DOVE C’E’ UN PRETE, C’E’ UNA CAPPELLA - A ROMA UN PARROCO HA UNA RELAZIONE CON UNA DONNA SPOSATA. IL MARITO TRADITO, CADUTO IN DEPRESSIONE, CITA IN GIUDIZIO ENTRAMBI, MA OTTIENE SOLO IL RISARCIMENTO DA LEI DI 15 MILA EURO - IL RELIGIOSO NON RICEVE UN PROVVEDIMENTO DI CENSURA DALLA CURIA E ATTRAVERSO IL SUO LEGALI…

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Da http://www.abruzzoweb.it

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Un parroco ha una relazione con una donna sposata. Il marito tradito, caduto in depressione, cita in giudizio entrambi, ma ottiene solo il risarcimento da lei di 15 mila euro, mentre lui la fa franca, non riceve nememno un provvedimento di censura dalla Curia, ed attraverso il suo legale, formula anzi una richiesta di pagamento delle spese legali nei confronti del coniuge, è il caso dire, “cornuto mazziato”.

 

Protagonista dell’incredibile vicenda, che si è verificata a Roma intorno al 2008, e ricostruita dal quotidiano Il Centro, è il parroco don Vito Isacchi, che è un pezzo da novanta della diocesi aquilana. Uno scandalo che crea ora non poco imbarazzo nell’ambiente ecclesiastico del capologo abruzzese e anche tra i fedeli.

 

I PRETI E IL SESSO I PRETI E IL SESSO

Da fonti interne alla Curia il vescovo dell’Aquila Giuseppe Petrocchi sta valutando la posizione di Don Vito con molta attenzione, anche dal punto di vista documentale, prima di prendere una decisione.

 

I legali dell’uomo della donna, del Foro di Roma, chiedono segnatamente alle autorità religiose la ragione per la quale non è stato adottato alcun provvedimento di censura a carico di un sacerdote, da anni nella Diocesi aquilana, che ha avuto una relazione con una donna sposata, comprovata da una sentenza dal tribunale di Roma.

 

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Don Vito, va poi ricordato, è stato oggetto di critiche da parte dell’ex consigliere comunale Pasquale Corriere, a causa dello "scarso impegno" del prelato nel suo ruolo di rettore del santuario dedicato a Giovanni Paolo II, nel piccolo borgo di san Pietro della Jenca, poco distante da Assergi, frazione dell’Aquila.

 

Arrivato a L'Aquila, nel 2014 al seguito del vescovo ausiliare monsignor Giovanni D'Ercole, di cui è stato segretario particolare, e nel capoluogo abruzzese ha assunto l’incarico di direttore dell'Ufficio liturgico e di presidente della Commissione liturgica diocesana. Dopo il trasferimento di D’Ercole ad Ascoli Piceno, Don Vito ha mantenuto un ruolo di primo piano anche al servizio del successore Giuseppe Petrocchi.

 

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Don Vito è anche membro del comitato Perdonanza, ed amministratore parrocchiale di Assergi. Nel settembre 2016 Petrocchi lo ha nominato amministratore parrocchiale di San Felice a Poggio Picenze, incarico che ha assunto lasciando quello ricoperto alla parrocchia di San Flaviano a Barisciano.

 

“Preferisco non entrare nella vicenda giudiziaria e personale -  commenta la notizia Corriere, presidente dell'associazione San Pietro della Jenca, contattato da Abruzzoweb - mi limito a dire che sono tre mesi che Don Vito non viene più a  celebrare messa al santuario di San Pietro, facendosi sostituire. E’ stato insomma molto assente, a causa immagino dei suoi svariati impegni. Vedremo cosa deciderà la Curia, la pratica è in mano al vescovo, e sono certo che deciderà per il meglio”.

 

L’adulterio si è consumato a Roma intorno al 2008. Il marito aveva però cominciato a sospettare di una possibile relazione sentimentale tra sua moglie e Don Vito, che ai tempi era vice parroco della chiesa di San Giustino, nel quartiere di Roma, dove viveva la coppia che ha due figli.

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Un sospetto che diventa presto certezza, tanto che l’uomo  ha citato in giudizio sia la moglie che il religioso, per ottenere un risarcimento dei danni alla salute psico-fisica.

 

Dopo un processo durato cinque anni il Tribunale di Roma ha condannato la moglie al pagamento di 15mila euro in favore del marito, ma ha respinto la domanda risarcitoria nei confronti del sacerdote condannando, anzi, lo stesso marito a pagare a don Vito oltre 3mila euro di spese processuali. In quanto hanno sentenziato i giudici, "la responsabilità risarcitoria invocata dall'attore presuppone la violazione dell'obbligo di fedeltà in costanza di matrimonio, obbligo al quale Isacchi è del tutto estraneo".

 

Il parroco ha così formulato la richiesta di pagamento, anche mediante un pignoramento dei beni.

 

Gli avvocati dell’uomo, visto che la sentenza è passato in giudicato, continuano alemno a chiedere perché nè Conferenza episcopale italiana, nè la Diocesi dell’Aquila, "visto il discutibile comportamento del religioso", non hanno adottato alcun provvedimento di censura a carico del sacerdote, e nemmeno un blanda nota di biasimo.

 

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