“ECCO PERCHE’ L’AMBASCIATA ITALIANA A BEIRUT NEL 1982 FU RISPARMIATA DAGLI ATTENTATI” – PARLA L’EX CONSIGLIERE DI ARAFAT ABU SHARIF:  "FU IL LODO MORO A TENERE GLI ITALIANI AL SICURO IN LIBANO - LE BR? NESSUN RAPPORTO - IL NOSTRO REFERENTE ERA STEFANO GIOVANNONE…”

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Francesca Paci per la Stampa

Bassam Abu Sharif Bassam Abu Sharif

 

Bassam Abu Sharif è uomo di molte parole. Fuma una sigaretta dietro l' altra con la mano a cui dal 1972 mancano quattro dita: sopravvissuto, afferma, a un' operazione del Mossad, perse però anche l' occhio e l' orecchio destro. All' epoca era il responsabile dell' informazione dei marxisti-leninisti del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), in seguito sarebbe diventato uno dei più ascoltati consulenti di Arafat.

 

«È possibile che non dica tutto quello che so, ma quello che dico è tutto vero» ripete durante l' intervista in esclusiva rilasciata a La Stampa all' indomani dell' audizione alla Commissione parlamentare sulla morte di Moro.

 

Dice che l' Italia fu l' unico Paese con cui il Fplp prese un impegno scritto di non belligeranza, il cosiddetto Lodo Moro. Dice che grazie a quell' accordo la nostra ambasciata a Beirut venne risparmiata dagli attentati in cui 35 anni fa morirono oltre 300 militari francesi e americani. E dice che sa di un rapporto simile voluta dalla Germania con l' organizzazione palestinese al Fatah dopo il massacro alle Olimpiadi del 1972 a Monaco.

 

aldo moro aldo moro

Come nasce l' accordo che in Italia è noto con il nome di Lodo Moro?

«Le relazioni tra i palestinesi e l' Italia, intesa anche come istituzioni preposte alla sicurezza, iniziano nei primi Anni 70. C' era il sospetto che le Brigate rosse avessero rapporti con il Fplp il cui leader era George Habbash.

 

All' epoca molti giovani venivano dall' Europa in Medioriente per incontrare noi che dopo la sconfitta araba del '67 avevamo iniziato la battaglia contro l' occupazione israeliana. Non ricordo i nomi dei tanti italiani ma ricordo i tedeschi Andreas Baader e Ulrike Meinhof. Venivano a migliaia. Li chiamavamo i turisti della rivoluzione».

 

Cosa facevano li con voi?

«Gli spiegavamo che per indebolire l' imperialismo bisognava affiancare noi nella lotta contro Israele. Oltre mille italiani frequentarono i nostri campi in Giordania tra il '69 e il '70. Erano campi di due settimane, si parlava di politica, si imparavano a smontare e rimontare le pistole o a sparare, soprattutto si spiegavano i pilastri della nostra rivoluzione. Alcuni divennero membri del Fplp, solo una piccola parte erano combattenti ma combatterono esclusivamente nelle file del Fplp e nelle nostre battaglie, mai nei loro paesi d' origine».

Bassam Abu Sharif Bassam Abu Sharif

Perché questo rapporto speciale con l' Italia?

«Vennero da noi da tutti i Paesi. Ma l' Italia era geograficamente importante e aveva il più forte partito comunista occidentale, anche se il nostro maggior alleato non era il Pci bensì il sindacato.

In quel contesto nascono le Br, ma la seconda generazione viene infiltrata: nel '71, diffidandone, Wadie Haddad, dice di voler avere niente a che fare con loro.

 

Ed eccoci al 1972: attraverso dei giornalisti incontrammo a Beirut l' intelligence italiana, fui io il primo a vedere Giovannone. Giovannone era un patriota, voleva proteggere l' Italia. Iniziò a mandarci aiuti umanitari, ambulanze, medicine. Poi si mise a lavorare per ottenere un documento da presentare al suo governo in cui il Fplp affermasse di non avere rapporti con le Br. Noi palestinesi non abbiamo mai avuto rapporti diretti né indiretti con le Br».

 

Fu un' idea di Giovannone?

sangue e proiettili nella stanza in cui vennero uccisi 2 degli 11 atleti sangue e proiettili nella stanza in cui vennero uccisi 2 degli 11 atleti

«Sì. Io proposi un documento firmato in cui il Fplp affermasse che non avrebbe mai messo a rischio la sicurezza dell' Italia e non avrebbe mai collaborato con chi lo facesse. Voi lo chiamate accordo ma in realtà fu una promessa scritta. Una copia per noi e una per voi, sarà stato l' inizio del 73. Non so a chi la diede Giovannone».

 

Perché Arafat non firmò?

«Io parlo per noi, affiancai Arafat solo nel 1987. Non so cosa facesse in quel momento Al Fatah e se Giovannone o altri parlassero con loro. So che Abu Iyad, il responsabile dei servizi segreti di Fatah, venne molte volte a Roma a incontrare capi della sicurezza».

 

Il Fplp prese lo stesso impegno con altri Paesi europei?

«Solo con l' Italia. Nessun altro in Europa fece uno sforzo come Giovannone di venire da noi in quanto Paese. Io parlo per il Fplp. So che dopo Monaco la Germania instaurò un rapporto con Abu Iyad (Fatah, Ndr) per avere qualcosa di simile».

 

Cosa aveste in cambio dall' Italia?

«Ci accontentavamo degli aiuti umanitari».

 

PARATA MILITARE CHE COMMEMORA LA MORTE DI ARAFAT PARATA MILITARE CHE COMMEMORA LA MORTE DI ARAFAT

Chi era il garante della vostra promessa in Italia?

«Nessuno, il garante era Habbash. Il suo impegno è stato sempre rispettato. Poi col tempo le relazioni sono diventate politiche, abbiamo iniziato a dialogare su piani diversi, parlavamo con Andreotti, Craxi.

Nel frattempo, nel 1980, arriva la dichiarazione di Venezia con il riconoscimento dell' Olp che ci permette di aprire 50 uffici palestinesi del mondo: lo dobbiamo all' Italia».

 

Venezia può essere considerato un frutto dell' impegno preso da Habash e il Fplp?

«Sì. Inoltre in Italia c' era una forte opinione pubblica pro-palestinese. Furono gli italiani a mandarci informazione dell' invasione in Libano nel 1982».

 

Per questo in quegli anni l' ambasciata italiana, diversamente da quella francese e americana, non fu attaccata a Beirut?

«L' impegno a evitare azioni che colpissero l' Italia era a tutto campo, si sottintendeva che non avremmo colpito neppure interessi israeliani in Italia. E ovviamente comprendeva le ambasciate italiane. A Beirut dovemmo difendere anche fisicamente gli italiani».

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Rispettaste sempre l' impegno preso? Chi fece gli attentati alla sinagoga e a Fiumicino, nell' 82 e nell' 85?

«Noi, come Fplp prima e poi insieme a Fatah come Olp, rispettammo l' impegno al cento per cento. In quel momento in Italia agivano gli 007 iracheni, arabi, israeliani, gruppi palestinesi infiltrati come quello di Abu Nidal dopo la rottura con Fatah».

Arafat Arafat craxi arafat berlinguer craxi arafat berlinguer

un agente negozia con un terrorista al villaggio olimpico di monaco 1972 un agente negozia con un terrorista al villaggio olimpico di monaco 1972

 

 

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