IN CAMERON CARITATIS – L’UNICO SCONFITTO CERTO SI CHIAMA DAVID CAMERON – ANCHE IN CASO DI VITTORIA DEL “NO” È LUI CHE HA CONCESSO IL REFERENDUM E CHE HA PROMESSO PIÙ SOLDI AGLI SCOZZESI

Cameron ieri ha messo le mani avanti e ha confermato l’intenzione di non volersi dimettere in caso di sconfitta degli unionisti: “Il mio nome non è sulla scheda elettorale. La questione del mio futuro verrà decisa nella prossime elezioni generali in Gran Bretagna”. Lo scrittore separatista Irvine Welsh: “Ormai siamo incompatibili”…

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1 – “CON IL VOTO DI EDIMBURGO CAMERON SI È GIOCATO IL FUTURO”

Caterina Soffici per il “Fatto quotidiano

 

Oggi si vota il referendum che potrebbe sancire l’indipendenza della Scozia e la fine del Regno Unito. Gli ultimi sondaggi danno il “No” in aumento di 4 punti sul “Sì”. Tre rilevamenti - Icm per Scotsman (45% contro 41%), Opinium per il Daily Telegraph (49% contro 45%), Survation per il Daily Mail (48% contro 44%) - sono identici se si escludono gli indecisi: unionisti al 52% , indipendentisti al 48%.

david cameron david cameron

 

Gli indecisi oscillano tra l’8 e il 14 % e saranno l’ago della bilancia. Secondo il Guardian, contando gli indecisi, la distanza si accorcia: 51% a 49%. Nessuno quindi si azzarda a fare prEvisioni. Ma in attesa dei risultati, previsti in tarda serata, c’è già un sicuro sconfitto: David Cameron. Comunque vada, a perdere sarà lui.

 

Sulla Scozia non ne ha azzeccata una. Da quando, nel lontano ottobre 2012, si è seduto al tavolo con il leader del Partito nazionalista scozzese Alex Salmond (fresco di vittoria nelle sue terre) e ha detto che avrebbe permesso agli abitanti della Scozia di decidere del proprio futuro.

 

Ieri dichiarava al Times di non aver rimpianti per aver concesso il referendum. Ma chi ci crede? È chiaro che Cameron non aveva immaginato che la vicenda prendesse questa piega. Nessuno, in verità, dalle parti di Westminster, prevedeva una rimonta degli indipendentisti di queste dimensioni. Prima dell’estate i ‘Sì” erano al 39%. Invece è successo l’imponderabile: a 10 giorni dal voto, i favorevoli all’indipendendenza hanno sfondato la soglia del 50% nel sondaggio shock pubblicato dal Sunday Times. Panico, appelli, addirittura la regina ha detto “pensateci bene”.

primo ministro alex salmond primo ministro alex salmond

 

Ieri in un’intervista alla Bbc Cameron è apparso molto preoccupato: “Chiunque sia interessato al nostro Regno Unito, e io lo sono in modo appassionato, è nervoso”. Si preoccupa un po’ troppo tardi, la frittata è fatta. Qualunque sarà il risultato delle urne, Cameron è nei guai. Se vincono i Sì, la sua disfatta è evidente.

 

Anche se ieri ha messo le mani avanti e ha conferma l’intenzione di non volersi dimettere in caso di sconfitta degli unionisti: “Il mio nome non è sulla scheda elettorale. La questione del mio futuro verrà decisa nella prossime elezioni generali in Gran Bretagna”. Ma sarà sconfitto anche se vincono i No.

 

Perché dentro il suo partito è già iniziata la resa dei conti: una consistente fronda di parlamentari conservatori chiede conto delle promesse dell’ultima ora di maggiori soldi e maggiore autonomia alla Scozia, che porterebbero 1.300 sterline l’anno in più di spesa pubblica per ogni scozzese, discriminando gli altri cittadini del regno.

regina elisabetta ii regina elisabetta ii

 

Ma i guai non finiscono qui. La consultazione, nelle idee del governo e dei partiti di Westminster, doveva essere un detonatore delle tensioni nel nord dell’isola. Una sorta di “facciamoli votare, così si calmano”. Invece il referendum ha scatenato la febbre secessionista e ha creato un clima di tensione che non si vedeva da anni. Gli ultimi comizi sono stati accompagnati da lanci di uova, minacce, spintoni, baruffe di ogni tipo.

 

Una piazza arrabbiata, che ha creato un panico e divisioni anche a livello internazionale con Clinton schierato per il No e Putin e i suoi amici per il Si pensando all’Ucraina. Se, come è probabile, il No vince anche di poco, il referendum avrà aperto nuove ferite e lascerà tutti più scontenti. Gli scozzesi si sentiranno traditi, il resto del Regno li vedrà come dei privilegiati e tutti saranno un po’ più arrabbiati. E di questo dovranno ringraziare solo lui, il geniale Cameron.

 

2 – “LO SCRITTORE IRVINE WELSH: “ORMAI SIAMO INCOMPATIBILI”

Dal “Fatto quotidiano

 

A partire da Trainspotting (1993), il suo esordio letterario, ha raccontato al mondo una Edimburgo sottoproletaria e disperata, ben lontana dagli stereotipi della Scozia tradizionale. Oggi Irvine Welsh – nato vicino a Edimburgo 56 anni fa – si schiera per il “sì” al referendum indipendentista. Non vuole sentir ragioni neanche quando vengono dalla regina che ha invitato gli elettori a riflettere bene. “Un commento insensato che non vale nemmeno la pena discutere. Non posso votare perché sono residente all’estero - precisa Welsh rispondendoci da Miami - ma credo anche che sia giusto così: è chi vive in Scozia quotidianamente a dover decidere il futuro del suo Paese”.

IRVINE WELSH IRVINE WELSH

 

Un futuro che vede fuori dal Regno Unito.

La devoluzione mi sembra inevitabile, unico modo per colmare il deficit democratico che si è creato dal momento in cui la Scozia è diventata sempre più diversa dall’Inghilterra, particolarmente dal sud dell’Inghilterra. La differenza tra le due realtà è così grande che non ci può più essere una risposta in chiave centralista.


Cosa si aspetta in caso di vittoria?

Che dalle ceneri di un vecchio assetto imperialista ormai in decadenza possa nascere uno Stato moderno e democratico. Spero anche che un analogo movimento abbia luogo in Galles.    

referendum la scozia al voto per l'indipendenza 9 referendum la scozia al voto per l'indipendenza 9

 

Chi vuole tenere la Scozia dentro avverte: state attenti, sarete sicuramente più poveri.

Fanno il loro mestiere, che altro dovrebbero dire? Però non sanno dare nessun buon argomento contro l’indipendenza. Uno solo e vi sostengo, mi verrebbe da dire. Tutta la loro campagna è basata su due cose: l’appello alla nostalgia del passato e la paura di un futuro al di fuori dell’unione.

 

La Scozia in cui lei è nato e cresciuto, quella degli anni 60, era diversa da quella post-thatcheriana che racconta nei suoi romanzi e racconti. Che cosa è cambiato negli anni?

referendum la scozia al voto per l'indipendenza 8 referendum la scozia al voto per l'indipendenza 8

Il declino dell’unione tra Inghilterra e Scozia è un segno dei tempi, e non ci si può fare nulla. Tutti i benefici dell’unione per gli scozzesi, o i trionfi condivisi con gli inglesi appartengono ormai solo ai libri di storia. Mi riferisco all’era industriale, all’impero, all’esprit des corps visto all’epoca delle due guerre mondiali. Mi riferisco al caso dello stato sociale e del sistema sanitario nazionale, elementi soggetti a un’opera di demolizione sistematica messa in atto congiuntamente da conservatori e laburisti.

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Secondo questa logica, la Scozia è il baluardo della giustizia sociale contro il liberismo. Per questo è meglio definirsi “scozzesi” piuttosto che britannici?

Aspetti, capisco dove vuole arrivare. Sono scozzese perché sono nato in Scozia, ma nazionalismo e patriottismo non mi interessano. Altra cosa è dire che mi sento orgoglioso quando un popolo si alza in piedi e abbraccia la democrazia, sfidando le élite. Questo mi interessa molto di più.

 

 

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