ERAVAMO QUATTRO AMICI NELLA JIHAD – RICOSTRUITA L’INFANZIA DI “JIHAD JOHN”, IL BOIA DELL’ISIS – VIVEVA IN UN QUARTIERE BORGHESE DI LONDRA, GIOCAVA A PALLONE CON TRE RAGAZZI UCCISI DAI DRONI USA IN SOMALIA – POLEMICHE PER IL FATTO CHE I SERVIZI NON L’ABBIANO FERMATO

La famiglia di Mohammed Emwazi, 27 anni, è emigrata dal Kuwait quando lui aveva 6 anni. Il padre guidava una cooperativa di tassisti. Alle elementari lo ricordano come un bambino adorabile. Voleva fare il calciatore. Si è radicalizzato all’università, dove si è laureato in informatica…

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Enrico Franceschini per “la Repubblica

 

«DA PICCOLO era sempre sorridente, poi però è diventato più timido e cupo, non guardava in faccia le ragazze, si faceva i fatti suoi», dice una vicina di casa. «Era un ragazzino adorabile, sognava di fare il calciatore, non posso credere che sia diventato un feroce assassino», scuote la testa la sua maestra delle elementari. Jihadi John, boia del sedicente Stato Islamico, identificato dal Washington Post come Mohammed Emwazi, londinese di 27 anni, è uscito di qui: linde casette, viali alberati, automobili da classe media parcheggiate sul davanti, scuole che insegnano rigore accademico.

JIHADI JOHN JIHADI JOHN

 

Nord-ovest di Londra, tra Maida Vale, Kilburn e Little Venice: la “Piccola Venezia” di canali e chiatte che i turisti vengono a fotografare. Non il tipo di luogo in cui ti immagini di veder crescere uno spietato tagliagole.

 

Se fosse una favola potrebbe cominciare così: c’erano una volta, in un bel quartiere della capitale britannica, cinque amici che giocavano a calcetto, vestivano alla moda e andavano bene a scuola. Adesso tre sono morti, uccisi da droni, uno è privato del passaporto e sotto controllo, il quinto è in prima pagina su tutti i giornali: Jihadi John alias Mohammed Emwazi.

 

Un «bravo ragazzo», l’ha definito il direttore della controversa ong che l’aveva preso sotto la sua protezione, prima che scomparisse dall’Inghilterra per riapparire, incappucciato e armato di coltello, a sgozzare ostaggi nei video dell’Is in Siria. «Ce lo siamo fatti scappare», accusano i familiari delle sue vittime. Ci sarà un’inchiesta sull’operato dei servizi segreti. Ma la sua storia è anche la storia della minoranza di musulmani britannici radicalizzati al punto da diventare terroristi. Capire come Mohammed si sia trasformato in Jihadi John può aiutare a comprendere la minaccia cresciuta dentro alle società multietniche dell’Europa democratica.

la casa a londra di jihadi john la casa a londra di jihadi john

 

Arriva a Londra a sei anni, dal Kuwait: i genitori decidono di emigrare dopo la prima guerra del Golfo. Non è una famiglia di emarginati. Si stabiliscono a Maida Vale, una zona bene della città. Passano da una casa all’altra, in affitto: l’ultima, di fronte a cui ora stazionano agenti di polizia e giornalisti, è una ex- council house, alloggio popolari, ma prima hanno vissuto in villette da middleclass. Suo padre dirige una compagnia di tassisti. La madre è una casalinga con il velo.

 

Religiosi, ma moderati: iscrivono Mohammed a una scuola elementare cristiana, la St. Mary Magdalene. Una maestra mostra un vecchio quaderno: il futuro Jihadi John tifava Manchester United, gli piaceva il pop e giocava alla Playstation (videogame preferito: “Time to kill”, tempo di uccidere). «Da grande vorrei fare il calciatore», è il sogno in un tema. Fa le superiori poco distante, alla Quintin Kynston Academy, scuola statale di ottimo livello, dirimpetto all’American School, la scuola privata più costosa della metropoli. «Studente modello», rammenta una prof.

 

jihadi john jihadi john

Poi Mohammed studia informatica alla Westminster University. Campus su Regent’s street, cuore della capitale, vie dello shopping, studenti di mezzo mondo, anche italiani. Molti musulmani. L’Islamic Society, l’associazione degli studenti di religione islamica, è presieduta da seguaci di Hizb ut-Tahrir, gruppo accusato di sobillare l’estremismo. Mohammed cambia. Via gli abiti firmati. Si fa crescere la barba. Frequenta una moschea radicale di Greenwich.

 

Continua a giocare a calcetto con gli amici del quartiere, ma il pallone non gli interessa più. L’Mi5, il servizio di antiterrorismo britannico, ha iniziato a spiarli. Li ha soprannominati London boys . Usano il football come copertura per parlare di guerra santa ed esercitarsi: il “tempo di uccidere” dei videogiochi diventa cosa seria.

 

Nel 2009 fa un viaggio in Tanzania con due amici, ufficialmente per un safari. Viene fermato dalla polizia, rispedito ad Amsterdam, interrogato da agenti britannici. Lo accusano di volersi unire a gruppi di Al Qaeda in Somalia. Nega. Gli propongono di fare l’informatore. Rifiuta.

la casa a londra di jihadi john la casa a londra di jihadi john

 

Tornato a Londra va da Cage (Gabbia), ong che difende gli islamici accusati di terrorismo, fondata da un exdetenuto di Guantanamo. Il direttore, Asim Qureishi, due giorni fa ha definito Mohammed «un bravo ragazzo, gentile e modesto», accusando i servizi segreti britannici di essere responsabili della sua radicalizzazione, di averlo «molestato » senza motivo. Ora salta fuori un video in cui Qureishi inneggia alla guerra santa di fronte all’ambasciata americana di Londra. «Fa apologia del terrorismo», lo accusa il sindaco Boris Johnson.

 

Di certo i London boys non sono così innocenti come il capo di Cage vuole far credere. Tre dei giovani amici di Mohammed vengono uccisi da droni americani in Somalia e in Iraq, dove erano andati a combattere con i jihadisti. Un quarto viene privato del passaporto prima che compia la stessa scelta.

 

jihadi john jihadi john

Nella lobby dell’Università in cui si è laureato Jihadi John, tra ragazze con il velo e altre in minigonna, gli studenti dibattono animatamente. «Non siamo una scuola di terroristi », dice uno. «Tra noi ci sono cinquanta nazionalità, la stragrande maggioranza è contro la violenza», afferma un altro. «Siamo scioccati, ma collaboriamo con le autorità per prevenire l’estremismo», assicura un portavoce dell’università. Eppure proprio ieri la Westminster University ha annullato il discorso di un predicatore radicale le cui posizioni antisemite e omofobiche sono state più volte denunciate. Tremila persone avevano firmato una petizione per impedirgli di parlare. L’evento era organizzato dall’Islamic Society dell’Università.

 

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