MORIRE UN GIORNO A ROMA - LUCA VARANI FU TORTURATO PER DUE ORE DA MARCO PRATO E MANUEL FOFFO: “LO ABBIAMO TAGLIATO COME SI AFFETTA IL PANE, MA NON VOLEVA MORIRE: IO L’HO COPERTO CON IL PIUMONE CHE AVEVA GIÀ IL COLTELLO NEL CUORE, MA NON ERA MORTO: AVEVA LA GOLA RECISA” - LA PERIZIA DEL MEDICO LEGALE E LE FOTO DELLA SCENA DEL CRIMINE

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Albina Perri per “Giallo”

 

MARCO PRATO - LUCA VARANI - MANUEL FOFFO MARCO PRATO - LUCA VARANI - MANUEL FOFFO

“Lo abbiamo tagliato come si affetta il pane, ma Luca non voleva morire: dopo un minuto di silenzio ricominciava a respirare... Io l’ho coperto con il piumone che aveva già il coltello nel cuore, ma non era morto: aveva la gola recisa, questo pugnale nel petto e io l’ho coperto per non vederlo più. Ci ha messo un’infinità, a morire...”.

 

Così Manuel Foffo, 30 anni, ha raccontato ai carabinieri l’orrore che si è consumato lo scorso 4 marzo a casa sua, un anonimo appartamento al decimo piano di un palazzo di Roma. Un racconto sincero. L’autopsia sul corpo del ragazzo, infatti, ha confermato le sue parole: Luca Varani, 23 anni, è stato torturato per almeno due ore, ed è rimasto vivo, nelle mani di Manuel e del suo amico, Marco Prato, mentre entrambi lo seviziavano. Vivo ma inerme: non poteva difendersi.

 

LE ARMI USATE PER L OMICIDIO DI LUCA VARANI LE ARMI USATE PER L OMICIDIO DI LUCA VARANI

Nel suo corpo sono state trovate infatti dosi massicce della “droga dello stupro”, un potente sedativo che colpisce il sistema nervoso centrale e rende immobili, paralizzati. Noi di Giallo abbiamo letto queste osservazioni del medico legale che ha studiato i poveri resti di Luca e ha redatto l’autopsia e, con la maggiore delicatezza possibile, vi racconteremo a quale terribile destino è andato incontro, quando è finito nella casa di questi due diavoli. Vi mostreremo in esclusiva anche le foto della scena del crimine: quelle meno crude.

 

Immaginate la violenza delle altre. Ma cosa è accaduto, il 4 marzo, in quella casa d’inferno di via Igino Giordani 2? Luca ci entra alle 9-9.30 del mattino. Lo attendono Marco Prato e Manuel Foffo, che da tre giorni stanno assumendo cocaina e alcol, in una folle festa senza sosta. Sono in salotto. Convincono Luca a bere un liquido scuro e amaro, dov’è sciolta la droga. Luca si sente male, va in bagno e cade. Marco e Manuel lo trascinano in camera da letto, e per terra, tra il muro e la cassettiera, iniziano a mettere in atto il loro piano: torturarlo e ucciderlo, senza motivo.

OMICIDIO DI LUCA VARANI OMICIDIO DI LUCA VARANI

 

Lo spogliano e gli lasciano solo le calze. Lui non riesce più a muoversi. Prima lo colpiscono in testa con un martello, 19 volte. Un colpo, fortissimo, sulla bocca. Un altro sul naso. Poi lo seviziano con tre coltelli diversi. Ci sono ferite superficiali, sul suo corpo. Il medico legale scrive che sono “lesioni inferte per provocare dolore”. Con la punta del coltello infieriscono sul petto del povero Luca “solo per farlo soffrire”.

 

Poi provano a strozzarlo con un cavo, con le mani, con una calza. Foffo stringe e Prato lo aiuta, e intanto gli bacia la testa. In ultimo, gli piantano un altro coltello nel petto, trafiggendo un polmone. Un’agonia infinita: una morte che arriva lenta, per l’insieme di tutte queste terribili sofferenze. I carabinieri vengono avvisati dall’avvocato di Manuel, Michele Andreano, la sera del 5 marzo, un giorno dopo il delitto. È lui a chiamarli e a dire che il suo cliente ha ucciso un uomo, insieme con l’amico Marco Prato.

 

OMICIDIO DI LUCA VARANI OMICIDIO DI LUCA VARANI

Quando i carabinieri entrano in casa con Foffo, la sera del 5 marzo, si trovano davanti a un mattatoio. Il martello e un coltello, insanguinati, sono buttati per terra, all’ingresso della camera. Luca è stato spostato sul letto, coperto con un piumone arancione. Spuntano solo una mano e un gomito. Sul braccio, il tatuaggio con il nome della fidanzata: Marta Gaia.

 

Scrivono i carabinieri: «Foffo racconta che quello è un giovane che lui non conosceva, ma che si era presentato a casa sua la mattina prima perché invitato da Prato. Prato aveva partecipato all’omicidio e poi si era allontanato, per tentare il suicidio in una stanza d’albergo ». In effetti Prato, scrivono sempre i carabinieri, «aveva trovato alloggio nella camera numero 65 dell’Hotel San Giorgio. Dalla camera non venivano rumori, a eccezione della musica a tutto volume della canzone “Ciao amore” della cantante Dalidà. Prato viene trovato a terra, con la testa infilata quasi sotto al letto matrimoniale, in stato confusionale. Ha assunto farmaci.

OMICIDIO DI LUCA VARANI OMICIDIO DI LUCA VARANI

 

Sul tavolo, alcuni biglietti d’addio». In una borsa, scarpe e vestiti da donna e una parrucca. Prato, sapremo poi dai controlli sanitari, non ha assunto una dose di farmaci letale. Anzi: i medici che lo soccorrono scrivono che non mostra segni di pentimento, è lucido e sta bene. Per cui si ipotizza che abbia solo simulato. Ma questo lo stabilirà un giudice, quando ci sarà il processo. Lui, prima di essere trovato, su alcuni fogli sparsi ha scritto: «Perdonatemi. Non riesco, sono stanco e una persona orribile. Ricordate solo il bello di me. Vi amo».

 

Poi un altro biglietto: «per mamma e papà: vi amo e vi ho sempre amati, non ho rancore o rabbia, solo amore per voi. Mamma ti ho amata ogni giorno della mia vita. Ho scoperto cose orribili dentro di me e nel mondo. Fa troppo male la vita». E ancora, il biglietto che potete vedere qui a fianco: «Volontà per mamma e papà: fate festa per il mio funerale No chiese, vorrei cerimonia laica, fiori, canzoni di Dalidà, bei ricordi, una festa!

 

OMICIDIO DI LUCA VARANI OMICIDIO DI LUCA VARANI

Dovete divertirvi!! Chiama Private and friends, il centro di capelli a piazza Mazzini per rigenerarmi la chioma prima di cremarmi. Mettimi la cravatta rossa, donate i miei organi, lasciatemi lo smalto rosso alle mani, mi sono sempre divertito di più a essere una donna! Organizzate sempre, una volta alla settimana o al mese una cena o pranzo con tutti i miei veri amici e amiche che ho amato tanto. Lulli, Camilla, Giulia… Fate sempre feste. Buttate il mio telefono e distruggetelo insieme ai due computer, nascondono i miei lati brutti. Tenete alto il mio nome e ricordo nonostante quel che si dica. Non indagate sui miei risvolti torbidi, non sono belli.

 

MANUEL FOFFO MANUEL FOFFO

Scrivete sui miei social (cioè su Internet) che ci sarà una festa e poi tentate di chiuderli senza intromissioni o indagini. Vi amo». Parole folli che seguono atti altrettanto folli. Gli avvocati dei due ragazzi stanno valutando ora l’ipotesi di chiedere una perizia psichiatrica, per stabilire se l’uso prolungato di cocaina possa aver bruciato il cervello di entrambi, fino a far compiere loro questo crimine orrendo.

 

Un tentativo di farla franca che la famiglia di Luca sperava forse di non dover vedere mai. Nessuna droga può giustificare l’orrore di questo omicidio: dopo aver ucciso Luca, ricordiamolo, Manuel e Marco si sono messi a dormire di fianco a lui. E, una volta svegli, hanno cercato di ripulire la casa e di eliminare le prove. Il comportamento di due criminali. Non certo quello di due pazzi.

MARCO PRATO - LUCA VARANI - MANUEL FOFFO MARCO PRATO - LUCA VARANI - MANUEL FOFFO MARCO PRATO MARCO PRATO

 

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