva ingenti somme alla Dc in cambio di favori alla sua Banca Privata, anche quando era latitante (fu inseguito da mandati di cattura spiccati nel 1974 per false comunicazioni sociali, illegale ripartizioni degli utili, operazioni in cambi non riportate nella contabilità, e bancarotta fraudolenta per il fallimento della Privata).

 

Tra gennaio e marzo del 1979 scrisse otto lettere a Giulio Andreotti, perché intervenisse a suo favore sulle autorità americane per "scongiurare asserite ricadute politiche negative in caso di una sua incriminazione". Incombeva il crack della Franklyn National Bank e temeva l' arresto.

 

Nell' agosto 1979 mise in piedi un finto rapimento ad opera di un fantomatico "Gruppo proletario di eversione per una giustizia migliore" e sparì da New York. Fu aiutato da elementi di Cosa Nostra, alla quale aveva "commissionato" l' assassinio di Ambrosoli.

 

Giorgio Ambrosoli Giorgio Ambrosoli

Nel memoriale della Prima Repubblica, Sindona è sconcertante personaggio centrale di moltissime trame, da quelle di Licio Gelli a Roberto Calvi, dai cardinali dello Ior al "complesso politico-affaristico-giudiziario" (copyright Paolo Baffi, governatore della Banca d' Italia").

 

Nella foto dell' Ansa, Sindona è impeccabile, come ai tempi della sua ascesa finanziaria: ci teneva a palesare un aplomb di moderno manipolatore del quattrino e non vi rinunziò, nemmeno in galera. Eccolo, elegante nel completo blu scuro con gilet, dal taschino della giacca spunta un signorile fazzoletto bianco, candido come la camicia, mentre la cravatta è classica.

 

GELLI-CALVI-SINDONA-MARCINKUS GELLI-CALVI-SINDONA-MARCINKUS

Negli anni Sessanta l' abile fiscalista arrivato a Milano dalla siciliana Patti era diventato il fiduciario finanziario del Vaticano mentre negli Stati Uniti veniva considerato un brillante banchiere "creativo", tanto da poter acquisire la Franklin National Bank e vivere all' attico dell' esclusivo Pierre hotel, davanti al Central Park.

 

Il premier Giulio Andreotti gli aveva consegnato l' Oscar della Lira, per averla difesa dalla speculazione, e lui in quegli anni rampanti del miracolo economico esibì indubbie doti che sedussero nuovi e vecchi ricchi, politici e banchieri: "Ha dalla sua un' intelligenza svelta e versatile, la passione per l' azzardo, la smania di affermazione, la spregiudicatezza morale che occorrono per puntare in alto, non solo in Italia", sottolinea Marco Magnani, economista della Banca d' Italia nonché storico, nel suo recentissimo saggio (uscito per Einaudi). Intitolato Sindona. Biografia degli Anni Settanta.

CARLO CALVI CON LA MADRE E MICHELE E RINA SINDONA ALLE BAHAMAS CARLO CALVI CON LA MADRE E MICHELE E RINA SINDONA ALLE BAHAMAS

 

E non a caso, la foto che illustra la copertina di questo bel libro è proprio quella di Sindona che sorseggia il caffè. Emblematica. E profetica. Giacché, due giorni dopo la sentenza del processo Ambrosoli, il finanziere berrà nella sua cella dentro al supercarcere di Voghera un altro caffè che si rivelerà fatale, perché "corretto" al cianuro di potassio.

 

Sindona muore dopo 53 ore di agonia, alle 14 e 10 del 22 marzo 1986, e porterà nella tomba i suoi segreti. Il decesso, scrissero i medici, avvenne per "arresto cardiaco". L' inchiesta giudiziaria imboccò subito la pista del suicidio, non credendo all' omicidio.

 

Michele Sindona Michele Sindona

Del resto più volte Sindona aveva accennato a questa clamorosa "uscita di scena", la "beffa" estrema… ed è l' ipotesi accreditata dagli ex magistrati Giuliano Turone (si occupò del processo Ambrosoli) e Gianni Simoni (fece l' inchiesta sulla morte di Sindona). L' indagine giudiziaria concluse che il finanziere si era tolto la vita.

 

Il giudice istruttore di Voghera archiviò il caso. Senza però stabilire come il cianuro fosse arrivato in cella, e chi glielo avesse dato, nonostante tutte le precauzioni, le telecamere sempre in funzione, i secondini a controllarne i movimenti. Ovviamente, nel paese dei complotti e dei misteri, non mancarono accanite contro argomentazioni. Ma perché ucciderlo?

 

sindona michele pz004 sindona michele pz004

O obbligarlo a uccidersi? Cosa poteva sapere di così tanto pericoloso? Turone e Simoni optano per il suicidio, motivato forse dalla disperazione, perché i fraudolenti disegni di finanza criminale erano stati smascherati. Pure il "suicidio per dispetto", come disse Rino Formica (capo del gruppo parlamentare socialista) a Paolo Guzzanti il 22 marzo, potrebbe essere un movente psicologico verosimile.

 

Ma il cianuro? Chi gliel' aveva portato, in un supercarcere dove, come mi assicurò trent' anni fa il direttore Aldo Fabozzi, tutto era sotto controllo? La verità? C' è quella di un sacerdote, per esempio. Sindona aveva "l' idea del suicidio" ha detto ai giudici il cappellano don Giuseppe Baschiazzore, "tra Natale e Capodanno, invitandolo a fare la comunione, Sindona mi disse che non poteva, perché aveva la riserva mentale del suicidio e la confessione non sarebbe stata valida".

MICHELE SINDONA AL PROCESSO AMBROSOLI jpeg MICHELE SINDONA AL PROCESSO AMBROSOLI jpeg

 

La verità? Potrebbe stare "nel contesto emotivo": nasce, matura e si radica "nel pensiero della propria scomparsa, vista come affrancamento per i familiari, come divisione delle sorti infelici, ma anche come liberazione da quella 'vendetta trasversale' giustificata a suo avviso solo dalla sua presenza". Siamo al trionfo della psicopista. A guardare nelle enormi porcherie del Belpaese, ci vuole l' accomodante Freud.

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT – JOE BIDEN VUOLE CHE GIORGIA MELONI METTA ALL’ORDINE DEL GIORNO DEL G7 L’USO DEI BENI RUSSI CONGELATI. PER CONVINCERE LA DUCETTA HA SPEDITO A ROMA LA SUA FEDELISSIMA, GINA RAIMONDO, SEGRETARIO AL COMMERCIO – GLI AMERICANI PRETENDONO DALL’EUROPA UN'ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ DOPO TUTTI I MILIARDI CHE WASHINGTON HA POMPATO A ZELENSKY. MA METTERE MANO AI BENI RUSSI È UN ENORME RISCHIO PER L’UNIONE EUROPEA: POTREBBE SPINGERE ALTRI PAESI (CINA E INDIA SU TUTTI) A RIPENSARE AI LORO INVESTIMENTI NEL VECCHIO CONTINENTE…