UN GITANO FUORI PORTA - ALLA MESSA PER VITTORIO CASAMONICA, INSULTI E SPINTE AI GIORNALISTI: 'NON SIAMO SANTI, MA LASCIATECI IN PACE. I PRETI VIOLENTANO I BAMBINI E NOI NON VIOLENTIAMO NESSUNO' (VIDEO) - RISPUNTA PURE PAOLINI - IL DEFUNTO TRA POCHI GIORNI SAREBBE TORNATO IN TRIBUNALE, INDAGATO PER TRUFFA

Oltre sessanta uomini e quindici volanti hanno presidiato l'area della parrocchia di San Girolamo a Casal Morena. Il parroco: 'Farei funerali anche per i mafiosi, Gesu' stava con i peccatori' - Mancava il figlio, ai domiciliari, mentre per il funerale aveva ottenuto un permesso - Le inchieste sul clan, tra condanne e processi da rifare...

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VIDEO - TENSIONE ALLA MESSA CASAMONICA, INSULTI E SPINTE AI GIORNALISTI

 

 

 

1. CASAMONICA, TENSIONE ALLA MESSA PER IL BOSS: INSULTI E SPINTONI AI GIORNALISTI

Simone Canettieri e Lorenzo De Cicco per www.ilmessaggero.it

 

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Tensione alla messa in suffragio del boss Vittorio Casamonica. I parenti del defunto al termine della cerimonia si sono scagliati contro i giornalisti. Sono volati insulti e spintoni: «Non provocate, rispettateci, ormai avete visto tutto, fatela finita». Subito sono intervenuti gli agenti in borghese per ristabilire l'ordine.

 

«Non siamo santi oddio - ha detto Egidia Casamonica - Sbagliano preti sugli altari e non possono le persone in strada. I preti violentano i bambini e noi non violentiamo nessuno. Di certo non siamo un clan ma una famiglia riunita. Siamo rom abruzzesi. Lo Stato ci deve rispettare. È una vergogna».

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A Nella chiesa blindata dalle forze dell'ordine sono presenti circa cento persone tra famigliari e affiliati al clan. Assente invece il figlio del boss, Antonio, ai domiciliari, che aveva ottenuto un permesso per partecipare ai funerali show di giovedì scorso al Tuscolano.

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Davanti a una selva di telecamere e giornalisti, i parenti del ras defunto sono arrivati alla spicciolata. Più donne che uomini, avvolte da gonne lunghe, con tanti bambini al seguito. Il passo del Vangelo letto dal parroco, Don Francesco Fissore, è quello dei sepolcri imbiancati, belli a vedersi all'esterno ma che dentro sono pieni di ossa e di putridume.

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Nessun manifesto, stavolta. Nessuna carrozza. Nessuna celebrazione con la musica del Padrino. Rispettati i divieti della Questura, che due giorni fa aveva imposto ai Casamonica una cerimonia in forma strettamente privata ed esclusivamente all'interno dei locali della chiesa. Vietata «la commemorazione in luoghi pubblici o in modalità clamorose».

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In attesa del funerale, ieri pomeriggio la chiesa era stata tirata a lucido. «Ci saranno più agenti che famigliari», ha detto padre Francesco, che ha spiegato di non voler negare i funerali a nessuno. «Non li rifiuterei neanche a un mafioso. Anche Gesù d'altronde stava coi peccatori. Lo stesso faccio io. Non è la prima volta poi che celebro messe per un Casamonica. Proprio ieri ce n'è stata una».

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Sulla figura del boss Vittorio, non si è pronunciato. Anzi. «Può darsi che abbia anche fatto cose buone, come dicono i parenti. Non è detto. Anche se di sicuro non affronterò la questione nell'omelia. Io, come uomo di Chiesa, posso solo pregare per lui».

 

Neanche la musica de Padrino suonata da una banda nei funerali di giovedì sembra averlo scandalizzato. «Ormai in tanti funerali c'è la musica. C'è chi mette Renato Zero, chi il Padrino. A lui sarà piaciuto questo».

 

 

2. ASSEGNI SCOPERTI E TRUFFE DELLA FERRARI ZIO VITTORIO A GIORNI ERA ATTESO DAI GIUDICI

Giuseppe Scarpa e Francesco Salvatore per “la Repubblica

 

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Tra qualche settimana zio Vittorio sarebbe tornato di fronte ai giudici della corte d' Appello, imputato di truffa per la vendita della sua Ferrari. Negli stessi giorni, il 19 ottobre, inizierà il processo bis, sempre in Appello, per il clan dei Casamonica, accusati di associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti.

 

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Il 65enne di Venafro si era beccato nel 2014 due condanne per truffa: aveva pagato con degli assegni scoperti delle fuoriserie. A Roma, nel 2007, l' imbroglio su una Ferrari, che alla fine gli era "costato" un anno e quattro mesi di galera. In Campania, stesso trucco architettato con delle supercar tedesche, per il quale al "boss" era stata inflitta una pena a un anno e otto mesi di reclusione. «Vittorio Casamonica - spiega il suo avvocato Mario Giraldi - non era un violento, le uniche condanne riguardano reati contro il patrimonio».

 

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Ma se per il boss dei Casamonica, dal momento che è morto, non si arriverà mai a stabilire un giudizio finale non sarà così per una fetta del suo clan. In appello e in cassazione si deciderà per l' associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti.

 

Un procedimento penale ricco di colpi di scena. Le indagini erano state condotte dal pm Roberto Staffa, arrestato 13 giorni prima che si arrivasse alla sentenza in abbreviato.

Staffa, tra le varie accuse, era sospettato di essere andato a letto con una donna legata ai Casamonica per favorire uno dei capi del clan coinvolto nell' inchiesta.

 

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Il 26 gennaio 2013 arriva, comunque, la condanna ed è una bastonata: 360 anni di galera per 31 componenti. In corte d' Appello, il 12 febbraio 2014, si verifica l' imponderabile: viene smontata la decisione del giudice di primo grado, ridotte le pene, assolti vari membri e inflitte pene pesanti solo per dieci persone, tutte donne. Ma non è finita perché la Cassazione, il 5 marzo, rispedisce tutto alla corte d' Appello .

 

Nel frattempo corre parallelo l' altro troncone del processo che riguarda 11 componenti del clan che hanno optato per il processo ordinario. In questo caso la corte d' Appello ha confermato le pene di primo grado.

 

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Non solo reati associativi, i Casamonica sono capaci anche di singoli gesti di ordinaria illegalità. È il caso del marmista iraniano, minacciato di morte, 5 anni fa, perché non aveva voluto ultimare i lavori in casa di Guido Casamonica. Dopo un primo acconto di 2000 euro il marmista non aveva visto più soldi. Non aveva consegnato i 10 capitelli concordati ed era stato aggredito.

 

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Minacce e botte, però, lo avevano spinto a denunciare, assistito dall' avvocato Giovanni Ferrari: in appello è stato condannato a 5 anni e mezzo. Ultimo caso è quello conclusosi a maggio con una condanna per ricettazione a 3 anni. Un Casamonica aveva affittato un Hammer Limousine pagando la ditta con degli assegni smarriti. L' auto di lusso era servita per andare a prendere in carcere il papà, che aveva ricevuto un permesso premio. E nel giorno di libertà, insieme, coppe di champagne in mano, i due l' avevano sfoggiata in giro per Roma.

 

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