LA NUOVA GANG DI TORINO – SONO GIOVANI, NORDAFRICANI, SPIETATI. S’AVVICINANO ALLE VITTIME SCHERZANDO, POI TIRANO FUORI I COLTELLI – PRENDONO DI MIRA ADOLESCENTI ISOLATI. LI ABBORDANO CON UNA SCUSA QUALUNQUE E STRAPPANO PORTAFOGLI E I-PHONE

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Giuseppe Legato per La Stampa

 

baby gang baby gang

Questa è la storia di un ragazzo di 17 anni. Malmenato e rapinato da un branco «di 10 persone almeno». Lui dice «stranieri», precisa «nordafricani». Una gang forse. Che gira per Torino nelle sere della movida, batte le vie del centro: da piazza Vittorio alla Gran Madre a corso Cairoli. E punta le vittime con una tecnica abbastanza singolare, l’ultima frontiera delle aggressioni a scopo di rapina. 

 

LE MODALITÀ

I bersagli di questo branco di giovani sono quasi sempre isolati. Loro li individuano, li avvicinano. «Che musica stai sentendo? Bella questa canzone». Cominciano a inscenare una specie di scherzo, con toni festosi per non dare nell’occhio. Coprono la vittima dagli sguardi dei passanti. Lo imbrigliano tra di loro come fosse un amico da sbeffeggiare, con cui scherzare. Due lo colpiscono, gli altri lo rapinano. Il resto copre la scena. Poi si dileguano in direzione diverse. E scompaiono nel nulla, inghiottiti dal buio della notte. Tutto attorno, la vita continua. 

 

CHIESA GRAN MADRE TORINO CHIESA GRAN MADRE TORINO

È successo a Giovanni, in corso Moncalieri, sabato scorso. Erano da poco passate le tre. Lui ha 17 anni, studia in un istituto tecnico commerciale della prima cintura. Vive in un Comune dell’hinterland Nord con mamma e papà. «Un ragazzo dolce, gentile con gli altri, educato», raccontano i genitori. Nel weekend esce con gli amici della scuola. E anche l’altra settimana è andata cosi. Si sono ritrovati ai giardini Ginzburg vicino al ponte della Gran Madre.

 

Intorno a mezzanotte la «compagnia» ha deciso di spostarsi verso la discoteca vicina. Dista cinquanta metri, non di più, dai giardini. Lui è rimasto defilato, qualche passo dietro gli altri, insieme a un coetaneo. Giocherellava con l’iPod e ascoltava musica amplificata da uno speaker, un altoparlante portatile di marca Bose a forma di cubo. 

 

CIRCONDATO 

MOVIDA TORINO MOVIDA TORINO

Un gruppo di ragazzi lo ha avvicinato. «Lo hanno circondato quasi festosi – racconta la madre del ragazzo – gli hanno chiesto che musica stesse ascoltando, è scappato anche un complimento. Ma quando lo hanno “coperto” gli hanno tirato due pugni in testa per stordirlo. Lui era confuso, non capiva cosa stesse accadendo. Hanno tirato fuori i coltelli. Gli hanno tagliato la tasca del pantalone per rubargli il portafoglio, gli hanno strappato di mano lo speaker e l’iPhone. Insieme a lui – racconta la donna – c’era anche un amico di scuola. Al quale hanno rubato solo il portafogli, il telefono è scivolato lontano vicino ad altre persone e non sono riusciti a recuperarlo».

 

LA PAURA

AGGRESSIONI MINORENNI AGGRESSIONI MINORENNI

Giovanni ha telefonato alla madre in piena notte. E da quel giorno ha paura di ritornare in quei luoghi, di incontrare di nuovo quei volti.  Sono corsi in ospedale, al Gradenigo. Aveva un taglio all’orecchio destro. È stato medicato e dimesso. Ma la mamma lo ha portato in caserma a denunciare tutto. A mettere nero su bianco ciò che era accaduto. E non c’è solo una questione di coscienza civica in questa storia. Non c’è solo coraggio. C’è l’appello di una mamma che ha appreso dal figlio che altri ragazzi hanno subito una rapina di questo tipo: «Vorrei che uscissero allo scoperto, che non si facessero paralizzare dal terrore. Devono denunciare anche loro».

 

Nella sala d’attesa dell’ospedale, quella notte, Giovanni, ha usato un’applicazione degli smartphone che consente di localizzare l’iPhone. Il primo segnale lo collocava al giardino botanico, poche ore dopo a Porta Palazzo. Poi più nulla. La sua mamma-coraggio non si arrende: «Le altre vittime escano allo scoperto. E chi ha visto cosa è accaduto quella sera, parli».

 

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