“HANNO LEGATO ME E UCCISO IL MIO BIMBO” – LIBERATA DALLA POLIZIA PAKISTANA LA 19ENNE MUSULMANA DI VERONA RIMASTA INCINTA DI UN ITALIANO E CHE ERA STATA CON L’INGANNO RIPORTATA DAI GENITORI IN PATRIA PER FARLA ABORTIRE E SEGREGATA IN CASA – SPARITA A GENNAIO, POCHI GIORNI FA IL FIDANZATO E LE AMICHE RICEVONO LA DISPERATA RICHIESTA D’AIUTO VIA WHATSAPP 

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ANSA - La giovane pakistana residente a Verona, portata con l'inganno dalla famiglia in patria e fatta abortire, è stata liberata da chi la stava trattenendo ed è ora al sicuro, in compagnia di rappresentanti delle autorità italiane. Secondo fonti bene informate, la ragazza sarebbe stata liberata nella zona di Islamabad grazie a un intervento delle forze di polizia pakistane. La notizia ha trovato conferma a Verona in ambienti vicini alle indagini.

 

Massimo Rossignati per “il Messaggero”

 

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Si è fidata del padre che l'aveva già minacciata. E per questo a gennaio ha lasciato la casa protetta dove era stata accolta dal Comune di Verona.

 

È una bruttissima storia quella della 19enne pakistana costretta ad abortire dalla famiglia che con l' inganno l' ha fatta tornare in patria, dove ora è tenuta segregata da padre, madre, sorella e fratello.

 

A ricostruire la vicenda della giovane è stato ieri a Verona l' assessore al sociale del Comune, il senatore di Fratelli d' Italia, Stefano Bertacco: «Ho interpellato già questa mattina la Farnesina perché si attivi verso le autorità del Pakistan.

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Temiamo per quella ragazza dopo la tremenda vicenda di alcuni giorni fa della giovane bresciana, la 25enne Sana di origine pakistana, uccisa dal padre perché voleva sposare un italiano.

 

Abbiamo però un problema: la ragazza è arrivata e viveva a Verona dal 2008, ma è ancora oggi cittadina pakistana».

 

La Farnesina in serata ha commentato: «Grave episodio. L' Italia difende con forza e in ogni circostanza il rispetto dei diritti umaniata d' Italia».

 

La giovane era già stata fatta oggetto di minacce e violenze da parte del padre nel 2017, probabilmente perché il genitore non condivideva il suo amore per un giovane che abita a Verona come lei. E sarebbe stato proprio il ragazzo a rivolgersi alla Squadra Mobile della Questura veronese perché la giovane già nel 2017 era stata segregata in casa.

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Per questo era stata accolta grazie al Progetto Petra in una struttura che si occupa delle violenze sulle donne fino al 9 gennaio, quando ha comunicato che si era riconciliata con la famiglia e le è stata concessa, essendo maggiorenne, la libertà di tornare a casa dai genitori».

 

Il problema è che da allora nessuno l' ha più vista né sentita.

 

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Fino a quel terribile messaggio inviato l' altro giorno per whatsapp al fidanzato e alle amiche dell' istituto superiore Sanmicheli di Verona dove frequenta l' ultimo anno: «Sono in Pakistan.

 

Mi hanno sedata e legata ad un letto e con una puntura hanno ucciso il mio bambino». Immediatamente, i ragazzi hanno allertato la Squadra Mobile che a sua volta ha iniziato le ricerche della giovane e della sua famiglia, informando nel contempo le autorità nazionali. Ma della famiglia, che gestiva un negozio a Verona, non c' è traccia.

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